Quale motore per un nuovo sperabile sviluppo?
Siamo di fronte ad una crisi imprevista senza precedenti che la fa definire “economia di guerra”: ma, il nemico è invisibile che ha colto impreparati anche i paesi più organizzati. Un’impasse economica mondiale che comporta inevitabilmente una recessione economica oltre ai danni morali prodotti sulle popolazioni di quasi tutti i paesi. L’incertezza oggi è sovrana e occorre trovare stimoli e ipotesi concrete di uscita economica oltre che naturalmente e prioritariamente in campo sanitario per sconfiggere il “virus”.
La prima emergenza vera è quella sanitaria!
Vediamo dunque il sistema paese Italia, già peraltro provato prima di questa tremenda crisi, per affrontare il tema di una possibile tenuta della domanda, della produzione, del lavoro e della possibile ripresa delle nostre società così pesantemente in difficoltà. Il nostro tessuto economico è formato da lavoratori e da imprese (4 miliardi circa) microaziende che hanno necessità del supporto delle banche (il sistema finanziario gioca, bene o male, un ruolo centrale per il rilancio del paese).
In questo articolo/riflessione cerchiamo di dare contributo analizzando ruoli e possibilità per il sistema bancario nazionale lasciando ad altri, per competenza, discernere ruoli strumenti e provvedimenti di natura politica-sociale da porre in essere da subito per affrontare l’emergenza e a seguire per consolidare una possibile ripresa (sicurezza/lavoro).
Crediamo che le persone che hanno fatto e fanno la banca continueranno ad avere un ruolo non secondario nella gestione delle crisi e nello sperabile sviluppo economico del Paese. Le condizioni strutturali della nostra economica reale, infatti, non consentivano e non consentono oggi di marginalizzare il ruolo degli istituti di credito a tutti i livelli. Purtroppo, è stata fatta spesso la scelta di arruolare e non formare professionisti del credito e della finanza, privilegiando il risultato a breve termine piuttosto che la creazione di valore nel medio-lungo. Tutto questo ha portato le banche a diventare realtà che non creano ricchezza e sempre più spesso non aiutano chi lo fa.
Lo studio della Banca d’Italia che certifica il blocco dell’”ascensore sociale” in termini di istruzione, livelli di reddito e posizione sociale è ancora più preoccupante della grave disoccupazione giovanile (femminile e soprattutto intellettuale) perché inibisce le speranze delle nuove generazioni, cristallizzando negativamente una “stratificazione sociale” quasi come un ritorno al passato delle cosiddette divisioni per nascita e censo. La nostra personale visione è che la stagione attuale, oltre che da una crisi economica che tutti purtroppo ben conosciamo, è rappresentata da una crisi di valori e di professionalità diffuse: si può uscire da essa certamente non con soluzioni miracolistiche che purtroppo non esistono ma con una forte diffusa e decisa assunzione di responsabilità, a tutti i livelli e fino in fondo, in linea con i valori fondanti che non sono e non possono essere di parte (in un’economica libera), almeno per le persone sinceramente ispirate e quindi in buona fede: le considerazioni e le conclusioni sono nella cultura e nella coscienza professionale di ognuno, ben sapendo che le strutture sono governate da uomini che, con la loro coscienza professionale e cultura di impresa, debbono affrontare e gestire le sfide anche quando queste, per circostanze esterne ingovernabili, si fanno più complesse e difficili. Certamente, se in generale “male tempora curunt”, occorre però che ognuno faccia la propria parte con spirito di sacrificio ed anche coraggio operativo. Una nuova stagione della responsabilità sociale, del coraggio delle idee e delle proposte, crediamo possa rappresentare la “ricetta vera” contro la crisi e soprattutto contro la rassegnazione che rappresenta, a nostro avviso, la sconfitta più grande dell’intelligenza e della professionalità umana. Le considerazioni espresse, a nostro avviso, assumono purtroppo ancora più significato di fronte ad una nuova stagione economica che si fa più
difficile per la congiuntura interna (recessione) e internazionale (possibile stagnazione e recessione). Per tutto questo riteniamo che debbano aumentare impegno, responsabilità sociale e professionale: le difficoltà vecchie e nuove devono sperabilmente vederci tutti impegnati per un cambiamento significativo e positivo.
In questo quadro di riferimento l’iniziativa del governo e delle autorità dovrebbe poter procedere:
- Mettendo in sicurezza massima la salute dei cittadini rafforzando le strutture sanitarie.
- Operando scelte di sostegno economico non “a pioggia” ma mirate ad aiutare la creazione di valore con un recupero effettivo di risorse disponibili finalizzate.
Certamente il terziario in generale appare il settore maggiormente in difficoltà e non appare nemmeno facile trovare misure di sostegno reale adeguate ai bisogni senza operare disparità sociali a vantaggio dei più forti fra gli operatori (leggi fatturato reale e sincerità fiscale). Però la classe dirigente di un paese può e deve operare delle scelte sapendo che si può anche sbagliare (poco) e non incontrare sempre la popolarità delle proprie indicazioni.
Seguendo l’attuale direzione il governo dovrà assumersi le proprie responsabilità operando nell’interesse del superiore bene comune rispetto alle esigenze , pur comprensibili, ma oggi secondarie, di avere un consenso generale che nei momenti di grande difficoltà mai ha aiutato a fare il bene effettivo del paese reale.
Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli
Quale motore per un nuovo sperabile sviluppo?
Siamo di fronte ad una crisi imprevista senza precedenti che la fa definire “economia di guerra”: ma, il nemico è invisibile che ha colto impreparati anche i paesi più organizzati. Un’impasse economica mondiale che comporta inevitabilmente una recessione economica oltre ai danni morali prodotti sulle popolazioni di quasi tutti i paesi. L’incertezza oggi è sovrana e occorre trovare stimoli e ipotesi concrete di uscita economica oltre che naturalmente e prioritariamente in campo sanitario per sconfiggere il “virus”.
La prima emergenza vera è quella sanitaria!
Vediamo dunque il sistema paese Italia, già peraltro provato prima di questa tremenda crisi, per affrontare il tema di una possibile tenuta della domanda, della produzione, del lavoro e della possibile ripresa delle nostre società così pesantemente in difficoltà. Il nostro tessuto economico è formato da lavoratori e da imprese (4 miliardi circa) microaziende che hanno necessità del supporto delle banche (il sistema finanziario gioca, bene o male, un ruolo centrale per il rilancio del paese).
In questo articolo/riflessione cerchiamo di dare contributo analizzando ruoli e possibilità per il sistema bancario nazionale lasciando ad altri, per competenza, discernere ruoli strumenti e provvedimenti di natura politica-sociale da porre in essere da subito per affrontare l’emergenza e a seguire per consolidare una possibile ripresa (sicurezza/lavoro).
Crediamo che le persone che hanno fatto e fanno la banca continueranno ad avere un ruolo non secondario nella gestione delle crisi e nello sperabile sviluppo economico del Paese. Le condizioni strutturali della nostra economica reale, infatti, non consentivano e non consentono oggi di marginalizzare il ruolo degli istituti di credito a tutti i livelli. Purtroppo, è stata fatta spesso la scelta di arruolare e non formare professionisti del credito e della finanza, privilegiando il risultato a breve termine piuttosto che la creazione di valore nel medio-lungo. Tutto questo ha portato le banche a diventare realtà che non creano ricchezza e sempre più spesso non aiutano chi lo fa.
Lo studio della Banca d’Italia che certifica il blocco dell’”ascensore sociale” in termini di istruzione, livelli di reddito e posizione sociale è ancora più preoccupante della grave disoccupazione giovanile (femminile e soprattutto intellettuale) perché inibisce le speranze delle nuove generazioni, cristallizzando negativamente una “stratificazione sociale” quasi come un ritorno al passato delle cosiddette divisioni per nascita e censo. La nostra personale visione è che la stagione attuale, oltre che da una crisi economica che tutti purtroppo ben conosciamo, è rappresentata da una crisi di valori e di professionalità diffuse: si può uscire da essa certamente non con soluzioni miracolistiche che purtroppo non esistono ma con una forte diffusa e decisa assunzione di responsabilità, a tutti i livelli e fino in fondo, in linea con i valori fondanti che non sono e non possono essere di parte (in un’economica libera), almeno per le persone sinceramente ispirate e quindi in buona fede: le considerazioni e le conclusioni sono nella cultura e nella coscienza professionale di ognuno, ben sapendo che le strutture sono governate da uomini che, con la loro coscienza professionale e cultura di impresa, debbono affrontare e gestire le sfide anche quando queste, per circostanze esterne ingovernabili, si fanno più complesse e difficili. Certamente, se in generale “male tempora curunt”, occorre però che ognuno faccia la propria parte con spirito di sacrificio ed anche coraggio operativo. Una nuova stagione della responsabilità sociale, del coraggio delle idee e delle proposte, crediamo possa rappresentare la “ricetta vera” contro la crisi e soprattutto contro la rassegnazione che rappresenta, a nostro avviso, la sconfitta più grande dell’intelligenza e della professionalità umana. Le considerazioni espresse, a nostro avviso, assumono purtroppo ancora più significato di fronte ad una nuova stagione economica che si fa più
difficile per la congiuntura interna (recessione) e internazionale (possibile stagnazione e recessione). Per tutto questo riteniamo che debbano aumentare impegno, responsabilità sociale e professionale: le difficoltà vecchie e nuove devono sperabilmente vederci tutti impegnati per un cambiamento significativo e positivo.
In questo quadro di riferimento l’iniziativa del governo e delle autorità dovrebbe poter procedere:
Certamente il terziario in generale appare il settore maggiormente in difficoltà e non appare nemmeno facile trovare misure di sostegno reale adeguate ai bisogni senza operare disparità sociali a vantaggio dei più forti fra gli operatori (leggi fatturato reale e sincerità fiscale). Però la classe dirigente di un paese può e deve operare delle scelte sapendo che si può anche sbagliare (poco) e non incontrare sempre la popolarità delle proprie indicazioni.
Seguendo l’attuale direzione il governo dovrà assumersi le proprie responsabilità operando nell’interesse del superiore bene comune rispetto alle esigenze , pur comprensibili, ma oggi secondarie, di avere un consenso generale che nei momenti di grande difficoltà mai ha aiutato a fare il bene effettivo del paese reale.
Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli