La tempesta legata al Covid ha inciso profondamente sulle quotazioni delle azioni dei colossi dell’acquisto e gestione dei crediti listati nelle diverse piazze internazionali sia in Europa che negli Stati Uniti.
Osservando i singoli trend nel periodo racchiuso fra il 28 febbraio ed il 18 maggio salta immediatamente all’occhio che le capitalizzazioni di borsa dei player europei hanno sofferto decisamente molto di più di quelle dei colleghi americani.
Come evidenziato dalla seguente tabella, le azioni dei due primari gruppi quotati al Nasdaq, Pra Group ed Encore Capital hanno contenuto il ribasso ed anche se con una volatilità molto spiccata segnata da drastici crolli e potenti rimbalzi, nell’arco dei quasi tre mesi hanno perso poco più del 10%.
Situazione invece ben diversa sui listini europei dove i giganti del settore hanno registrato tutti sensibili cali delle loro quotazioni, con ribassi superiori al 40%.
Company |
Country |
Stock Exchange |
Share price 28/02/2020 |
Share price 18/05/2020 |
% |
PRA Group |
US |
Nasdaq |
38,82 $ |
33,89 $ |
-12,7% |
ENCORE CAPITAL |
US |
Nasdaq |
37,16 $ |
32,74 $ |
-11,9% |
ARROW GLOBAL |
UK |
London |
237 GBX |
72,50 GBX |
-69,4% |
KRUK Group |
PL |
Warsaw |
138 PLN |
75,70 PLN |
-45,1% |
INTRUM |
SE |
Stockholm |
236,5 SEK |
123,50 SEK |
-47,7% |
HOIST FINANCE |
SE |
Stockholm |
45,66 SEK |
19,58 SEK |
-57,1% |
DO VALUE |
IT |
Milan |
11,32 Euro |
6,20 Euro |
-45,2% |
Tutti i listini europei hanno subito vistosi crolli ed era inevitabile che questo trend coinvolgesse anche i debt buyer, ma è giustificabile un crollo di questa portata, per questo settore?
La pandemia avrà inevitabili e gravi ripercussioni sull’intero sistema socio economico ed quindi prevedibile che incremento della disoccupazione, crisi aziendali , riduzione della liquidità e decremento del valore degli immobili possano influenzare negativamente anche il settore del recupero crediti e dell’acquisto dei crediti deteriorati.
E’ però altrettanto vero che il settore del recupero crediti proprio per sua definizione opera da sempre in contesti critici e complessi, dove le controparti sono rappresentate da persone o imprese che nella maggior parte dei casi versano già in situazioni compromesse sotto il profilo finanziario e patrimoniale.
I flussi cash flow relativi agli incassi sui portafogli crediti, registreranno nel breve periodo, sensibili under-underperfomance rispetto alle attese. Sappiamo però che le operazioni di acquisto e gestione dei portafogli Npl, vengono strutturate con business plan sviluppati su range temporali molto estesi, dagli 8 ai 10 anni con punte fino a 15 anni. Pertanto se le acquisizioni sono state supportate da Due Diligence attente e conservative è plausibile ritenere che le under perfomance possano essere assorbite e mitigate nel tempo, magari supportate da revisioni degli stessi business plan o con l’adozione di nuove strategie gestionali, fra le quali la dismissione sul mercato secondario di segmenti di portafoglio, non core.
Con tutte le cautele del caso, possiamo ritenere che nel medio e lungo periodo questa devastante emergenza sanitaria non avrà ripercussioni particolarmente negative nel comparto. Dopo la stagione delle grandi dismissioni degli NPL avvenuta fra il 2017 ed il 2019, era previsto un assestamento dei volumi annui di crediti deteriorati transati sul primo mercato. Purtroppo queste previsioni saranno probabilmente disattese e una probabile nuova ondata di non perfoming invaderà il mercato fin dal secondo semestre del prossimo anno, ricreando condizioni simili a quelle del 2015-2016 che avevano attratto in Italia decine di operatori ed investitori internazionali .
Più critica la situazione per chi ha investito lo scorso anno in portafogli UTP. Questo tipo di operazioni mirano a creare le condizioni per un ritorno in bonis del debitore e quindi il prezzo di acquisto tiene conto di una ben diversa capacità di rimborso rispetto ad un’impresa in sofferenza. Ma Coronavirus da una parte ed esclusione dagli aiuti di stato per questa tipologia di imprese dall’altra saranno il colpo di grazia per molte di queste aziende con un passaggio a sofferenza, creando così oltre al danno irreversibile per l’impresa stessa una beffa per l’investitore cessionario del credito.
La tempesta legata al Covid ha inciso profondamente sulle quotazioni delle azioni dei colossi dell’acquisto e gestione dei crediti listati nelle diverse piazze internazionali sia in Europa che negli Stati Uniti.
Osservando i singoli trend nel periodo racchiuso fra il 28 febbraio ed il 18 maggio salta immediatamente all’occhio che le capitalizzazioni di borsa dei player europei hanno sofferto decisamente molto di più di quelle dei colleghi americani.
Come evidenziato dalla seguente tabella, le azioni dei due primari gruppi quotati al Nasdaq, Pra Group ed Encore Capital hanno contenuto il ribasso ed anche se con una volatilità molto spiccata segnata da drastici crolli e potenti rimbalzi, nell’arco dei quasi tre mesi hanno perso poco più del 10%.
Situazione invece ben diversa sui listini europei dove i giganti del settore hanno registrato tutti sensibili cali delle loro quotazioni, con ribassi superiori al 40%.
Tutti i listini europei hanno subito vistosi crolli ed era inevitabile che questo trend coinvolgesse anche i debt buyer, ma è giustificabile un crollo di questa portata, per questo settore?
La pandemia avrà inevitabili e gravi ripercussioni sull’intero sistema socio economico ed quindi prevedibile che incremento della disoccupazione, crisi aziendali , riduzione della liquidità e decremento del valore degli immobili possano influenzare negativamente anche il settore del recupero crediti e dell’acquisto dei crediti deteriorati.
E’ però altrettanto vero che il settore del recupero crediti proprio per sua definizione opera da sempre in contesti critici e complessi, dove le controparti sono rappresentate da persone o imprese che nella maggior parte dei casi versano già in situazioni compromesse sotto il profilo finanziario e patrimoniale.
I flussi cash flow relativi agli incassi sui portafogli crediti, registreranno nel breve periodo, sensibili under-underperfomance rispetto alle attese. Sappiamo però che le operazioni di acquisto e gestione dei portafogli Npl, vengono strutturate con business plan sviluppati su range temporali molto estesi, dagli 8 ai 10 anni con punte fino a 15 anni. Pertanto se le acquisizioni sono state supportate da Due Diligence attente e conservative è plausibile ritenere che le under perfomance possano essere assorbite e mitigate nel tempo, magari supportate da revisioni degli stessi business plan o con l’adozione di nuove strategie gestionali, fra le quali la dismissione sul mercato secondario di segmenti di portafoglio, non core.
Con tutte le cautele del caso, possiamo ritenere che nel medio e lungo periodo questa devastante emergenza sanitaria non avrà ripercussioni particolarmente negative nel comparto. Dopo la stagione delle grandi dismissioni degli NPL avvenuta fra il 2017 ed il 2019, era previsto un assestamento dei volumi annui di crediti deteriorati transati sul primo mercato. Purtroppo queste previsioni saranno probabilmente disattese e una probabile nuova ondata di non perfoming invaderà il mercato fin dal secondo semestre del prossimo anno, ricreando condizioni simili a quelle del 2015-2016 che avevano attratto in Italia decine di operatori ed investitori internazionali .
Più critica la situazione per chi ha investito lo scorso anno in portafogli UTP. Questo tipo di operazioni mirano a creare le condizioni per un ritorno in bonis del debitore e quindi il prezzo di acquisto tiene conto di una ben diversa capacità di rimborso rispetto ad un’impresa in sofferenza. Ma Coronavirus da una parte ed esclusione dagli aiuti di stato per questa tipologia di imprese dall’altra saranno il colpo di grazia per molte di queste aziende con un passaggio a sofferenza, creando così oltre al danno irreversibile per l’impresa stessa una beffa per l’investitore cessionario del credito.