Nell’ultimo barometro trimestrale pubblicato a febbraio, Coface aveva previsto che i rischi principali del 2020 per l’economia mondiale sarebbero stati, paradossalmente, di natura non economica (compresi i rischi politici ed ambientali). Tre mesi più tardi, un’altra tipologia di rischio non economico sta portando l’economia globale alla recessione. In Cina, l’epidemia di COVID-19 ha colpito inizialmente in modo limitato le filiere, ma poi si è trasformata in una pandemia globale che sta costringendo più della metà della popolazione mondiale al contenimento in oltre 40 paesi. Per le imprese, le inattese misure adottate dai governi per contenere l’espansione del virus rappresentano un doppio shock – sia per l’offerta che per la domanda – e colpiscono un ampio numero di imprese. L’unicità di questa emergenza rende il confronto con quelle precedenti difficile, poiché quest’ultime hanno un’origine di tipo finanziario (le crisi del credito del 2008-2009, la grande depressione del 1929).
In tale contesto, la questione non riguarda più quali paesi e settori di attività risentiranno di questo shock, ma bensì quali di questi saranno risparmiati. Ad esempio, il settore farmaceutico e, in misura minore, l’industria agroalimentare sono tra quei settori che si salvano relativamente. Nel 2020 l’economia mondiale potrebbe assistere alla prima recessione dal 2009 (-1,3% dopo un +2,5% nel 2019) e si prevede che 68 paesi entreranno in recessione quest’anno, contro solo 11 dell’anno scorso. Il volume del commercio internazionale subirà un crollo per il secondo anno consecutivo (il commercio mondiale subirà una contrazione del 4,3% in volume quest’anno, dopo -0,4% nel 2019), il rischio di credito delle imprese aumenterà rapidamente e Coface prevede che le insolvenze d’impresa subiranno un incremento del 25% a livello globale (rispetto al solo +2% previsto lo scorso gennaio). Potrebbe essere, in assoluto, l’aumento più forte dal 2009 (+29%), anche se l’attività economica ripartisse nel 3° trimestre e senza una nuova ondata di ritorno dell’epidemia nella seconda metà dell’anno. Questo trend colpirà gli Stati Uniti (+39%), e tutte le principali economie dell’Europa occidentale (+18%): Germania (+11%), Francia (+15%), Regno Unito (+33%), Italia (+18%) e Spagna (+22%). Lo shock potrebbe essere ancora più duro nelle economie emergenti. In aggiunta alla pandemia, che potrebbe essere più difficile da gestire, i paesi stanno affrontando il crollo dei prezzi del petrolio, così come i deflussi di capitali quadruplicati rispetto al livello del 2008. Infine, la pandemia potrebbe avere molteplici conseguenze politiche, la più ovvia è il peggioramento nel breve periodo delle tensioni geopolitiche già in atto.
Fonte: Coface
Nell’ultimo barometro trimestrale pubblicato a febbraio, Coface aveva previsto che i rischi principali del 2020 per l’economia mondiale sarebbero stati, paradossalmente, di natura non economica (compresi i rischi politici ed ambientali). Tre mesi più tardi, un’altra tipologia di rischio non economico sta portando l’economia globale alla recessione. In Cina, l’epidemia di COVID-19 ha colpito inizialmente in modo limitato le filiere, ma poi si è trasformata in una pandemia globale che sta costringendo più della metà della popolazione mondiale al contenimento in oltre 40 paesi. Per le imprese, le inattese misure adottate dai governi per contenere l’espansione del virus rappresentano un doppio shock – sia per l’offerta che per la domanda – e colpiscono un ampio numero di imprese. L’unicità di questa emergenza rende il confronto con quelle precedenti difficile, poiché quest’ultime hanno un’origine di tipo finanziario (le crisi del credito del 2008-2009, la grande depressione del 1929).
In tale contesto, la questione non riguarda più quali paesi e settori di attività risentiranno di questo shock, ma bensì quali di questi saranno risparmiati. Ad esempio, il settore farmaceutico e, in misura minore, l’industria agroalimentare sono tra quei settori che si salvano relativamente. Nel 2020 l’economia mondiale potrebbe assistere alla prima recessione dal 2009 (-1,3% dopo un +2,5% nel 2019) e si prevede che 68 paesi entreranno in recessione quest’anno, contro solo 11 dell’anno scorso. Il volume del commercio internazionale subirà un crollo per il secondo anno consecutivo (il commercio mondiale subirà una contrazione del 4,3% in volume quest’anno, dopo -0,4% nel 2019), il rischio di credito delle imprese aumenterà rapidamente e Coface prevede che le insolvenze d’impresa subiranno un incremento del 25% a livello globale (rispetto al solo +2% previsto lo scorso gennaio). Potrebbe essere, in assoluto, l’aumento più forte dal 2009 (+29%), anche se l’attività economica ripartisse nel 3° trimestre e senza una nuova ondata di ritorno dell’epidemia nella seconda metà dell’anno. Questo trend colpirà gli Stati Uniti (+39%), e tutte le principali economie dell’Europa occidentale (+18%): Germania (+11%), Francia (+15%), Regno Unito (+33%), Italia (+18%) e Spagna (+22%). Lo shock potrebbe essere ancora più duro nelle economie emergenti. In aggiunta alla pandemia, che potrebbe essere più difficile da gestire, i paesi stanno affrontando il crollo dei prezzi del petrolio, così come i deflussi di capitali quadruplicati rispetto al livello del 2008. Infine, la pandemia potrebbe avere molteplici conseguenze politiche, la più ovvia è il peggioramento nel breve periodo delle tensioni geopolitiche già in atto.
Fonte: Coface