Nel buio pesto dell’epidemia di coronavirus, gli Stati dell’eurozona, le aziende, le banche e i mercati che navigano a vista in balia delle onde anomale dei contagiati si aspettano di vedere una rotta segnata dal faro acceso della Bce. E la Banca centrale europea è pronta dalla riunione del Consiglio direttivo di domani a fare la sua parte, al fianco della politica fiscale europea, con il varo di un primo pacchetto di interventi, «mirati» come già indicato da Christine Lagarde, che verrà via via potenziato e modificato con l’evolversi della crisi. Una Bce che adotterà il metodo Lagarde, «rivoltare ogni pietra», non lasciare nulla di intentato.
Il taglio dei tassi tuttavia sembra, tra tutte e salvo colpi di scena, la misura meno probabile domani a causa dei suoi effetti collaterali, mentre nell’immediato risultano in pole position: interventi targeted, mirati, per migliorare il credito a banche e imprese, entrambe finite sotto stress per il virus; un rafforzamento del linguaggio della forward guidance; in un secondo momento, e forse non molto lontano, il potenziamento del QE già in corso. Resta nel cassetto come sempre pronto all’uso il noto bazooka delle OMT (acquisti sul mercato secondario di titoli di Stato di singoli Paesi in difficoltà) dovesse la situazione precipitare in specifici Stati membri dell’Eurozona, uno strumento tuttavia sempre e solo attivabile sotto condizionalità e dopo una richiesta di aiuto al Mes.
Fermo restando che il Consiglio direttivo ha l’ultima parola e che quindi tutto verrà definito e deciso nei dettagli domani e che la situazione è molto fluida e in continua evoluzione, la misura in prima linea sarebbe quella indirizzata a mantenere il più aperto possibile il rubinetto del credito alle imprese tramite le banche, in quanto queste ultime restano la principale cinghia di trasmissione della politica monetaria: questo avverrebbe con un ritocco dei prestiti mirati TLTRO III per renderli più accessibili e ancor più convenienti, oppure (ipotesi meno probabile perché di difficile stesura in tempi stretti) una nuova serie di prestiti mirati.
Resta da vedere se queste modifiche comporteranno un alleggerimento del tetto massimo dell’importo richiedibile dalle banche, oppure un ammorbidimento o cancellazione della soglia da raggiungere per ottenere le condizioni migliori pari ora al tasso dei depositi presso la Bce di -0,50%: possibile anche un allungamento della durata, ora fissata al marzo 2021. Improbabile, per contro, la creazione di linee di credito mirate alle Pmi, una categoria difficile da circoscrivere. La Bce pondererà la sua decisione sulle TLTRO III tenendo conto che il 22 giugno andranno rimborsati i rimanenti 222 miliardi della TLTRO II, con l’effetto indesiderato di una stretta al credito. Pesa anche il contesto di estrema incertezza, con la domanda di nuovo credito da parte di imprese e famiglie prevista in caloa causa del crollo di business e di fiducia causato dall’epidemia di coronavirus.
Un taglio dei tassi di ulteriori 10 centesimi, che può sembrare mini rispetto ai 50 della Federal Reserve ma che invece avrebbe un impatto forte e amplificato perchè si applicherebbe sull’attuale -0,50%, è un intervento atteso e scontato dal mercato (quasi fino a -0,20%) ma alcuni membri del Consiglio direttivo torneranno alla carica sugli effetti collaterali sugli istituti di credito. Le banche sono già finite nel buco nero del crollo delle Borse perchè sono esposte alle ripercussioni peggiori del coronavirus sull’economia, su domanda e offerta, e dunque, al rischio di recessione – anche se solo tecnica – e al potenziale aumento dei NPL per le difficoltà, più o meno temporanee, delle imprese grandi, medie e piccole nel settore manifatturiero (auto), nei servizi (turismo, alberghiero, trasporti), nell’export.
Le banche, che a differenza della crisi subprime non hanno contribuito alla crisi con titoli tossici o credito allegro, vanno protette ora come le imprese. Ma va escluso, secondo gli orientamenti prevalenti al momento alla vigilanza bancaria europea, un allentamento temporaneo dei requisiti prudenziali sugli NPL per il coronavirus: la montagna delle sofferenze bancarie nell’Eurozona è stata dimezzata in cinque anni, da 1000 a 500 miliardi circa, proprio per rafforzare le banche e prepararle ad attutire i colpi di una nuova crisi. La Bce può tendere una mano alle banche ampliando la portata del tiering (attenua l’impatto dei tassi negativi sulla liquidità in eccesso) e offrendo credito a condizioni sempre più stracciate. Ma la Bce non può acquistare bond bancari come fossero titoli di Stato: e nel caso in cui gli acquisti del QE fossero potenziati, sarà in primis aumentando i titoli di Stato e/o corporate bond. Spetta agli Stati aiutare banche e imprese: aumentando per esempio le garanzie pubbliche sui prestiti.
Fonte: Il Sole 24 Ore
Nel buio pesto dell’epidemia di coronavirus, gli Stati dell’eurozona, le aziende, le banche e i mercati che navigano a vista in balia delle onde anomale dei contagiati si aspettano di vedere una rotta segnata dal faro acceso della Bce. E la Banca centrale europea è pronta dalla riunione del Consiglio direttivo di domani a fare la sua parte, al fianco della politica fiscale europea, con il varo di un primo pacchetto di interventi, «mirati» come già indicato da Christine Lagarde, che verrà via via potenziato e modificato con l’evolversi della crisi. Una Bce che adotterà il metodo Lagarde, «rivoltare ogni pietra», non lasciare nulla di intentato.
Il taglio dei tassi tuttavia sembra, tra tutte e salvo colpi di scena, la misura meno probabile domani a causa dei suoi effetti collaterali, mentre nell’immediato risultano in pole position: interventi targeted, mirati, per migliorare il credito a banche e imprese, entrambe finite sotto stress per il virus; un rafforzamento del linguaggio della forward guidance; in un secondo momento, e forse non molto lontano, il potenziamento del QE già in corso. Resta nel cassetto come sempre pronto all’uso il noto bazooka delle OMT (acquisti sul mercato secondario di titoli di Stato di singoli Paesi in difficoltà) dovesse la situazione precipitare in specifici Stati membri dell’Eurozona, uno strumento tuttavia sempre e solo attivabile sotto condizionalità e dopo una richiesta di aiuto al Mes.
Fermo restando che il Consiglio direttivo ha l’ultima parola e che quindi tutto verrà definito e deciso nei dettagli domani e che la situazione è molto fluida e in continua evoluzione, la misura in prima linea sarebbe quella indirizzata a mantenere il più aperto possibile il rubinetto del credito alle imprese tramite le banche, in quanto queste ultime restano la principale cinghia di trasmissione della politica monetaria: questo avverrebbe con un ritocco dei prestiti mirati TLTRO III per renderli più accessibili e ancor più convenienti, oppure (ipotesi meno probabile perché di difficile stesura in tempi stretti) una nuova serie di prestiti mirati.
Resta da vedere se queste modifiche comporteranno un alleggerimento del tetto massimo dell’importo richiedibile dalle banche, oppure un ammorbidimento o cancellazione della soglia da raggiungere per ottenere le condizioni migliori pari ora al tasso dei depositi presso la Bce di -0,50%: possibile anche un allungamento della durata, ora fissata al marzo 2021. Improbabile, per contro, la creazione di linee di credito mirate alle Pmi, una categoria difficile da circoscrivere. La Bce pondererà la sua decisione sulle TLTRO III tenendo conto che il 22 giugno andranno rimborsati i rimanenti 222 miliardi della TLTRO II, con l’effetto indesiderato di una stretta al credito. Pesa anche il contesto di estrema incertezza, con la domanda di nuovo credito da parte di imprese e famiglie prevista in caloa causa del crollo di business e di fiducia causato dall’epidemia di coronavirus.
Un taglio dei tassi di ulteriori 10 centesimi, che può sembrare mini rispetto ai 50 della Federal Reserve ma che invece avrebbe un impatto forte e amplificato perchè si applicherebbe sull’attuale -0,50%, è un intervento atteso e scontato dal mercato (quasi fino a -0,20%) ma alcuni membri del Consiglio direttivo torneranno alla carica sugli effetti collaterali sugli istituti di credito. Le banche sono già finite nel buco nero del crollo delle Borse perchè sono esposte alle ripercussioni peggiori del coronavirus sull’economia, su domanda e offerta, e dunque, al rischio di recessione – anche se solo tecnica – e al potenziale aumento dei NPL per le difficoltà, più o meno temporanee, delle imprese grandi, medie e piccole nel settore manifatturiero (auto), nei servizi (turismo, alberghiero, trasporti), nell’export.
Le banche, che a differenza della crisi subprime non hanno contribuito alla crisi con titoli tossici o credito allegro, vanno protette ora come le imprese. Ma va escluso, secondo gli orientamenti prevalenti al momento alla vigilanza bancaria europea, un allentamento temporaneo dei requisiti prudenziali sugli NPL per il coronavirus: la montagna delle sofferenze bancarie nell’Eurozona è stata dimezzata in cinque anni, da 1000 a 500 miliardi circa, proprio per rafforzare le banche e prepararle ad attutire i colpi di una nuova crisi. La Bce può tendere una mano alle banche ampliando la portata del tiering (attenua l’impatto dei tassi negativi sulla liquidità in eccesso) e offrendo credito a condizioni sempre più stracciate. Ma la Bce non può acquistare bond bancari come fossero titoli di Stato: e nel caso in cui gli acquisti del QE fossero potenziati, sarà in primis aumentando i titoli di Stato e/o corporate bond. Spetta agli Stati aiutare banche e imprese: aumentando per esempio le garanzie pubbliche sui prestiti.
Fonte: Il Sole 24 Ore