C’è una mina potenziale che può esplodere nei bilanci delle banche e che interessa oltre un milione di Pmi. Sono le moratorie concesse alle imprese in base ai decreti Cura Italia e Liquidità, garantite al 30% dallo Stato, e che hanno consentito la sospensione delle rate su prestiti per un valore di circa 160 miliardi. Il disallineamento che si è prodotto negli ultimi mesi tra le normative italiane e le regole europee in materia bancaria potrebbe trasformare già a fine gennaio una quota consistente di quei mutui in Non performing loans. E questo perché la loro riclassificazione da crediti “forbearance” (per i quali sono state apportate modifiche ai contratti non dovute a problematicità) a “forborne” (crediti i quali senza le modifiche sarebbero classificati come Npl), ora sospesa dall’Authority europea Eba, diventerebbe inevitabile. È una situazione complessa, perché il tempo può aiutare molte di quelle posizioni a uscire senza troppi scossoni dalla crisi mentre un’interruzione troppo repentina delle misure di sostegno (sia pubbliche, sia in termini di deroghe temporanee alle norme sulla classificazione dei crediti) potrebbe rivelarsi fatale. Un rischio che, ovviamente, non incombe solo su banche e imprese italiane ma è problema comune anche negli altri paesi europei.
Il faro della task force di ministeri, Bankitalia, Sace, Abi, Fondo Pmi ora è puntato sulla scadenza del 30 settembre: quel giorno decade la deroga concessa dall’Eba (già prorogata rispetto al 30 giugno) alle banche per non eseguire la riclassificazione del prestiti sotto moratoria. Tutte le domande presentate entro quella data possono beneficiare dell’esenzione per l’intera durata della moratoria. Ci sono diverse tipologie di moratorie. Quelle previste dalla legge e garantite attraverso il Fondo di garanzia per le Pmi: la durata è stata da poco prorogata da fine settembre al 31 gennaio per tutte le imprese, al 31 marzo per il settore del turismo. Poi ci sono le moratorie che discendono da accordi con le associazioni di categoria: l’Abi ha reso operativo l’accordo esistente dal marzo dello scorso anno. Quest’ultimo tipo di moratorie ha la durata di 12 mesi dalla richiesta, quindi in linea di massima hanno una scadenza più lunga rispetto a quelle pubbliche.
Molte imprese che hanno avuto accesso alle moratorie pubbliche in questi giorni si stanno facendo due conti. Ci sono quelle, e non sono poche, che vogliono tornare a rimborsare i prestiti. Ma ce ne sono molte che guardano alla scadenza di fine gennaio con preoccupazione, perché la ripresa dell’economia c’è ma non è uniforme in tutti i settori e probabilmente richiederà più tempo del previsto. La certezza che il governo proroghi ancora non c’è, almeno al momento, soprattutto con le elezioni alle porte che potrebbero aprire a una fase di instabilità. Anche perché ogni volta che si allunga la scadenza delle moratorie lo Stato deve accantonare fondi pubblici a copertura delle garanzie (160 miliardi di prestiti su un periodo di 6 mesi hanno un costo di 1,7 miliardi).
Che fare allora? Le regole europee e la normativa italiana consentono la possibilità di collegare le due moratorie: per chi ha si è avvalso della moratoria pubblica è possibile fare domanda per accedere alla sospensione delle rate in base all’accordo Abi, facendo decorrere la partenza dopo la scadenza del provvedimento pubblico, dunque dal primo febbraio. Il nodo gordiano con il quale le imprese – e anche le banche – sono alle prese in questi giorni deriva dal fatto che la domanda deve essere presentata entro il 30 settembre, perché altrimenti una volta ammesso alle moratorie private il credito rischia di essere riclassificato. Il problema è analogo anche per chi non ha fatto ancora domanda per la sospensione delle rate: o provvede entro la fine del mese oppure perde il beneficio sul rating del credito. Come è noto a oggi sono circa 2,7 milioni le domande di moratoria complessive, per circa 300 miliardi di prestiti. Alla luce di quanto sta accadendo le autorità italiane e il sistema bancario ha avviato una serie di contatti con l’Eba affinchè valuti a sua volta una proroga oltre fine settembre, magari fino alla fine dell’anno. Una eventuale decisione dovrebbe essere adottata dal board dell’Autorità entro una settimana- dieci giorni. Il tema potrebbe essere affrontato domani in occasione del comitato esecutivo Abi al quale parteciperà il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.
Fonte: Il Sole 24 Ore
C’è una mina potenziale che può esplodere nei bilanci delle banche e che interessa oltre un milione di Pmi. Sono le moratorie concesse alle imprese in base ai decreti Cura Italia e Liquidità, garantite al 30% dallo Stato, e che hanno consentito la sospensione delle rate su prestiti per un valore di circa 160 miliardi. Il disallineamento che si è prodotto negli ultimi mesi tra le normative italiane e le regole europee in materia bancaria potrebbe trasformare già a fine gennaio una quota consistente di quei mutui in Non performing loans. E questo perché la loro riclassificazione da crediti “forbearance” (per i quali sono state apportate modifiche ai contratti non dovute a problematicità) a “forborne” (crediti i quali senza le modifiche sarebbero classificati come Npl), ora sospesa dall’Authority europea Eba, diventerebbe inevitabile. È una situazione complessa, perché il tempo può aiutare molte di quelle posizioni a uscire senza troppi scossoni dalla crisi mentre un’interruzione troppo repentina delle misure di sostegno (sia pubbliche, sia in termini di deroghe temporanee alle norme sulla classificazione dei crediti) potrebbe rivelarsi fatale. Un rischio che, ovviamente, non incombe solo su banche e imprese italiane ma è problema comune anche negli altri paesi europei.
Il faro della task force di ministeri, Bankitalia, Sace, Abi, Fondo Pmi ora è puntato sulla scadenza del 30 settembre: quel giorno decade la deroga concessa dall’Eba (già prorogata rispetto al 30 giugno) alle banche per non eseguire la riclassificazione del prestiti sotto moratoria. Tutte le domande presentate entro quella data possono beneficiare dell’esenzione per l’intera durata della moratoria. Ci sono diverse tipologie di moratorie. Quelle previste dalla legge e garantite attraverso il Fondo di garanzia per le Pmi: la durata è stata da poco prorogata da fine settembre al 31 gennaio per tutte le imprese, al 31 marzo per il settore del turismo. Poi ci sono le moratorie che discendono da accordi con le associazioni di categoria: l’Abi ha reso operativo l’accordo esistente dal marzo dello scorso anno. Quest’ultimo tipo di moratorie ha la durata di 12 mesi dalla richiesta, quindi in linea di massima hanno una scadenza più lunga rispetto a quelle pubbliche.
Molte imprese che hanno avuto accesso alle moratorie pubbliche in questi giorni si stanno facendo due conti. Ci sono quelle, e non sono poche, che vogliono tornare a rimborsare i prestiti. Ma ce ne sono molte che guardano alla scadenza di fine gennaio con preoccupazione, perché la ripresa dell’economia c’è ma non è uniforme in tutti i settori e probabilmente richiederà più tempo del previsto. La certezza che il governo proroghi ancora non c’è, almeno al momento, soprattutto con le elezioni alle porte che potrebbero aprire a una fase di instabilità. Anche perché ogni volta che si allunga la scadenza delle moratorie lo Stato deve accantonare fondi pubblici a copertura delle garanzie (160 miliardi di prestiti su un periodo di 6 mesi hanno un costo di 1,7 miliardi).
Che fare allora? Le regole europee e la normativa italiana consentono la possibilità di collegare le due moratorie: per chi ha si è avvalso della moratoria pubblica è possibile fare domanda per accedere alla sospensione delle rate in base all’accordo Abi, facendo decorrere la partenza dopo la scadenza del provvedimento pubblico, dunque dal primo febbraio. Il nodo gordiano con il quale le imprese – e anche le banche – sono alle prese in questi giorni deriva dal fatto che la domanda deve essere presentata entro il 30 settembre, perché altrimenti una volta ammesso alle moratorie private il credito rischia di essere riclassificato. Il problema è analogo anche per chi non ha fatto ancora domanda per la sospensione delle rate: o provvede entro la fine del mese oppure perde il beneficio sul rating del credito. Come è noto a oggi sono circa 2,7 milioni le domande di moratoria complessive, per circa 300 miliardi di prestiti. Alla luce di quanto sta accadendo le autorità italiane e il sistema bancario ha avviato una serie di contatti con l’Eba affinchè valuti a sua volta una proroga oltre fine settembre, magari fino alla fine dell’anno. Una eventuale decisione dovrebbe essere adottata dal board dell’Autorità entro una settimana- dieci giorni. Il tema potrebbe essere affrontato domani in occasione del comitato esecutivo Abi al quale parteciperà il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.
Fonte: Il Sole 24 Ore