L’offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo di concerto con Unipol, come prospettata, appare «ostile, non concordata, non coerente con i valori impliciti di Ubi e dunque inaccettabile». Questa la posizione espressa dai soci del patto Car, blocco di consultazione che aggrega circa il 18% del capitale dell’istituto che comprende al suo interno le fondazioni (Cuneo e Pavia), i soci bergamaschi e il nucleo storico degli azionisti bresciani.
Al termine della riunione iniziata alle 10 a Palazzo del Monte a Bergamo, i soci hanno rilevato di dover «tutelare il loro investimento e la banca con in suoi territori di riferimento» e sottolineato di essersi «impegnati in un progetto di medio e lungo periodo». I soci del patto hanno ricordato inoltre che «Ubi è una Banca sana, stabile, redditizia, ben gestita per competenze, risorse umane, competitiva e riconosciuta sul mercato di riferimento, realtà centrale per il sistema socio-economico del Paese». Il Car inoltre non esclude di poter aumentare la sua quota nella banca: «Non escludiamo nulla», ha detto Mario Cera, componente del comitato direttivo del patto.
Al Car aderiscono Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo che detiene il 5,91%, la Fondazione Banca del Monte di Lombardia con il 3,95% e cinque azionisti bergamaschi: la Polifin della famiglia Bosatelli 2,85%, la Next Investment Srl che fa capo alla famiglia Bombassei 1,005%, P4P Int e la famiglia Pilenga 1,005%, Radici Group e la famiglia Gianni Radici 1,044%, Scame Spa e la famiglia Andreoletti 1,011%. A questi si aggiunge la famiglia Gussalli Beretta di Brescia con l’1 per cento.
In occasione della presentazione dell’offerta Intesa Sanpaolo aveva espresso l’obiettivo di ottenere l’ok da almeno il 66,67% del capitale con la riserva, ora inevitabile, di portarla al 50 per cento.
La posizione degli azionisti storici è in netto contrasto con quanto auspicato dal numero uno di Intesa Sanpaolo Carlo Messina che, tornando a parlare dell’offerta a sorpresa lanciata nella serata di lunedì, aveva ribadito l’opinione che con questa operazione si possa «creare valore per gli azionisti di entrambi i gruppi».
Quanto al fatto che la mossa non fosse concordata Messina ha sostenuto che non fosse stato possibile «fare l’operazione diversamente». Il manager aveva anche ribadito che ci sono «zero probabilità di aumentare il prezzo di offerta».
Alla domanda se in caso di fallimento dell’offerta d’acquisto Intesa abbia un piano B Messina ha replicato: «Continueremo col piano a realizzare i nostri risultati. Sono comunque positivo su questa operazione». Il manager ha poi aggiunto che «Non ci sono discussioni con i singoli investitori».
«È impossibile per una banca come la nostra, che è una delle banche più forti in Europa, fare una transazione senza alcuna implicazione positiva da parte del Supervisore (la Bce ndr.)» ha detto il ceo di Intesa Sanpaolo secondo cui l’operazione è anzi in linea con le aspettative della Bce che da tempo invoca un consolidamento del settore. «Secondo il mio punto di vista – ha dichiarato il manager – in Europa dobbiamo creare dei campioni che competano con i gruppi basati in Usa e Cina e la nostra è la prima mossa in Europa per creare un campione più forte ma, secondo me, altre operazioni seguiranno nei prossimi mesi».
Dell’affare ha parlato anche il presidente di Mediolanum Ennio Doris che si è espresso positivamente: «È sicuramente un’operazione auspicabile che fa molto bene ai due istituti e al mercato nel suo insieme» sottolineando che «genera fiducia perché non c’è la solita operazione di qualcuno che doveva essere salvato e arriva il cavaliere bianco, ma sono due aziende che andavano molto bene e che unendosi faranno meglio ancora in termini di crazione di valore per gli azionisti per tutti gli stakeholder come vengono definiti, dipendenti e clienti quindi è
una bella operazione che il mercato sta premiando».
Implicazioni positive intanto iniziano ad esserci sul merito di credito della banca come dimostra la decisione di S&P Global Ratings di porre il rating di Ubi Banca in “creditwatch positivo” a seguito dell’offerta. Nella nota, l’agenzia di rating indica che potrebbe alzare i rating di Ubi di un livello qualora l’operazione di fusione di Ubi in Intesa Sanpaolo avrà successo. Attualmente S&P valuta il rating a lungo termine di Ubi Banca BBB- e quello a breve A-3. «Dati i termini e le condizioni proposte – si legge nella nota – ci attendiamo che la transazione rafforzerà il posizionamento competitivo di Intesa e che i rischi di integrazione saranno limitati. Nel complesso l’operazione dovrebbe essere neutra per la base patrimoniale futura della banca e per la qualità degli asset. Pertanto confermiamo i nostri rating su e sulle sue controllate, incluso il rating a lungo termine di BBB e quello a breve di A-2. L’outlook negativo riflette primariamente quello sul rating sovrano dell’Italia».
Fonte: Il Sole 24 Ore
L’offerta pubblica di scambio di Intesa Sanpaolo di concerto con Unipol, come prospettata, appare «ostile, non concordata, non coerente con i valori impliciti di Ubi e dunque inaccettabile». Questa la posizione espressa dai soci del patto Car, blocco di consultazione che aggrega circa il 18% del capitale dell’istituto che comprende al suo interno le fondazioni (Cuneo e Pavia), i soci bergamaschi e il nucleo storico degli azionisti bresciani.
Al termine della riunione iniziata alle 10 a Palazzo del Monte a Bergamo, i soci hanno rilevato di dover «tutelare il loro investimento e la banca con in suoi territori di riferimento» e sottolineato di essersi «impegnati in un progetto di medio e lungo periodo». I soci del patto hanno ricordato inoltre che «Ubi è una Banca sana, stabile, redditizia, ben gestita per competenze, risorse umane, competitiva e riconosciuta sul mercato di riferimento, realtà centrale per il sistema socio-economico del Paese». Il Car inoltre non esclude di poter aumentare la sua quota nella banca: «Non escludiamo nulla», ha detto Mario Cera, componente del comitato direttivo del patto.
Al Car aderiscono Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo che detiene il 5,91%, la Fondazione Banca del Monte di Lombardia con il 3,95% e cinque azionisti bergamaschi: la Polifin della famiglia Bosatelli 2,85%, la Next Investment Srl che fa capo alla famiglia Bombassei 1,005%, P4P Int e la famiglia Pilenga 1,005%, Radici Group e la famiglia Gianni Radici 1,044%, Scame Spa e la famiglia Andreoletti 1,011%. A questi si aggiunge la famiglia Gussalli Beretta di Brescia con l’1 per cento.
In occasione della presentazione dell’offerta Intesa Sanpaolo aveva espresso l’obiettivo di ottenere l’ok da almeno il 66,67% del capitale con la riserva, ora inevitabile, di portarla al 50 per cento.
La posizione degli azionisti storici è in netto contrasto con quanto auspicato dal numero uno di Intesa Sanpaolo Carlo Messina che, tornando a parlare dell’offerta a sorpresa lanciata nella serata di lunedì, aveva ribadito l’opinione che con questa operazione si possa «creare valore per gli azionisti di entrambi i gruppi».
Quanto al fatto che la mossa non fosse concordata Messina ha sostenuto che non fosse stato possibile «fare l’operazione diversamente». Il manager aveva anche ribadito che ci sono «zero probabilità di aumentare il prezzo di offerta».
Alla domanda se in caso di fallimento dell’offerta d’acquisto Intesa abbia un piano B Messina ha replicato: «Continueremo col piano a realizzare i nostri risultati. Sono comunque positivo su questa operazione». Il manager ha poi aggiunto che «Non ci sono discussioni con i singoli investitori».
«È impossibile per una banca come la nostra, che è una delle banche più forti in Europa, fare una transazione senza alcuna implicazione positiva da parte del Supervisore (la Bce ndr.)» ha detto il ceo di Intesa Sanpaolo secondo cui l’operazione è anzi in linea con le aspettative della Bce che da tempo invoca un consolidamento del settore. «Secondo il mio punto di vista – ha dichiarato il manager – in Europa dobbiamo creare dei campioni che competano con i gruppi basati in Usa e Cina e la nostra è la prima mossa in Europa per creare un campione più forte ma, secondo me, altre operazioni seguiranno nei prossimi mesi».
Dell’affare ha parlato anche il presidente di Mediolanum Ennio Doris che si è espresso positivamente: «È sicuramente un’operazione auspicabile che fa molto bene ai due istituti e al mercato nel suo insieme» sottolineando che «genera fiducia perché non c’è la solita operazione di qualcuno che doveva essere salvato e arriva il cavaliere bianco, ma sono due aziende che andavano molto bene e che unendosi faranno meglio ancora in termini di crazione di valore per gli azionisti per tutti gli stakeholder come vengono definiti, dipendenti e clienti quindi è
una bella operazione che il mercato sta premiando».
Implicazioni positive intanto iniziano ad esserci sul merito di credito della banca come dimostra la decisione di S&P Global Ratings di porre il rating di Ubi Banca in “creditwatch positivo” a seguito dell’offerta. Nella nota, l’agenzia di rating indica che potrebbe alzare i rating di Ubi di un livello qualora l’operazione di fusione di Ubi in Intesa Sanpaolo avrà successo. Attualmente S&P valuta il rating a lungo termine di Ubi Banca BBB- e quello a breve A-3. «Dati i termini e le condizioni proposte – si legge nella nota – ci attendiamo che la transazione rafforzerà il posizionamento competitivo di Intesa e che i rischi di integrazione saranno limitati. Nel complesso l’operazione dovrebbe essere neutra per la base patrimoniale futura della banca e per la qualità degli asset. Pertanto confermiamo i nostri rating su e sulle sue controllate, incluso il rating a lungo termine di BBB e quello a breve di A-2. L’outlook negativo riflette primariamente quello sul rating sovrano dell’Italia».
Fonte: Il Sole 24 Ore