Quali sono le novità introdotte dal decreto cura Italia in materia di aste immobiliari?
G.L. Il decreto Cura Italia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 aprile 2020 ha introdotto, tra le misure a sostegno delle famiglie e a tutela dei debitori in difficoltà, la sospensione per sei mesi (fino al 30 ottobre 2020) delle procedure esecutive immobiliari che hanno come oggetto la vendita della prima casa del debitore. Con riferimento quindi all’abitazione principale nella quale il proprietario o i suoi familiari risiedono al momento dell’entrata in vigore del decreto.
Questo provvedimento ha come scopo la tutela dei debitori e della loro abitazione, per evitare che la situazione, già complicata a causa dell’emergenza COVID-19, peggiori con l’espropriazione della casa. Nello specifico tale intervento di sospensione si applica a tutte le fasi che precedono l’atto di trasferimento al nuovo aggiudicatario.
Nello stesso decreto viene inoltre introdotto un periodo di sospensione delle attività di rilascio degli immobili di qualsiasi tipo anche non abitativi, fino al 30 settembre 2020.
Questo significa che fino al 30 ottobre 2020 non saranno più posti in vendita all’asta immobili prima casa e fino al 30 settembre 2020 non verranno liberati gli immobili di qualsiasi tipo già aggiudicati in asta.
Le misure adottate per supportare chi si trova attualmente in difficoltà risultano però piuttosto caotiche, anche per via dell’ordine temporale in cui agiscono. Temiamo perciò che possano generare un po’ di confusione operativa nei Tribunali con conseguenti danni per le parti.
A primo impatto infatti appare chiaro che il termine di sospensione delle attività di liberazione dell’immobile sia inferiore a quello delle altre attività previste dalle procedure esecutive. Questo comporta che, seguendo le nuove norme, i rilasci degli immobili ricominceranno prima che sia possibile emettere nuovi avvisi di vendita. È un paradosso il fatto che il primo ottobre si possa liberare un immobile abitato, mentre per poter fissare un esperimento di vendita si debba attendere il 2 novembre. Possiamo quindi vedere come queste norme, volte a tutelare il debitore per consentirgli di mantenere il possesso dell’abitazione per un periodo più lungo data l’attuale situazione, in realtà intervengono più sulla procedura esecutiva che sulla liberazione dell’immobile.
La logica di questi interventi è condivisibile, risulta però fuori luogo la tempistica di tali provvedimenti, in quanto vengono introdotti a soli due mesi di distanza da un altro intervento a tutela della “prima casa” dei debitori. La legge n 8/2020 (vedi anche il decreto “Milleproroghe” del 29 febbraio 2020) prevede che, per tutte le procedure esecutive aventi come oggetto la prima casa del debitore e che non hanno ancora raggiunto l’aggiudicazione in asta, l’ordine di liberazione non sia più emesso in seguito all’aggiudicazione ma al decreto di trasferimento, cioè mediamente 8 mesi dopo.
Per capire meglio che significa facciamo un esempio basandoci su dei tempi medi: l’immobile viene aggiudicato a giugno 2020, il saldo prezzo avviene a settembre 2020, l’emissione del decreto di trasferimento a gennaio 2021 e infine l’ordine di liberazione verrà eseguito (idealmente) a maggio 2021. Ben oltre i tempi massimi previsti dalle misure per l’emergenza COVID-19.
Quindi già a seguito del decreto “milleproroghe” un immobile “prima casa” aggiudicato in asta il 1 giugno 2020, verrebbe liberato e consegnato al nuovo proprietario solo a maggio 2021.
L’introduzione di ulteriori 6 mesi di sospensione significa che inizieremo a vedere i prossimi immobili “prima casa” in asta da fine dicembre 2020 e saranno liberati a novembre 2021.
I provvedimenti introdotti risultano quindi essere un’estensione inutile di quanto già previsto e, a mio avviso, avranno come ritorno principale quello di allontanare possibili acquirenti dal mercato delle aste immobiliari. Il motivo è principalmente nel fatto che poche persone hanno la possibilità di attendere 11 mesi prima di poter prendere possesso dell’immobile acquistato.
Tale allontanamento dei privati in cerca di un’abitazione avrà due ripercussioni importanti. La prima è che causerà inevitabilmente dei danni alle parti coinvolte, debitore compreso.
La seconda è il pubblico di riferimento delle aste immobiliari tornerà ad essere composto principalmente da investitori e addetti ai lavori, i quali cercheranno prezzi di acquisto inferiori per compensare la dilatazione dei tempi per entrare in possesso dell’immobile.
Che impatto avrà sul mercato delle aste?
G.L. Per capire quanto impattano sul mercato delle aste immobiliari le norme introdotte, andiamo ad analizzare quanti sono gli immobili colpiti dai provvedimenti.
Dalla nostra analisi sulle aste pubblicate nel 2019 sul Portale delle Vendite Pubbliche, abbiamo riscontrato che quasi il 56% dei lotti in asta sono abitazioni.
Quanti di questi sono “prime case” lo individuiamo escludendo le procedure concorsuali e analizzando le esecuzioni immobiliari, prendendo un solo lotto residenziale per ciascuna esecuzione (infatti la norma colpisce solo la “prima casa”) ed eliminando i lotti in esecuzione in capo alle persone giuridiche.
Nel 2019 le esecuzioni immobiliari con almeno un lotto residenziale sono state 61.305 e le procedure concorsuali con almeno un lotto residenziale sono state 4.162, quindi assumendo che un pari numero di procedure esecutive siano in carico a persone giuridiche otteniamo che le “prime case” in asta siano circa 57.143, ovvero il 64% dei lotti residenziali in totale e il 36% degli immobili complessivamente in asta. Questo significa che 57.143 procedure verranno sospese fino al 30 ottobre 2020 e dopo inizieranno lentamente a essere fissate le nuove vendite, considerando i tempi di pubblicità legale inizieremo a vedere le prime aste fissate a partire dal 15 dicembre 2020.
Gli immobili residenziali inoltre sono quelli aggiudicati in maggior volume infatti, sulla base dei nostri dati, l’81% degli immobili aggiudicati sono residenziali e il 52% sono immobili prima casa. Questo significa in primo luogo che i servicer che gestiscono gli NPL verranno privati di una parte importante di ricavi, in secondo luogo i creditori non recupereranno denaro, utile soprattutto per le banche che, in questo momento, sono chiamate a immettere nuova liquidità nella società e nelle imprese in difficoltà.
Che impatto avrà sul mercato NPL?
G.L. Le norme che coinvolgono 57.143 immobili in asta, ovvero il 36% del totale, colpiscono duramente i potenziali partecipanti alle aste immobiliari, allontanandoli in questo modo dal mercato. Tale aspetto inevitabilmente si riflette a cascata in primo luogo sulle Banche e sugli investitori in NPL, ed in secondo luogo sui Servicer che fanno delle somme recuperate i loro ricavi. In ultimo queste norme avranno un impatto negativo anche su quegli stessi debitori che intendevano tutelare. Quest’ultimi infatti non riusciranno a saldare interamente i propri debiti con la vendita dell’immobile e si ritroveranno un maggior debito residuo una volta venduto l’unico bene che poteva sdebitarli.
In sintesi, l’impatto che ci aspettiamo sui recuperi di NPL secured sarà in primo luogo lo slittamento temporale dei recuperi dovuto alle aste sospese, in secondo luogo un calo dei prezzi di aggiudicazione dovuto al fatto che il 52% degli immobili aggiudicati in asta riguardano “prime case”. Di quanto caleranno i prezzi di aggiudicazione è un dato che non possiamo prevedere ma possiamo facilmente ipotizzare che gli immobili subiranno almeno un ulteriore tentativo di vendita che andrà deserta, con il conseguente deprezzamento di un ulteriore 25% ed un aumento dei costi. Non è da trascurare inoltre anche il danno sistemico causato dalla perdita di interesse verso le aste, già di natura poco attrattive per la difficoltà con cui si reperiscono le informazioni sugli immobili e per il processo di acquisto, caratterizzato da una burocrazia complessa, che scoraggia i potenziali interessati al mercato delle aste. poco “user friendly” che allontana gli interessati.
In conclusione, possiamo affermare che ora più che mai la differenza la farà l’abilità nella gestione e commercializzazione degli asset immobiliari. Se prima questa era una differenza che determinava i profitti, ora potrebbe determinare la salute o la crisi degli operatori del settore. Emergeranno sicuramente i servicer più evoluti: quelli dotati di strumenti tecnologici capaci di rendere più efficiente il processo e ridurre i costi e che sapranno contemporaneamente commerciare gli asset immobiliari in modo da riavvicinare le persone interessate a questo mercato, che oggi ha poca fiducia.
Quali sono le novità introdotte dal decreto cura Italia in materia di aste immobiliari?
G.L. Il decreto Cura Italia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 29 aprile 2020 ha introdotto, tra le misure a sostegno delle famiglie e a tutela dei debitori in difficoltà, la sospensione per sei mesi (fino al 30 ottobre 2020) delle procedure esecutive immobiliari che hanno come oggetto la vendita della prima casa del debitore. Con riferimento quindi all’abitazione principale nella quale il proprietario o i suoi familiari risiedono al momento dell’entrata in vigore del decreto.
Questo provvedimento ha come scopo la tutela dei debitori e della loro abitazione, per evitare che la situazione, già complicata a causa dell’emergenza COVID-19, peggiori con l’espropriazione della casa. Nello specifico tale intervento di sospensione si applica a tutte le fasi che precedono l’atto di trasferimento al nuovo aggiudicatario.
Nello stesso decreto viene inoltre introdotto un periodo di sospensione delle attività di rilascio degli immobili di qualsiasi tipo anche non abitativi, fino al 30 settembre 2020.
Questo significa che fino al 30 ottobre 2020 non saranno più posti in vendita all’asta immobili prima casa e fino al 30 settembre 2020 non verranno liberati gli immobili di qualsiasi tipo già aggiudicati in asta.
Le misure adottate per supportare chi si trova attualmente in difficoltà risultano però piuttosto caotiche, anche per via dell’ordine temporale in cui agiscono. Temiamo perciò che possano generare un po’ di confusione operativa nei Tribunali con conseguenti danni per le parti.
A primo impatto infatti appare chiaro che il termine di sospensione delle attività di liberazione dell’immobile sia inferiore a quello delle altre attività previste dalle procedure esecutive. Questo comporta che, seguendo le nuove norme, i rilasci degli immobili ricominceranno prima che sia possibile emettere nuovi avvisi di vendita. È un paradosso il fatto che il primo ottobre si possa liberare un immobile abitato, mentre per poter fissare un esperimento di vendita si debba attendere il 2 novembre. Possiamo quindi vedere come queste norme, volte a tutelare il debitore per consentirgli di mantenere il possesso dell’abitazione per un periodo più lungo data l’attuale situazione, in realtà intervengono più sulla procedura esecutiva che sulla liberazione dell’immobile.
La logica di questi interventi è condivisibile, risulta però fuori luogo la tempistica di tali provvedimenti, in quanto vengono introdotti a soli due mesi di distanza da un altro intervento a tutela della “prima casa” dei debitori. La legge n 8/2020 (vedi anche il decreto “Milleproroghe” del 29 febbraio 2020) prevede che, per tutte le procedure esecutive aventi come oggetto la prima casa del debitore e che non hanno ancora raggiunto l’aggiudicazione in asta, l’ordine di liberazione non sia più emesso in seguito all’aggiudicazione ma al decreto di trasferimento, cioè mediamente 8 mesi dopo.
Per capire meglio che significa facciamo un esempio basandoci su dei tempi medi: l’immobile viene aggiudicato a giugno 2020, il saldo prezzo avviene a settembre 2020, l’emissione del decreto di trasferimento a gennaio 2021 e infine l’ordine di liberazione verrà eseguito (idealmente) a maggio 2021. Ben oltre i tempi massimi previsti dalle misure per l’emergenza COVID-19.
Quindi già a seguito del decreto “milleproroghe” un immobile “prima casa” aggiudicato in asta il 1 giugno 2020, verrebbe liberato e consegnato al nuovo proprietario solo a maggio 2021.
L’introduzione di ulteriori 6 mesi di sospensione significa che inizieremo a vedere i prossimi immobili “prima casa” in asta da fine dicembre 2020 e saranno liberati a novembre 2021.
I provvedimenti introdotti risultano quindi essere un’estensione inutile di quanto già previsto e, a mio avviso, avranno come ritorno principale quello di allontanare possibili acquirenti dal mercato delle aste immobiliari. Il motivo è principalmente nel fatto che poche persone hanno la possibilità di attendere 11 mesi prima di poter prendere possesso dell’immobile acquistato.
Tale allontanamento dei privati in cerca di un’abitazione avrà due ripercussioni importanti. La prima è che causerà inevitabilmente dei danni alle parti coinvolte, debitore compreso.
La seconda è il pubblico di riferimento delle aste immobiliari tornerà ad essere composto principalmente da investitori e addetti ai lavori, i quali cercheranno prezzi di acquisto inferiori per compensare la dilatazione dei tempi per entrare in possesso dell’immobile.
Che impatto avrà sul mercato delle aste?
G.L. Per capire quanto impattano sul mercato delle aste immobiliari le norme introdotte, andiamo ad analizzare quanti sono gli immobili colpiti dai provvedimenti.
Dalla nostra analisi sulle aste pubblicate nel 2019 sul Portale delle Vendite Pubbliche, abbiamo riscontrato che quasi il 56% dei lotti in asta sono abitazioni.
Quanti di questi sono “prime case” lo individuiamo escludendo le procedure concorsuali e analizzando le esecuzioni immobiliari, prendendo un solo lotto residenziale per ciascuna esecuzione (infatti la norma colpisce solo la “prima casa”) ed eliminando i lotti in esecuzione in capo alle persone giuridiche.
Nel 2019 le esecuzioni immobiliari con almeno un lotto residenziale sono state 61.305 e le procedure concorsuali con almeno un lotto residenziale sono state 4.162, quindi assumendo che un pari numero di procedure esecutive siano in carico a persone giuridiche otteniamo che le “prime case” in asta siano circa 57.143, ovvero il 64% dei lotti residenziali in totale e il 36% degli immobili complessivamente in asta. Questo significa che 57.143 procedure verranno sospese fino al 30 ottobre 2020 e dopo inizieranno lentamente a essere fissate le nuove vendite, considerando i tempi di pubblicità legale inizieremo a vedere le prime aste fissate a partire dal 15 dicembre 2020.
Gli immobili residenziali inoltre sono quelli aggiudicati in maggior volume infatti, sulla base dei nostri dati, l’81% degli immobili aggiudicati sono residenziali e il 52% sono immobili prima casa. Questo significa in primo luogo che i servicer che gestiscono gli NPL verranno privati di una parte importante di ricavi, in secondo luogo i creditori non recupereranno denaro, utile soprattutto per le banche che, in questo momento, sono chiamate a immettere nuova liquidità nella società e nelle imprese in difficoltà.
Che impatto avrà sul mercato NPL?
G.L. Le norme che coinvolgono 57.143 immobili in asta, ovvero il 36% del totale, colpiscono duramente i potenziali partecipanti alle aste immobiliari, allontanandoli in questo modo dal mercato. Tale aspetto inevitabilmente si riflette a cascata in primo luogo sulle Banche e sugli investitori in NPL, ed in secondo luogo sui Servicer che fanno delle somme recuperate i loro ricavi. In ultimo queste norme avranno un impatto negativo anche su quegli stessi debitori che intendevano tutelare. Quest’ultimi infatti non riusciranno a saldare interamente i propri debiti con la vendita dell’immobile e si ritroveranno un maggior debito residuo una volta venduto l’unico bene che poteva sdebitarli.
In sintesi, l’impatto che ci aspettiamo sui recuperi di NPL secured sarà in primo luogo lo slittamento temporale dei recuperi dovuto alle aste sospese, in secondo luogo un calo dei prezzi di aggiudicazione dovuto al fatto che il 52% degli immobili aggiudicati in asta riguardano “prime case”. Di quanto caleranno i prezzi di aggiudicazione è un dato che non possiamo prevedere ma possiamo facilmente ipotizzare che gli immobili subiranno almeno un ulteriore tentativo di vendita che andrà deserta, con il conseguente deprezzamento di un ulteriore 25% ed un aumento dei costi. Non è da trascurare inoltre anche il danno sistemico causato dalla perdita di interesse verso le aste, già di natura poco attrattive per la difficoltà con cui si reperiscono le informazioni sugli immobili e per il processo di acquisto, caratterizzato da una burocrazia complessa, che scoraggia i potenziali interessati al mercato delle aste. poco “user friendly” che allontana gli interessati.
In conclusione, possiamo affermare che ora più che mai la differenza la farà l’abilità nella gestione e commercializzazione degli asset immobiliari. Se prima questa era una differenza che determinava i profitti, ora potrebbe determinare la salute o la crisi degli operatori del settore. Emergeranno sicuramente i servicer più evoluti: quelli dotati di strumenti tecnologici capaci di rendere più efficiente il processo e ridurre i costi e che sapranno contemporaneamente commerciare gli asset immobiliari in modo da riavvicinare le persone interessate a questo mercato, che oggi ha poca fiducia.