NPL e crediti deteriorati

Procura Notarile Conferita a Servicer per la Gestione dei “Crediti Anomali” è Valida?

La Corte di Cassazione Sezione VI Civile, con ordinanza del 07 Novembre 2019, N. 28803 ha rigettato il ricorso proposto dalla UNICREDIT SPA, DOBANK SPA (in qualità di mandataria di FINO 2 SECURISATION SRL) contro una curatela fallimentare, avverso l’Ordinanza del Tribunale di Napoli che aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo, per un credito derivante da mutuo fondiario.

«Carattere assorbente» – ha rilevato il provvedimento impugnato – «rivestono le riserve già avanzate dal Collegio durante la trattazione in ordine alla legittimazione ad agire in giudizio di doBank s.p.a., relativamente all’oggetto» della procura notarile rilasciata da Unicredit s.p.a., per cui la stessa risulta rilasciata «per la gestione, anche stragiudiziale, dei propri crediti e delle proprie cause passive connesse a posizioni per cui sussistono tali crediti anomali …». Constatato che questo tipo di clausola attribuisce un «potere di rappresentanza sostanziale, oltreché processuale, in capo al procuratore», il Tribunale ha poi osservato che «il concetto di credito anomalo, e con esso l’oggetto della procura rilasciata all’odierno ricorrente, si appalesa affatto evanescente» e perciò non rispettoso del principio di «determinatezza/determinabilità posto a pena di nullità dei negozi giuridici in virtù del combinato disposto degli artt. 1418, 1346, 1324 cod. civ.». 3.- Non può del resto condividersi – ha precisato il giudice – l’affermazione di doBank per cui il «concetto di credito anomalo» si sovrapporrebbe a quello di «credito in default, quest’ultimo comprensivo di sofferenze, incagli, crediti ristrutturati e crediti scaduti o sconfinati». Tale sovrapposizione è stata ricavata dall’opponente dalla combinazione di due atti della Banca d’Italia (la circolare 263/2006, attuativa dell’accordo di Basilea 2, per la nozione di default; una nota del giugno 2.005, contenente istruzioni per la «Nuova rilevazione dei crediti anomali vigente da giugno 2005: gli adeguamenti puma2», per il richiamo al credito anomalo): «orbene, non è chi non veda» – ha così notato il Tribunale – «l’estrema labilità della connessione logica che si pretende di porre alla base della determinazione dell’oggetto della procura».

In altri termini, l’opposizione allo stato passivo proposta dal Servicer avverso il decreto del Giudice Delegato che aveva rigettato l’istanza di ammissione al passivo era stata rigettata per il difetto di formulazione della procura notarile conferita da Unicredit S.p.A. a DO BANK S.p.A..

La Corte di Cassazione, a sua volta, ha rigettato il ricorso, statuendo quanto segue:

1°: in ordine alla genericità dell’oggetto della procura notarile, l’assunto del ricorrente per cui la formula «credito anomalo» si scioglie in quella di «categoria di crediti aventi un andamento irregolare (appunto anomalo) rispetto alle pattuizioni contenute nei contratti o nelle convenzioni stipulate tra la banca e il cliente» non viene a delimitare in modo idoneo l’oggetto della procura; pure infondata è l’ulteriore censura con la quale si invocava come la «Banca d’Italia, attraverso una serie di circolari e atti normativi che hanno recepito gli accordi internazionali, ha definito quali crediti “anomali”, sinonimo di crediti in “default”, le sofferenze, gli incagli, i crediti ristrutturati e i crediti scaduti o sconfinanti». Invero, la Corte di Cassazione ha osservato che gli atti della Banca d’Italia non possono derogare oppure introdurre deviazioni rispetto al principio di diritto comune della determinatezza dell’oggetto dei contratti e dei negozi unilaterali. Per quanto generali (alle imprese bancarie e alla loro attività di impresa) possano nel caso essere, gli atti della Vigilanza, infatti, debbono comunque rispettare le norme di legge (costituzionale e ordinaria), essendo alle stesse soggetti. Nel caso di specie, peraltro, gli atti della Banca d’Italia richiamati dal ricorrente costituivano disposizioni rivolte unicamente alle banche e all’organizzazione delle loro imprese (a livelli di amministrazione, di esecuzione e di compliance): senz’alcun riflesso sul piano negoziale.

2°: la Corte ha, poi, affermato che: “La dichiarazione di Unicredit di «far proprio» l’operato di doBank, poi, introduce una questione nuova, nel senso prima di ogni altra cosa di questione non proposta all’attenzione del Tribunale” aggiungendo “che in precedenza, sin dall’aprile 2017 cioè, la stessa Unicredit ha ceduto il «credito oggetto della causa» a Fino 2 Securitisation: sì che la detta dichiarazione di «far proprio» l’operato di doBank si manifesta, comunque, nell’intrinseco inefficace”.

§§§

In tal modo la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile, in quanto nuova, la ratifica operata da Unicredit, la quale aveva proposto anch’essa ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, facendo proprio l’operato di DO BANK e ciò all’evidente fine di “sanare” il rilievo di nullità della procura notarile di affidamento in gestione dei crediti anomali (ed aggiungendo un’ulteriore motivazione, sulla quale torneremo).

E’ evidente, quindi, come sia essenziale prestare particolare attenzione nell’individuare, nelle procure notarili, tutti gli elementi atti ad individuare, in concreto, i crediti affidati in gestione al Servicer.

Due considerazioni, però nel caso concreto, vanno effettuate.

Nel merito, in ordine alla nullità, per genericità dell’oggetto, della procura notarile rilasciata <<per la gestione, anche stragiudiziale, dei propri crediti e delle proprie cause passive connesse a posizioni per cui sussistono tali crediti anomali…>>, la Corte di Cassazione ha rilevato che le circolari della Banca d’Italia, invocate dalle ricorrenti, costituiscono disposizioni rivolte unicamente alle banche e all’organizzazione delle loro imprese e non incidono, invece, sul piano negoziale.
Sul punto, aggiungo come – più in generale – le circolari non costituiscano fonte di diritti e obblighi, come ribadito, in materia tributaria, dalla Corte di Cassazione, con Ordinanza 11 LUGLIO 2019, N. 18618.

II°

Piuttosto – e questa è la seconda e più importante considerazione – l’esito della sentenza in esame, a ben vedere, avrebbe potuto essere diverso.
Invero, anche se, il Tribunale prima e la Corte di Cassazione poi, hanno basato i provvedimenti di rigetto dichiarando il difetto della procura sostanziale per sua genericità e richiamando i summenzionati articoli del codice civile, la Corte di Cassazione – piuttosto che dichiarare inammissibile perchè nuova la ratifica operata da Unicredit, dinanzi alla Corte di Cassazione, dell’operato di DO BANK – avrebbe potuto applicare la sanatoria di cui all’art. 182, 2° comma, codice procedura civile.
Invero, Cassazione civile, sez. VI 18/06/2018 n. 15933 aveva affermato che: La previsione secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’art. 46, comma 2, legge n. 69/2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalla causa del predetto difetto.

Tale sentenza, in motivazione, così ha statuito:

“ … Ed, invero, anche prima dell’intervento delle Sezioni Unite, al quale si richiama in ricorso la società, si era sostenuto che (cfr. ex multis Cass. n. 23670/2008) il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisce in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio con efficacia retroattiva, con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del “falsus procurator”. …”.

Ed, ancora:

“ … I principi affermati nel 2010 hanno poi ricevuto ulteriore conferma da parte delle Sezioni Unite con la sentenza n. 4248/2016, che, nell’affrontare il dibattuto tema della possibilità di un giudicato implicito sulle questioni processuali, hanno ritenuto di limitare tale possibilità al solo rilievo della giurisdizione, escludendo che invece sulle altre questioni ritenute “vitali”, tra le quali deve farsi rientrare anche quella della rappresentanza della parte, possa formarsi il giudicato in assenza di un’esplicita decisione da parte del giudice dei gradi precedenti. Per l’effetto, hanno affermato che il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie …”.

In altri termini, poiché il Tribunale – Giudice che aveva rilevato tale difetto della procura notarile – avrebbe dovuto promuovere la sanatoria del difetto di rappresentanza, tale vizio del provvedimento impugnato, avrebbe dovuto essere accolto il terzo motivo di ricorso per cassazione, ove leggesi che «con la presente costituzione», Unicredit viene a «reiterare e far proprio l’operato della mandataria doBank».

In altri termini, l’applicazione dell’art. 182 codice di procedura civile (e cioè della norma che impone la sanatoria del difetto di rappresentanza), avrebbe consentito la sanatoria di tale difetto di procura notarile.

E ciò con effetto retroattivo: invero, altro passo della motivazione della suindicata sentenza n. 15933/2018 afferma espressamente che il termine assegnato alla parte per la sanatoria spiega effetti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali.

***

Invero – che l’art. 182 cod. proc. civ. consenta la regolarizzazione anche di vizi relativi alla c. d. “legitimatio ad causam” – costituisce principio che era stato già riconosciuto anche da Cassazione civile, sez. VI, 17/06/2014, n. 13711.
Era accaduto che alcuni soggetti avevano proposto una domanda basata sulla c. d. Legge Pinto, lamentando l’eccessiva lunghezza di un processo civile instaurato dal loro dante causa ed invocando la loro qualità di eredi del de cuius.
La domanda era stata rigettata, in quanto i ricorrenti non avevano prodotto idonea documentazione attestante la data del decesso del de cuius, il grado di parentela con quest’ultimo e la dedotta qualità di eredi di lui.
La Corte di Cassazione ha cassato tale provvedimento, affermando i seguenti principi:

“ .. Nel contesto, dunque, delle attività che in limine litis il giudice è chiamato a porre in essere affinchè il processo possa svolgersi correttamente e incanalarsi verso una decisione di merito idonea a produrre gli effetti di giudicato domandati, l’art. 182 cpv. c.p.c. deve ritenersi applicabile per via analogica all’ipotesi in cui la parte, nel costituirsi, abbia mancato di fornire la prova della legitimatio ad causam, prospettata in maniera coerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.

2.1. – Nel caso in esame, a tale applicazione analogica dell’art. 182 cpv. c.p.c., che nel nuovo testo (risultante dalla modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2 e in vigore dal 4.7.2009) impone al giudice di concedere un termine per regolarizzare la costituzione in giudizio, non osta il fatto che la medesima prova della legittimazione attiva dei ricorrenti fosse, altresì, necessaria per determinare la durata eccedente del giudizio presupposto, nei limiti del diritto all’equa riparazione esercitato dai ricorrenti iure successionis. L’un aspetto non prevarica l’altro, essendo il certificato di morte null’altro che un mezzo comune a due distinti temi di prova, l’uno inerente alla legittimazione alla causa, l’altro riguardante il merito della domanda e la sua fondatezza. ..”.

Evidente, quindi, il parallelismo tra l’ipotesi appena esaminata (nella quale il credito si era trasferito per successione a titolo universale) e quella della sentenza in commento (nella quale il credito era stato ceduto per atto tra vivi): trattasi, infatti, di casi nei quali era in discussione la legittimazione del soggetto che invocava la sua qualità di cessionario del credito.

Ed, in precedenza, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, aveva confermato che la ratifica di cui all’art. 182 c.p.c. può avere carattere sostanziale e non solo processuale, come risulta dalla relativa massima:

L’amministratore del condominio, nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre, non è legittimato a resistere in giudizio per il condominio, o ad impugnare la sentenza a questo sfavorevole, senza previa autorizzazione a tanto dell’assemblea dei condomini, fermo restando peraltro che, qualora egli si sia costituito in giudizio o abbia proposto l’impugnazione senza la detta autorizzazione, il suo operato può essere ratificato dall’assemblea (eventualmente anche in seguito all’assegnazione da parte del giudice di un termine a tal fine, ai sensi dell’art. 182 c.p.c.), derivandone, in mancanza, la inammissibilità della sua costituzione in giudizio o della sua impugnazione ….

Cassazione civile, sez. un., 06/08/2010, n. 18331.

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Ne deriva come l’affermazione della Cassazione, a tenore della quale: “La dichiarazione di Unicredit di «far proprio» l’operato di doBank, poi, introduce una questione nuova, nel senso prima di ogni altra cosa di questione non proposta all’attenzione del Tribunale” (ed in mancanza di altri riferimenti a quanto avvenuto nel pregresso grado di giudizio) pare non tenere conto di tali principi giurisprudenziali.

Ed a parte la circostanza che l’ulteriore affermazione, a tenore della quale “che in precedenza, sin dall’aprile 2017 cioè, la stessa Unicredit ha ceduto il «credito oggetto della causa» a Fino 2 Securitisation: sì che la detta dichiarazione di «far proprio» l’operato di doBank si manifesta, comunque, nell’intrinseco inefficace”, non tiene conto che DOBANK SPA agiva in qualità di mandataria di FINO 2 SECURISATION SRL, come risulta dall’Ordinanza.

In ultimo, se è pur vero che non risultava invocata espressamente la violazione del suindicato art. 182 c.p.c., va comunque rilevato che la Cassazione civile, sez. III, con sentenza del 30/11/2005, n. 26091, ha statuito che: L’indicazione delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell’impugnazione. Pertanto la mancata indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del gravame, qualora gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme e i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione delle questioni sollevate. …

Ne deriva come la Corte di Cassazione avrebbe dovuto fare applicazione del suindicato art. 182 c.p.c..

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Per completezza, rilevo come, in via speculare, anche la Cassazione Penale abbia affermato i medesimi principi qui richiamati, con riferimento ad istanza di ammissione al credito (ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 199, nell’ambito del procedimento di prevenzione a seguito del quale era stato confiscato l’immobile), presentata da cessionario di credito bancario: invero, in tale fattispecie, la Corte – richiamando altresì il suindicato art. 182, secondo comma, cod. proc. civ. – ha affermato il seguente principio di diritto: “ove un creditore nel proporre domanda di ammissione al credito nel procedimento di prevenzione, alleghi, a dimostrazione della propria legittimazione, la procura speciale, indicando altresì, in modo specifico ed analitico, i dati sulla base dei quali egli affermi di essere cessionario di rapporti giuridici in blocco D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 58, deve ritenersi assolto l’onere sia in ordine alla legittimazione attiva che alla titolarità del credito del quale ha chiesto l’ammissione. Ove il giudice ritenga, peraltro, la suddetta documentazione insufficiente, previa attivazione del contraddittorio, può, alternativamente, o assumere direttamente informazioni, o chiedere ulteriori precisazioni e documentazione all’istante”.