Il Bitcoin sta per diventare più raro dell’argento e forse anche dell’oro. Sono affermazioni che in questi giorni si leggono un po’ ovunque perché a breve, probabilmente tra il 9 e il 12 maggio 2020, verrà effettuato il terzo halving nella storia della criptovaluta più famosa. Cosa significa? Che la “produzione” dei Bitcoin viene dimezzata e passerà da 12,5 a 6,25 per ogni blocco. L’operazione è attesa da tutti gli investitori coinvolti poiché ha un grande impatto sul fronte del prezzo e nell’intero mercato. Rallentando i ritmi di produzione, infatti, si allontana la soglia dei 21 milioni ovvero il numero massimo di BTC che possono essere in circolazione, e di conseguenza il Bitcoin diventa un prodotto più raro e la sua quotazione aumenta. Lo attestano i due precedenti halving, quella del 28 novembre 2012 (Bitcoin a 12,35 dollari) e quella del 7 luglio 2016 (Bitcoin a 653,75 dollari). In entrambi i casi, le quotazioni del Bitcoin hanno beneficiato di corposi rialzi, come quello registrato a marzo 2013, con perfomance superiore al 1.000% e una quotazione che ha superato 142 dollari. La tendenza degli ultimi mesi è indubbiamente quella di un rialzo delle quotazioni del Bitcoin che presto (forse addirittura prima dell’halving) potrebbe tornare sopra i 10.000 dollari.
Al di là di questo evento importante bisogna ribadire il momento positivo che stanno vivendo le criptovalute, legato anche all’effetto della pandemia da Coronavirus che ha determinato una sfiducia verso le forme di investimento tradizionali. Ad rafforzare questo quadro arriva il nuovo studio effettuato dall’exchange di criptovalute bitFlyer Europe che ha intervistato 10mila consumatori in 10 paesi europei. Il sondaggio ha rivelato una grande fiducia verso il mondo delle criptovalute che si traduce nel fatto che due terzi degli intervistati, ovvero il 66%, ritiene che le criptovalute esisteranno ancora nel 2030. Si tratta di un aumento del 3% rispetto a marzo 2019, che si registra in tutti i paesi tranne due. Inoltre, il 9% degli europei (contro l’8% del 2019) crede che il Bitcoin sarà completamente integrato nella società come forma di valuta nel 2030 e verrà utilizzato come titolo o investimento. Dunque “la fiducia nelle criptovalute continua a crescere, nonostante l’effetto paralizzante del Coronavirus sul panorama economico globale”. Secondo Andy Bryant, COO di bitFlyer Europe i risultati “indicano una progressione lenta ma costante delle criptovalute nella coscienza generale” ed è forse questo il momento giusto per “dimostrare in che modo le criptovalute e i concetti associati alla finanza decentralizzata possono fornire alternative interessanti o addirittura sostituire i modelli economici storici”.
Strano ma vero, gli italiani credono nelle criptovalute di più degli inglesi. Il 72%, degli italiani intervistati crede “nella longevità” delle criptovalute e il 12% ha risposto che un giorno le criptovalute saranno utilizzate come valuta principale (siamo il Paese in cui questa percentuale è la più alta). “È interessante vedere che paesi come l’Italia che sono stati duramente colpiti dalla crisi COVID-19 stiano esprimendo più fiducia che mai nelle criptovalute”, ha affermato Bryant. In fondo alla classifica c’è il Regno Unito che è “il meno fiducioso” tra i 10 paesi, dove si registra un calo di fiducia rispetto allo scorso anno. E’ il 56% degli intervistati a credere nella criptovaluta (percentuale che sale al 61% nella fascia di età 18-44 anni), e solo il 5% pensa che questa diventerà una valuta tradizionale tra dieci anni. I Paesi Bassi e la Polonia seguono l’Italia, con il 70% della popolazione che crede nel futuro delle monete digitali. Nel frattempo la Norvegia, che l’anno scorso era in testa alla classifica, è sceso al quarto posto con il 67% degli intervistati (contro il 73% del 2019) fiducioso nel futuro delle criptovalute.
Il Bitcoin sta per diventare più raro dell’argento e forse anche dell’oro. Sono affermazioni che in questi giorni si leggono un po’ ovunque perché a breve, probabilmente tra il 9 e il 12 maggio 2020, verrà effettuato il terzo halving nella storia della criptovaluta più famosa. Cosa significa? Che la “produzione” dei Bitcoin viene dimezzata e passerà da 12,5 a 6,25 per ogni blocco. L’operazione è attesa da tutti gli investitori coinvolti poiché ha un grande impatto sul fronte del prezzo e nell’intero mercato. Rallentando i ritmi di produzione, infatti, si allontana la soglia dei 21 milioni ovvero il numero massimo di BTC che possono essere in circolazione, e di conseguenza il Bitcoin diventa un prodotto più raro e la sua quotazione aumenta. Lo attestano i due precedenti halving, quella del 28 novembre 2012 (Bitcoin a 12,35 dollari) e quella del 7 luglio 2016 (Bitcoin a 653,75 dollari). In entrambi i casi, le quotazioni del Bitcoin hanno beneficiato di corposi rialzi, come quello registrato a marzo 2013, con perfomance superiore al 1.000% e una quotazione che ha superato 142 dollari. La tendenza degli ultimi mesi è indubbiamente quella di un rialzo delle quotazioni del Bitcoin che presto (forse addirittura prima dell’halving) potrebbe tornare sopra i 10.000 dollari.
Al di là di questo evento importante bisogna ribadire il momento positivo che stanno vivendo le criptovalute, legato anche all’effetto della pandemia da Coronavirus che ha determinato una sfiducia verso le forme di investimento tradizionali. Ad rafforzare questo quadro arriva il nuovo studio effettuato dall’exchange di criptovalute bitFlyer Europe che ha intervistato 10mila consumatori in 10 paesi europei. Il sondaggio ha rivelato una grande fiducia verso il mondo delle criptovalute che si traduce nel fatto che due terzi degli intervistati, ovvero il 66%, ritiene che le criptovalute esisteranno ancora nel 2030. Si tratta di un aumento del 3% rispetto a marzo 2019, che si registra in tutti i paesi tranne due. Inoltre, il 9% degli europei (contro l’8% del 2019) crede che il Bitcoin sarà completamente integrato nella società come forma di valuta nel 2030 e verrà utilizzato come titolo o investimento. Dunque “la fiducia nelle criptovalute continua a crescere, nonostante l’effetto paralizzante del Coronavirus sul panorama economico globale”. Secondo Andy Bryant, COO di bitFlyer Europe i risultati “indicano una progressione lenta ma costante delle criptovalute nella coscienza generale” ed è forse questo il momento giusto per “dimostrare in che modo le criptovalute e i concetti associati alla finanza decentralizzata possono fornire alternative interessanti o addirittura sostituire i modelli economici storici”.
Strano ma vero, gli italiani credono nelle criptovalute di più degli inglesi. Il 72%, degli italiani intervistati crede “nella longevità” delle criptovalute e il 12% ha risposto che un giorno le criptovalute saranno utilizzate come valuta principale (siamo il Paese in cui questa percentuale è la più alta). “È interessante vedere che paesi come l’Italia che sono stati duramente colpiti dalla crisi COVID-19 stiano esprimendo più fiducia che mai nelle criptovalute”, ha affermato Bryant. In fondo alla classifica c’è il Regno Unito che è “il meno fiducioso” tra i 10 paesi, dove si registra un calo di fiducia rispetto allo scorso anno. E’ il 56% degli intervistati a credere nella criptovaluta (percentuale che sale al 61% nella fascia di età 18-44 anni), e solo il 5% pensa che questa diventerà una valuta tradizionale tra dieci anni. I Paesi Bassi e la Polonia seguono l’Italia, con il 70% della popolazione che crede nel futuro delle monete digitali. Nel frattempo la Norvegia, che l’anno scorso era in testa alla classifica, è sceso al quarto posto con il 67% degli intervistati (contro il 73% del 2019) fiducioso nel futuro delle criptovalute.