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Ubi boccia ancora l’Offerta di Intesa Le adesioni salgono a quota 26,4%

Ubi Banca boccia per la seconda volta l’offerta di Intesa Sanpaolo, pur prendendo atto del suo miglioramento grazie all’aggiunta di una componente in contanti pari a 0,57 euro per azione, del controvalore complessivo di 652 milioni di euro.

Ma l’ammontare del rilancio, pur accorciando le distanze, secondo le valutazioni e le due fairness opinion sul concambio degli advisor Goldman Sachs e Credit Suisse, appare insufficiente a colmare la sottovalutazione di 1,1 miliardi di euro che – a detta di Ubi – l’originaria proposta di Intesa Sanpaolo scontava. Senza contare, sempre secondo Ubi, il valore delle rilevanti sinergie ottenibili dall’unione.

Se dunque la posizione del Cda di Ubi è restata immutata, dall’altro lato avanza l’offerta di Intesa Sanpaolo. Ca’ de Sass offre 1,7 azioni di nuova emissione in cambio di un’azione Ubi. Con l’aggiunta della componente cash il premio offerto, rispetto al valore delle azioni Ubi allo scorso 14 febbraio, sale quindi al 44,7%. Rendendo così la proposta, a detta della stragrande maggioranza degli analisti finanziari, estremamente invitante per gli azionisti dell’istituto guidato da Victor Massiah.

Che la proposta del gruppo bancario guidato da Carlo Messina (aiutato dalla consulenza dell’advisor Mediobanca e, sul lato dell’offerta, da Jp Morgan, Morgan Stanley, Ubs ed Equita Sim) stia raccogliendo progressivamente consensi tra i soci di Ubi, emerge anche dall’andamento delle adesioni, salite al 26,406%, grazie all’apporto, nella giornata di ieri, di oltre il 9% del capitale, il dato più alto dall’avvio dell’opas. Un trend che, almeno al momento, mostra una progressione superiore ad altre offerte.

Gli azionisti di Ubi hanno a disposizione ancora tre giorni di Borsa aperta, fino al 28 luglio, per apportare le proprie azioni. Tra i grandi soci è arrivato il sì delle Fondazioni Crc (5,9%) e Banca del Monte di Lombardia (3,9%), di Cattolica (1%) e del patto dei soci bresciani (8%), mentre quello degli azionisti bergamaschi ha ritirato il suo no, lasciando libertà di adesione agli aderenti.

Sembra in arrivo anche il sì delle Diocesi di Milano, Bergamo e Brescia, azioniste di Ubi, mentre sul fronte imprenditoriale ieri è arrivato il giudizio positivo di Emanuele Orsini, vicepresidente per il fisco, il credito e la finanza di Confindustria: «Sui territori e in Europa servono banche forti» ha affermato in un’intervista.

L’efficacia dell’offerta è subordinata al raggiungimento di almeno il 50% di Ubi più un’azione, ma Ca’ de Sass punta al 66,7% in modo da garantirsi il controllo dell’assemblea straordinaria e procedere alla fusione con Ubi e alla vendita dei sportelli a Bper – vendita che Ubi ritiene non possa essere “legittimamente” imposta: senza il rischio di contenziosi con i soci di minoranza e potendo viceversa spremere il 100% delle sinergie.

Nel frattempo, alcune associazioni di consumatori hanno sollevato dubbi sulla correttezza delle informazioni fornite allo sportello ai piccoli risparmiatori che chiedevano indicazioni sul da farsi. Il Codacons ha presentato esposti alla Consob e alle Procure di Bergamo e Milano, chiedendo di verificare la «correttezza dell’operato delle filiali di Ubi», mentre il Movimento Difesa del Cittadino ha parlato di «guerra senza esclusione di colpi» in cui a pagare è «come sempre, la trasparenza e la corretta informazione dei piccoli azionisti». Ubi, sul tema, sostiene l’assoluta correttezza delle informazioni e della condotta nelle proprie filiali.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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