L’acronimo – Rofieg – non è dei più friendly e l’analisi parte da elementi negativi – gli ostacoli all’innovazione finanziaria da rimuovere -, ma l’obiettivo della Commissione europea è quello di delineare un quadro regolamentare che sappia coniugare lo sviluppo e le opportunità dell’innovazione in ambito finanziario, basata prevalentemente sulle tecnologie, con la tutela degli investitori e la prevenzione dai rischi per la stabilità dei mercati. Il gruppo di esperti ha messo a punto a dicembre “Le 30 raccomandazioni di regolamentazione, innovazione e finanza”, che ora sono oggetto di una discussione pubblica che toccherà tutti i paesi euroepi. La prima tappa si è svolta ieri a Milano, all’Università Cattolica, in un appuntamento che ha visto la partecipoazione di oltre 150 persone tra rappresentanti delle authority, operatori tradizionali e fintech. Sono stati Philipp Paeche, presidente del gruppo di esperti, e Antonella Sciarrone Alibrandi, rappresentante italiana, a delineare la filosofia del lavoro svolto, sottolineando l’assoluta rilevanza del tema per la competitività dell’Europa intera di fronte a soggetti come Stati Uniti e Cina, che stanno investendo in maniera massiccia nel comparto. In questa logica è auspicabile l’armonizzazione delle normative a livello continentale in modo da evitare regole diversificate e ridondanti e una competizione interna agli stessi membri dell’Unione europea. Senza per questo introdurre nuove regole in uno scenario già piuttosto pesante dal punto di vista normativo. «Aumentare l’efficienza mediante l’innovazione tecnologica può mettere a rischio sicurezza e tutela e, al contrario, un alto livello di protezione implica un aumento dei costi di compliance», sintetizza il rapporto finale. Per questo le conclusioni adottano un approccio di neutralità rispetto alle tecnologie e ai singoli servizi e prodotti, privilegiando regole trasversali ai diversi settori.
Ne è un esempio il tema legato all’arenan competitiva, laddove si confrontano soggetti tradizionali, fortemente regolati, e attori innovativi, con obblighi più leggeri: «Per livellare la situazione la nostra proposta punta all’adozione di regole che garantiscano una parità di condizioni sulla base della funzionalità dei rischi, norme centrate sulle funzioni svolte più che sui soggetti», sintetizza Sciarrone Alibrandi, docente di Diritto dell’economia alla Cattolica di Milano. Un’altra criticità individuata è quella legata alla regolamentazione di tecnologie innovative come l’inteligenza artificiale, che arriva a prendere decisioni sull’affidabilità creditizia dei soggetti o sugli investimenti in base a criteri non verificati e non verificabili.
Come anche grosse incognite si aprono attorno alla questione, in parte connessa, della gestione dei dati, che implica la necessità di ripensare la distinzione tra dati personali e non personali, connettendoli alle opportunità e ai rischi offerti dal fintech, anche alla luce dell’introduzione di Psd2: «L’obiettivo deve essere quello di una protezione sostanziale e non solo formale dei dati – sottolinea la rappresentante italiana -: in un mondo di grande aggregazione di dati dobbiamo garantire la qualità dei dati stessi attraverso una trasparenza e un controllo effettivi». In questo ambito «la maggiore sensibilità etica degli europei rispetto alle nuove tecnologie può davvero diventare un valore competitivo, se riesce a non trasformarsi in un sistema pesante di regole», conclude Sciarrone Alibrandi.
Ora la palla è in mano a Bruxelles. Il rapporto è stato consegnato alla DG Fisma della Commissione a dicembre, ora sarà sottoposta a una sorta di consultazione pubblica nei diversi Paesi Ue e a metà giugno ci sarà una plenaria con il vicepresidente Valdis Dombrovskis per raccogliere le osservazioni. Per metà giugno 2020 dovrebbe essere messo a punto il nuovo sistema di regole per il fintech.
Fonte: Il Corriere della Sera
L’acronimo – Rofieg – non è dei più friendly e l’analisi parte da elementi negativi – gli ostacoli all’innovazione finanziaria da rimuovere -, ma l’obiettivo della Commissione europea è quello di delineare un quadro regolamentare che sappia coniugare lo sviluppo e le opportunità dell’innovazione in ambito finanziario, basata prevalentemente sulle tecnologie, con la tutela degli investitori e la prevenzione dai rischi per la stabilità dei mercati. Il gruppo di esperti ha messo a punto a dicembre “Le 30 raccomandazioni di regolamentazione, innovazione e finanza”, che ora sono oggetto di una discussione pubblica che toccherà tutti i paesi euroepi. La prima tappa si è svolta ieri a Milano, all’Università Cattolica, in un appuntamento che ha visto la partecipoazione di oltre 150 persone tra rappresentanti delle authority, operatori tradizionali e fintech. Sono stati Philipp Paeche, presidente del gruppo di esperti, e Antonella Sciarrone Alibrandi, rappresentante italiana, a delineare la filosofia del lavoro svolto, sottolineando l’assoluta rilevanza del tema per la competitività dell’Europa intera di fronte a soggetti come Stati Uniti e Cina, che stanno investendo in maniera massiccia nel comparto. In questa logica è auspicabile l’armonizzazione delle normative a livello continentale in modo da evitare regole diversificate e ridondanti e una competizione interna agli stessi membri dell’Unione europea. Senza per questo introdurre nuove regole in uno scenario già piuttosto pesante dal punto di vista normativo. «Aumentare l’efficienza mediante l’innovazione tecnologica può mettere a rischio sicurezza e tutela e, al contrario, un alto livello di protezione implica un aumento dei costi di compliance», sintetizza il rapporto finale. Per questo le conclusioni adottano un approccio di neutralità rispetto alle tecnologie e ai singoli servizi e prodotti, privilegiando regole trasversali ai diversi settori.
Ne è un esempio il tema legato all’arenan competitiva, laddove si confrontano soggetti tradizionali, fortemente regolati, e attori innovativi, con obblighi più leggeri: «Per livellare la situazione la nostra proposta punta all’adozione di regole che garantiscano una parità di condizioni sulla base della funzionalità dei rischi, norme centrate sulle funzioni svolte più che sui soggetti», sintetizza Sciarrone Alibrandi, docente di Diritto dell’economia alla Cattolica di Milano. Un’altra criticità individuata è quella legata alla regolamentazione di tecnologie innovative come l’inteligenza artificiale, che arriva a prendere decisioni sull’affidabilità creditizia dei soggetti o sugli investimenti in base a criteri non verificati e non verificabili.
Come anche grosse incognite si aprono attorno alla questione, in parte connessa, della gestione dei dati, che implica la necessità di ripensare la distinzione tra dati personali e non personali, connettendoli alle opportunità e ai rischi offerti dal fintech, anche alla luce dell’introduzione di Psd2: «L’obiettivo deve essere quello di una protezione sostanziale e non solo formale dei dati – sottolinea la rappresentante italiana -: in un mondo di grande aggregazione di dati dobbiamo garantire la qualità dei dati stessi attraverso una trasparenza e un controllo effettivi». In questo ambito «la maggiore sensibilità etica degli europei rispetto alle nuove tecnologie può davvero diventare un valore competitivo, se riesce a non trasformarsi in un sistema pesante di regole», conclude Sciarrone Alibrandi.
Ora la palla è in mano a Bruxelles. Il rapporto è stato consegnato alla DG Fisma della Commissione a dicembre, ora sarà sottoposta a una sorta di consultazione pubblica nei diversi Paesi Ue e a metà giugno ci sarà una plenaria con il vicepresidente Valdis Dombrovskis per raccogliere le osservazioni. Per metà giugno 2020 dovrebbe essere messo a punto il nuovo sistema di regole per il fintech.
Fonte: Il Corriere della Sera