Segmenti significativi di asset a garanzia dei portafogli secured sono rappresentati da tipologie di beni non finiti o di non facile dismissione. Che tipo di strategie e partnership adottate per valorizzarli evitando il rischio del deprezzamento?
F.P. Sicuramente si tratta delle categorie di asset più complesse da valorizzare. Richiedono una forte matrice Real Estate per poter identificare le opportunità, valorizzarle e gestirle. Servono per esempio competenze di urbanistica, ambientali, di project management e commercializzazione. Fortunatamente abbiamo nel nostro Gruppo tutto le capacità per farlo e, quindi, lo facciamo in maniera sistematica. Da questo punto di vista, il Gruppo Prelios è unico in Italia nel poter soddisfare ogni tipo di esigenza collegata al Real Estate, in ogni fase del ciclo economico e del settore.
In senso generale, le strategie sono di due tipi: la prima – per certi aspetti più facile – è quella di trovare un investitore interessato all’asset. In tal caso facciamo per lui la due diligence, coordiniamo l’accordo di acquisto consensuale con il debitore e poi supportiamo l’investitore nell’acquisizione dell’asset, nella sua valorizzazione e nella dismissione. In questo caso, è l’investitore che finanzia lo sviluppo dell’iniziativa per quanto necessario.
Più spesso la valorizzazione passa attraverso un accordo con il debitore, che continua a essere proprietario dell’asset. Ipotizziamo per esempio un cantiere residenziale in parte completato e in parte da finire, con dei preliminari già stipulati. In questo caso, l’accordo-tipo si basa sull’utilizzo di parte degli incassi derivanti dall’esecuzione dei preliminari per finanziare non il rimborso del debito, ma i lavori necessari a finire il cantiere e commercializzarlo sul mercato libero: con una maggiore soddisfazione per tutti i creditori, e spesso anche un upside per il debitore. Tuttavia, ciò deve essere fatto in un ambiente “protetto”, in cui ci sia assoluta certezza delle modalità di utilizzo dei nuovi fondi messi a disposizione del debitore e del rispetto dei tempi e dei costi. È in questa fase che entrano in campo le competenze di Real Estate di Prelios che si occupa, d’accordo con il debitore, dell’esecuzione delle attività o del project monitoring, della verifica dei SAL (stati di avanzamento lavori) e relativo pagamento dei fornitori, nonché della commercializzazione, eventualmente in partnership con agenti locali. In altre parole, il ruolo del servicer passa da quello di loan manager a quello di asset manager, facilitato dal fatto di poter accedere a tutte le competenze necessarie ed esistenti all’interno del nostro Gruppo.
Un’ultima possibile strategia è quella di trovare direct lenders interessati a finanziare l’iniziativa: si tratta di un mercato ancora nascente e potenzialmente molto interessante. Probabilmente più adatto agli UTP che agli NPL.
Che tipo di impatto prevedete a causa del Covid-19 sui business plan di gestione dei portafogli? State intervenendo sulla revisione dei BP?
F.P. Indubbiamente la situazione legata alla pandemia ha avuto un effetto negativo sulla performance delle operazioni in corso. L’impatto principale riguarda sicuramente l’attività giudiziale. L’introduzione del decreto-legge n. 11 dell’8 marzo 2020, che ha chiuso i Tribunali e sospeso i procedimenti esecutivi fino a ottobre, ha inevitabilmente causato uno slittamento rispetto ai business plan iniziali dei flussi di cassa attesi derivanti dalle procedure esecutive.
In particolare, i mesi più colpiti sono stati sicuramente aprile e maggio, con gli incassi scesi – secondo alcune ricerche – in media del 48%, ma con punte anche del 90% su alcune operazioni. Dal nostro punto di osservazione, già per giugno e luglio gli incassi sono previsti ritornare a livello pre-Covid: questo è sicuramente un buon segnale, ma non va dimenticato che si tratta solo di distribuzione di cosiddetto Cash-in-Court generato prima della pandemia. I veri impatti si potranno valutare solo nell’ultimo trimestre dell’anno, quando si cominceranno a vedere gli effetti sui tempi e sulle aggiudicazioni delle nuove aste. Solo allora si potrà fare una valutazione compiuta dei correttivi da apportare ai Business Plan.
Nel frattempo, comunque, un monitoraggio costante della performance dei portafogli e una gestione proattiva degli stessi può aiutare a mitigare gli impatti del contesto. Lato nostro, il monitoraggio giornaliero degli incassi e la verifica settimanale delle proiezioni di recupero a breve termine ha permesso di identificare con tempestività i problemi e mettere in campo le necessarie azioni correttive. Sia l’attività stragiudiziale (perseguita attraverso una task force di professionisti specializzati e dedicati) sia le cessioni sul mercato secondario (quattro effettuate tra marzo e maggio, e diverse altre in pipeline prima dell’estate) hanno aiutato a difendere efficacemente la performance di molti portafogli.
Avete recentemente completato i due più importanti deal (cartolarizzazione Sondrio-Diana Spv e Bper-Spring Spv) in era Covid. Due diligence e BP hanno tenuto conto dei potenziai effetti pandemici? Se sì con quali assumptions?
F.P. Si, siamo molto orgogliosi di aver portato a termine queste due operazioni in un momento e in un contesto così complesso, aiutando queste due importanti Banche a proseguire nel loro percorso di deleverage. Si tratta delle prime due cartolarizzazioni – assistite dalla garanzia pubblica Gacs sulle tranche senior – strutturate nel periodo della piena emergenza, e portate a conclusione appena dopo la fine del lockdown: questo significa che la macchina operativa di tutti gli attori ha saputo e potuto lavorare senza soluzione di continuità.
Per quanto riguarda i Business Plan, sono stati ovviamente vagliati gli impatti sia sui tempi di realizzo, sia sul valore degli asset a garanzia delle esposizioni. Sul primo aspetto abbiamo agito sulle nostre assumptions aumentando di circa 3-4 trimestri la Weighted Average Life del portafoglio rispetto ad analoghi portafogli analizzati pre-Covid. In merito al secondo aspetto e tenuto conto dei tempi lunghi di realizzo di molti di questi asset, più che uno specifico intervento post-Covid abbiamo proseguito nella nostra rigorosa attività di assessment delle valutazioni immobiliari, anche apportando haircut ulteriori rispetto agli standard di altre operazioni con Gacs. Ciò è stato fatto tenendo conto di vari fattori: l’ageing della perizia, la dimensione dell’asset, la densità abitativa del comune di ubicazione… il tutto supportato da un rigoroso backtesting sui valori effettivi di vendita e le previsioni di Business Plan per immobili già venduti in altre operazioni simili.
Posso senz’altro affermare che l’attenzione alla solidità delle performance e della macchina operativa di Prelios, oltre al nostro consolidato track record e, ovviamente, alla qualità dei crediti ceduti e alla congruità delle informazioni avute, sono stati alla base dei giudizi delle agenzie di rating e di tutti gli stakeholder dell’operazione. Ricordo infatti che l’operazione Diana della Popolare di Sondrio ha ottenuto rating BBB da Scope e BBB da DBRS; mentre la Spring del Gruppo BPER è stata valutata BBB da Scope e Baa1 da Moody’s.
Quali sono le Sue previsioni sul mercato secondario? Volumi e deals cresceranno? Potrebbero essere una soluzione ai vari portafogli underperforming?)
F.P. Il trend delle cessioni di NPL su mercato secondario è sicuramente in crescita. Secondo studi di mercato elaborati a inizio anno, per il 2020 erano previste cessioni di NPL su mercato secondario per circa 10 miliardi di euro, quasi raddoppiati rispetto ai 5,5 miliardi circa del 2019.
Ciò dimostra che strutturalmente la cessione di crediti al “best owner”, ossia a chi è in grado di attribuire ed estrarre il massimo valore da tale credito, rimane un cardine della gestione proattiva dei portafogli di NPL. Per fare un esempio, il forte deleverage di NPL tramite GACS ha coinvolto un’ampia massa di esposizioni secured, ma non è stata accompagnata dalla creazione di REOCOs a supporto di tali operazioni: la cessione sul mercato secondario a investitori che hanno invece un focus su repossessing e valorizzazione dell’asset rimane una strategia ottimale di gestione del portafoglio.
Considerando inoltre gli impatti della attuale situazione sanitaria ed economica legata alla pandemia, ci si può legittimamente attendere che i suddetti volumi possano ulteriormente crescere nel breve termine. La già citata chiusura dei tribunali – purtroppo anche durante l’imminente periodo estivo – e la sospensione dei procedimenti esecutivi, ha inevitabilmente messo sotto pressione la performance dei portafogli. La strategia della cessione diventa dunque ancora più rilevante per anticipare flussi di cassa dei portafogli potenzialmente underperforming, e aiutarli così a raggiungere gli obiettivi prestabiliti a business plan.
La gestione di un portafoglio con GACS presenta per il servicer caratteristiche diverse rispetto alla gestione di un portafoglio tradizionale?
F.P. In termini di esposizioni, garanzie e debitori, un portafoglio assistito da GACS non ha caratteristiche che lo rendono intrinsecamente diverso per efficacia ed efficienza di gestione.
Pensando tuttavia alle operazioni di deleverage in altre giurisdizioni – per esempio la Spagna, l’Irlanda o il Portogallo – queste sono state fatte da operatori specializzati di Private Equity che hanno acquistato e gestito proattivamente i portafogli. Ciò ha determinato una governance chiara e molto focalizzata sul raggiungimento dei target di performance, oltre alla capacità di mettere in campo strategie proattive di valorizzazione degli asset, come REOCOs o operazioni di rifinanziamento/nuova finanza (soprattutto sugli UTP). Operazioni di ABS come le GACS, strutturate con diversi noteholders – spesso con attitudine più finanziaria e meno “hands on” – richiedono al servicer di assumere un ruolo più proattivo e una mentalità “da investitore” nella gestione delle posizioni e nella strategia da adottare.
In altre parole: è importante che il servicer si percepisca più come “investitore” che come semplice “outsourcer”. Gli interventi sulla deferrability delle fees o la possibilità di rimozione del servicer in caso di underperformance vanno giustamente in questa direzione. È importante però che il servicer si doti di capitale umano – per esempio professionisti che provengano da esperienze come investitori – e di meccanismi organizzativi, quali strumenti di portfolio management avanzati, organizzazione per team dedicati, sistemi di incentivazione significativi e fortemente correlati alla performance del portafoglio. Infine, interventi legislativi a sostegno delle REOCOs o di fondi di credito potrebbero stimolare lo sviluppo di strategie di gestione più proattive. L’interesse degli investitori in tal senso comincia a essere sempre più palpabile.
Dal vostro punto di osservazione privilegiato come leader nella gestione di portafogli UTP, che tipo di considerazioni fatte sul futuro di tutte le aziende classificate come UTP nel periodo pre Covid? La mancanza di interventi del Governo mirati su queste aziende potrebbe causare un’accelerazione irreversibile verso lo stato di crisi? Che tipo di interventi avete messo in atto per salvare le realtà meritevoli? Supportate con la finanza? Con altri strumenti?
F.P. Gestire efficacemente gli UTP significa identificare quelle aziende che hanno la possibilità di riprendersi da temporanee situazioni di difficoltà e supportarle con tutti gli strumenti opportuni e necessari.
È la nostra strategia nella gestione degli UTP e, francamente, anche un dovere sociale alla luce dell’impatto che molte situazioni Unlikely to Pay hanno sull’economia reale, sull’occupazione, sul sistema Paese. Crediamo di averlo fatto bene, fino a ora. Dall’inizio della nostra partnership con Intesa Sanpaolo nella gestione degli UTP – fine novembre 2019 – a oggi, abbiamo riportato in bonis circa 170 imprese. Aziende che sono uscite dalla situazione di difficoltà in cui versavano e che sono ora riclassificate come “sane”, in grado di avere di nuovo accesso normale al credito e di perseguire le prospettive di sviluppo che meritano.
Vogliamo farlo di più e ancora. Mancano però i prestatori di liquidità di emergenza: le banche non lo possono fare per non aggravare i propri NPE ratios; i cosiddetti alternative lenders sono scoraggiati da assenza di chiarezza sui possibili reati fallimentari e dall’assenza di supporto del Governo (per esempio tramite garanzie specifiche sugli UTP).
Interventi specifici e concreti del Governo in tal senso sono mancati e sarebbero più che indispensabili. In assenza di provvedimenti, filiere strategiche per l’economia italiana – come il turismo o i trasporti – rischiano di vedere un tasso di default tragico e con conseguenze durature. In molti ne hanno già scritto, anche ipotizzando strumenti più o meno idonei: ciò che è critico in questo momento è la tempestività.
Nel frattempo, lato nostro, stiamo agendo contattando proattivamente i debitori, analizzando – anche con il supporto di specialisti del settore – l’entità della crisi industriale e di liquidità e individuando le manovre finanziare necessarie. Spesso attraverso moratorie, da intendersi non come una “payment holiday”, ma come il tempo necessario per predisporre un nuovo piano industriale.
Con le banche promuoviamo soluzioni “coraggiose”, di saldo e stralcio o parziale conversione in equity delle nostre esposizioni, così da raggiungere livelli di indebitamento sostenibile. Stiamo anche costruendo un ecosistema di investitori in grado di supportare le aziende distressed: ci sono decine di miliardi raccolti negli ultimi mesi da investitori internazionali specializzati in situazioni distressed e di turnaround. Sarebbe un peccato imperdonabile non riuscire ad attrarli in Italia.
Segmenti significativi di asset a garanzia dei portafogli secured sono rappresentati da tipologie di beni non finiti o di non facile dismissione. Che tipo di strategie e partnership adottate per valorizzarli evitando il rischio del deprezzamento?
F.P. Sicuramente si tratta delle categorie di asset più complesse da valorizzare. Richiedono una forte matrice Real Estate per poter identificare le opportunità, valorizzarle e gestirle. Servono per esempio competenze di urbanistica, ambientali, di project management e commercializzazione. Fortunatamente abbiamo nel nostro Gruppo tutto le capacità per farlo e, quindi, lo facciamo in maniera sistematica. Da questo punto di vista, il Gruppo Prelios è unico in Italia nel poter soddisfare ogni tipo di esigenza collegata al Real Estate, in ogni fase del ciclo economico e del settore.
In senso generale, le strategie sono di due tipi: la prima – per certi aspetti più facile – è quella di trovare un investitore interessato all’asset. In tal caso facciamo per lui la due diligence, coordiniamo l’accordo di acquisto consensuale con il debitore e poi supportiamo l’investitore nell’acquisizione dell’asset, nella sua valorizzazione e nella dismissione. In questo caso, è l’investitore che finanzia lo sviluppo dell’iniziativa per quanto necessario.
Più spesso la valorizzazione passa attraverso un accordo con il debitore, che continua a essere proprietario dell’asset. Ipotizziamo per esempio un cantiere residenziale in parte completato e in parte da finire, con dei preliminari già stipulati. In questo caso, l’accordo-tipo si basa sull’utilizzo di parte degli incassi derivanti dall’esecuzione dei preliminari per finanziare non il rimborso del debito, ma i lavori necessari a finire il cantiere e commercializzarlo sul mercato libero: con una maggiore soddisfazione per tutti i creditori, e spesso anche un upside per il debitore. Tuttavia, ciò deve essere fatto in un ambiente “protetto”, in cui ci sia assoluta certezza delle modalità di utilizzo dei nuovi fondi messi a disposizione del debitore e del rispetto dei tempi e dei costi. È in questa fase che entrano in campo le competenze di Real Estate di Prelios che si occupa, d’accordo con il debitore, dell’esecuzione delle attività o del project monitoring, della verifica dei SAL (stati di avanzamento lavori) e relativo pagamento dei fornitori, nonché della commercializzazione, eventualmente in partnership con agenti locali. In altre parole, il ruolo del servicer passa da quello di loan manager a quello di asset manager, facilitato dal fatto di poter accedere a tutte le competenze necessarie ed esistenti all’interno del nostro Gruppo.
Un’ultima possibile strategia è quella di trovare direct lenders interessati a finanziare l’iniziativa: si tratta di un mercato ancora nascente e potenzialmente molto interessante. Probabilmente più adatto agli UTP che agli NPL.
Che tipo di impatto prevedete a causa del Covid-19 sui business plan di gestione dei portafogli? State intervenendo sulla revisione dei BP?
F.P. Indubbiamente la situazione legata alla pandemia ha avuto un effetto negativo sulla performance delle operazioni in corso. L’impatto principale riguarda sicuramente l’attività giudiziale. L’introduzione del decreto-legge n. 11 dell’8 marzo 2020, che ha chiuso i Tribunali e sospeso i procedimenti esecutivi fino a ottobre, ha inevitabilmente causato uno slittamento rispetto ai business plan iniziali dei flussi di cassa attesi derivanti dalle procedure esecutive.
In particolare, i mesi più colpiti sono stati sicuramente aprile e maggio, con gli incassi scesi – secondo alcune ricerche – in media del 48%, ma con punte anche del 90% su alcune operazioni. Dal nostro punto di osservazione, già per giugno e luglio gli incassi sono previsti ritornare a livello pre-Covid: questo è sicuramente un buon segnale, ma non va dimenticato che si tratta solo di distribuzione di cosiddetto Cash-in-Court generato prima della pandemia. I veri impatti si potranno valutare solo nell’ultimo trimestre dell’anno, quando si cominceranno a vedere gli effetti sui tempi e sulle aggiudicazioni delle nuove aste. Solo allora si potrà fare una valutazione compiuta dei correttivi da apportare ai Business Plan.
Nel frattempo, comunque, un monitoraggio costante della performance dei portafogli e una gestione proattiva degli stessi può aiutare a mitigare gli impatti del contesto. Lato nostro, il monitoraggio giornaliero degli incassi e la verifica settimanale delle proiezioni di recupero a breve termine ha permesso di identificare con tempestività i problemi e mettere in campo le necessarie azioni correttive. Sia l’attività stragiudiziale (perseguita attraverso una task force di professionisti specializzati e dedicati) sia le cessioni sul mercato secondario (quattro effettuate tra marzo e maggio, e diverse altre in pipeline prima dell’estate) hanno aiutato a difendere efficacemente la performance di molti portafogli.
Avete recentemente completato i due più importanti deal (cartolarizzazione Sondrio-Diana Spv e Bper-Spring Spv) in era Covid. Due diligence e BP hanno tenuto conto dei potenziai effetti pandemici? Se sì con quali assumptions?
F.P. Si, siamo molto orgogliosi di aver portato a termine queste due operazioni in un momento e in un contesto così complesso, aiutando queste due importanti Banche a proseguire nel loro percorso di deleverage. Si tratta delle prime due cartolarizzazioni – assistite dalla garanzia pubblica Gacs sulle tranche senior – strutturate nel periodo della piena emergenza, e portate a conclusione appena dopo la fine del lockdown: questo significa che la macchina operativa di tutti gli attori ha saputo e potuto lavorare senza soluzione di continuità.
Per quanto riguarda i Business Plan, sono stati ovviamente vagliati gli impatti sia sui tempi di realizzo, sia sul valore degli asset a garanzia delle esposizioni. Sul primo aspetto abbiamo agito sulle nostre assumptions aumentando di circa 3-4 trimestri la Weighted Average Life del portafoglio rispetto ad analoghi portafogli analizzati pre-Covid. In merito al secondo aspetto e tenuto conto dei tempi lunghi di realizzo di molti di questi asset, più che uno specifico intervento post-Covid abbiamo proseguito nella nostra rigorosa attività di assessment delle valutazioni immobiliari, anche apportando haircut ulteriori rispetto agli standard di altre operazioni con Gacs. Ciò è stato fatto tenendo conto di vari fattori: l’ageing della perizia, la dimensione dell’asset, la densità abitativa del comune di ubicazione… il tutto supportato da un rigoroso backtesting sui valori effettivi di vendita e le previsioni di Business Plan per immobili già venduti in altre operazioni simili.
Posso senz’altro affermare che l’attenzione alla solidità delle performance e della macchina operativa di Prelios, oltre al nostro consolidato track record e, ovviamente, alla qualità dei crediti ceduti e alla congruità delle informazioni avute, sono stati alla base dei giudizi delle agenzie di rating e di tutti gli stakeholder dell’operazione. Ricordo infatti che l’operazione Diana della Popolare di Sondrio ha ottenuto rating BBB da Scope e BBB da DBRS; mentre la Spring del Gruppo BPER è stata valutata BBB da Scope e Baa1 da Moody’s.
Quali sono le Sue previsioni sul mercato secondario? Volumi e deals cresceranno? Potrebbero essere una soluzione ai vari portafogli underperforming?)
F.P. Il trend delle cessioni di NPL su mercato secondario è sicuramente in crescita. Secondo studi di mercato elaborati a inizio anno, per il 2020 erano previste cessioni di NPL su mercato secondario per circa 10 miliardi di euro, quasi raddoppiati rispetto ai 5,5 miliardi circa del 2019.
Ciò dimostra che strutturalmente la cessione di crediti al “best owner”, ossia a chi è in grado di attribuire ed estrarre il massimo valore da tale credito, rimane un cardine della gestione proattiva dei portafogli di NPL. Per fare un esempio, il forte deleverage di NPL tramite GACS ha coinvolto un’ampia massa di esposizioni secured, ma non è stata accompagnata dalla creazione di REOCOs a supporto di tali operazioni: la cessione sul mercato secondario a investitori che hanno invece un focus su repossessing e valorizzazione dell’asset rimane una strategia ottimale di gestione del portafoglio.
Considerando inoltre gli impatti della attuale situazione sanitaria ed economica legata alla pandemia, ci si può legittimamente attendere che i suddetti volumi possano ulteriormente crescere nel breve termine. La già citata chiusura dei tribunali – purtroppo anche durante l’imminente periodo estivo – e la sospensione dei procedimenti esecutivi, ha inevitabilmente messo sotto pressione la performance dei portafogli. La strategia della cessione diventa dunque ancora più rilevante per anticipare flussi di cassa dei portafogli potenzialmente underperforming, e aiutarli così a raggiungere gli obiettivi prestabiliti a business plan.
La gestione di un portafoglio con GACS presenta per il servicer caratteristiche diverse rispetto alla gestione di un portafoglio tradizionale?
F.P. In termini di esposizioni, garanzie e debitori, un portafoglio assistito da GACS non ha caratteristiche che lo rendono intrinsecamente diverso per efficacia ed efficienza di gestione.
Pensando tuttavia alle operazioni di deleverage in altre giurisdizioni – per esempio la Spagna, l’Irlanda o il Portogallo – queste sono state fatte da operatori specializzati di Private Equity che hanno acquistato e gestito proattivamente i portafogli. Ciò ha determinato una governance chiara e molto focalizzata sul raggiungimento dei target di performance, oltre alla capacità di mettere in campo strategie proattive di valorizzazione degli asset, come REOCOs o operazioni di rifinanziamento/nuova finanza (soprattutto sugli UTP). Operazioni di ABS come le GACS, strutturate con diversi noteholders – spesso con attitudine più finanziaria e meno “hands on” – richiedono al servicer di assumere un ruolo più proattivo e una mentalità “da investitore” nella gestione delle posizioni e nella strategia da adottare.
In altre parole: è importante che il servicer si percepisca più come “investitore” che come semplice “outsourcer”. Gli interventi sulla deferrability delle fees o la possibilità di rimozione del servicer in caso di underperformance vanno giustamente in questa direzione. È importante però che il servicer si doti di capitale umano – per esempio professionisti che provengano da esperienze come investitori – e di meccanismi organizzativi, quali strumenti di portfolio management avanzati, organizzazione per team dedicati, sistemi di incentivazione significativi e fortemente correlati alla performance del portafoglio. Infine, interventi legislativi a sostegno delle REOCOs o di fondi di credito potrebbero stimolare lo sviluppo di strategie di gestione più proattive. L’interesse degli investitori in tal senso comincia a essere sempre più palpabile.
Dal vostro punto di osservazione privilegiato come leader nella gestione di portafogli UTP, che tipo di considerazioni fatte sul futuro di tutte le aziende classificate come UTP nel periodo pre Covid? La mancanza di interventi del Governo mirati su queste aziende potrebbe causare un’accelerazione irreversibile verso lo stato di crisi? Che tipo di interventi avete messo in atto per salvare le realtà meritevoli? Supportate con la finanza? Con altri strumenti?
F.P. Gestire efficacemente gli UTP significa identificare quelle aziende che hanno la possibilità di riprendersi da temporanee situazioni di difficoltà e supportarle con tutti gli strumenti opportuni e necessari.
È la nostra strategia nella gestione degli UTP e, francamente, anche un dovere sociale alla luce dell’impatto che molte situazioni Unlikely to Pay hanno sull’economia reale, sull’occupazione, sul sistema Paese. Crediamo di averlo fatto bene, fino a ora. Dall’inizio della nostra partnership con Intesa Sanpaolo nella gestione degli UTP – fine novembre 2019 – a oggi, abbiamo riportato in bonis circa 170 imprese. Aziende che sono uscite dalla situazione di difficoltà in cui versavano e che sono ora riclassificate come “sane”, in grado di avere di nuovo accesso normale al credito e di perseguire le prospettive di sviluppo che meritano.
Vogliamo farlo di più e ancora. Mancano però i prestatori di liquidità di emergenza: le banche non lo possono fare per non aggravare i propri NPE ratios; i cosiddetti alternative lenders sono scoraggiati da assenza di chiarezza sui possibili reati fallimentari e dall’assenza di supporto del Governo (per esempio tramite garanzie specifiche sugli UTP).
Interventi specifici e concreti del Governo in tal senso sono mancati e sarebbero più che indispensabili. In assenza di provvedimenti, filiere strategiche per l’economia italiana – come il turismo o i trasporti – rischiano di vedere un tasso di default tragico e con conseguenze durature. In molti ne hanno già scritto, anche ipotizzando strumenti più o meno idonei: ciò che è critico in questo momento è la tempestività.
Nel frattempo, lato nostro, stiamo agendo contattando proattivamente i debitori, analizzando – anche con il supporto di specialisti del settore – l’entità della crisi industriale e di liquidità e individuando le manovre finanziare necessarie. Spesso attraverso moratorie, da intendersi non come una “payment holiday”, ma come il tempo necessario per predisporre un nuovo piano industriale.
Con le banche promuoviamo soluzioni “coraggiose”, di saldo e stralcio o parziale conversione in equity delle nostre esposizioni, così da raggiungere livelli di indebitamento sostenibile. Stiamo anche costruendo un ecosistema di investitori in grado di supportare le aziende distressed: ci sono decine di miliardi raccolti negli ultimi mesi da investitori internazionali specializzati in situazioni distressed e di turnaround. Sarebbe un peccato imperdonabile non riuscire ad attrarli in Italia.