Il CNDCEC, Consiglio Nazionale dei Commercialisti e degli Esperti Contabili, in data 26 giugno 2020 ha pubblicato un comunicato Stampa in cui denuncia un calo considerevole delle partite Iva, negli ultimi dieci anni vi è stata una vera e propria fuga delle piccole partite Iva a favore del lavoro subordinato e parasubordinato.
Purtroppo, si evince dai dati, l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo non ha fatto altro che aumentare la tendenza alla desertificazione, e il Cndcec si dice preoccupato sul rischio dell’irreversibilità del processo in atto.
Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, fa notare come “servirebbe un’attività di semplificazione degli adempimenti e passi in avanti sul versante della flat tax per le partite IVA individuali che andrebbe estesa anche ai soggetti che svolgono attività in forma associata”.
Commentando i dati dell’Ufficio studi della sua organizzazione aggiunge allarmistico “Si sono persi 430 mila unità contribuenti censiti tra il 2008 e il 2018, A ‘reggere’ sono solo quanti hanno anche redditi da lavoro dipendente, mentre gli autonomi ‘puri’ sono in continuo calo. In particolare si sono dimezzati coloro i quali dichiarano redditi di impresa individuale in regime di contabilità ordinaria (da 270 mila a 136 mila). Vuol dire che la maggior parte delle partite Iva che sta a galla, ci riesce grazie ai regimi forfettari o ad altri trattamenti di vantaggio.
Interessante ciò che emerge dallo studio, ossia quanti resistono hanno incrementato i loro redditi, dunque chi resta incassa di più ma molti chiudono perché non riescono ad andare avanti, e certamente il colpo inferto dal Covid 19 è stato o sarà fatale per molte partita Iva.
Il Coronavirus però creerà ulteriori problemi agli autonomi anche in un altro senso, se prima chi tentava l’attività e poi falliva poteva poi sperare di trovare di meglio nel lavoro dipendente, vendendosi con la propria professione e avendo la garanzia dello stipendio fisso, ora che molte aziende sono in ginocchio i professionisti che chiudono attività rischiano di restare disoccupati.
Miani fa notare come dunque ‘chi perde il lavoro da autonomo non ha modo di trovarlo da dipendente’ e con la crisi innescata dall’emergenza epidemiologica la contrazione dell’occupazione degli autonomi è stata del 1.3% , tante aziende annaspano senza liquidità.
A confermare i dati sopra menzionati si aggiungono quelli del Ministero del Tesoro che confermano come nel mese di marzo si sia registrata la metà delle aperture di nuove partite Iva rispetto allo stesso periodo del 2019. Stando anche al monitoraggio dell’Osservatorio sulle Partite IVA, nei primi tre mesi del 2020 le aperture sono state 158.740 una flessione del 19,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, determinata prevalentemente dall’emergenza sanitaria. Non resta che comprendere se ad emergenza conclusa vi sarà una tendenza inversa o se il calo proseguirà ulteriormente.
Il CNDCEC, Consiglio Nazionale dei Commercialisti e degli Esperti Contabili, in data 26 giugno 2020 ha pubblicato un comunicato Stampa in cui denuncia un calo considerevole delle partite Iva, negli ultimi dieci anni vi è stata una vera e propria fuga delle piccole partite Iva a favore del lavoro subordinato e parasubordinato.
Purtroppo, si evince dai dati, l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo non ha fatto altro che aumentare la tendenza alla desertificazione, e il Cndcec si dice preoccupato sul rischio dell’irreversibilità del processo in atto.
Il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, fa notare come “servirebbe un’attività di semplificazione degli adempimenti e passi in avanti sul versante della flat tax per le partite IVA individuali che andrebbe estesa anche ai soggetti che svolgono attività in forma associata”.
Commentando i dati dell’Ufficio studi della sua organizzazione aggiunge allarmistico “Si sono persi 430 mila unità contribuenti censiti tra il 2008 e il 2018, A ‘reggere’ sono solo quanti hanno anche redditi da lavoro dipendente, mentre gli autonomi ‘puri’ sono in continuo calo. In particolare si sono dimezzati coloro i quali dichiarano redditi di impresa individuale in regime di contabilità ordinaria (da 270 mila a 136 mila). Vuol dire che la maggior parte delle partite Iva che sta a galla, ci riesce grazie ai regimi forfettari o ad altri trattamenti di vantaggio.
Interessante ciò che emerge dallo studio, ossia quanti resistono hanno incrementato i loro redditi, dunque chi resta incassa di più ma molti chiudono perché non riescono ad andare avanti, e certamente il colpo inferto dal Covid 19 è stato o sarà fatale per molte partita Iva.
Il Coronavirus però creerà ulteriori problemi agli autonomi anche in un altro senso, se prima chi tentava l’attività e poi falliva poteva poi sperare di trovare di meglio nel lavoro dipendente, vendendosi con la propria professione e avendo la garanzia dello stipendio fisso, ora che molte aziende sono in ginocchio i professionisti che chiudono attività rischiano di restare disoccupati.
Miani fa notare come dunque ‘chi perde il lavoro da autonomo non ha modo di trovarlo da dipendente’ e con la crisi innescata dall’emergenza epidemiologica la contrazione dell’occupazione degli autonomi è stata del 1.3% , tante aziende annaspano senza liquidità.
A confermare i dati sopra menzionati si aggiungono quelli del Ministero del Tesoro che confermano come nel mese di marzo si sia registrata la metà delle aperture di nuove partite Iva rispetto allo stesso periodo del 2019. Stando anche al monitoraggio dell’Osservatorio sulle Partite IVA, nei primi tre mesi del 2020 le aperture sono state 158.740 una flessione del 19,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, determinata prevalentemente dall’emergenza sanitaria. Non resta che comprendere se ad emergenza conclusa vi sarà una tendenza inversa o se il calo proseguirà ulteriormente.