«Sussitono significative incertezze in merito alla prospettiva di continuità aziendale della banca Carige». E se, dopo l’investimento di piccoli azionisti in azioni e warrant «il presupposto delle continuità aziendale venisse meno, il valore di azioni e warrant sarebbe azzerato, incorrendo così l’investitore nella perdita totale del capitale investito».
Recita così il comunicato che la Consob ha imposto alla banca genovese di pari passo con il via libera all’aumento di capitale da 700 milioni di euro che presumibilmente parte oggi. E ancora: «Sussiste inoltre un alto rischio che le azioni della banca non siano riammesse alla negoziazioni. Pertanto sussiste un rischio illiquidità delle azioni di banca Carige».
Slitta la vendita dei crediti Messina, Leasing e High Risk
Nella nota si fa presente che la banca ha chiuso i primi 9 mesi del 2019 con una perdita di 428,5 milioni e che a seguito della cessione dei crediti deteriorati (che fa parte del piano di rafforzamento patrimoniale) «saranno registrate ulteriori svalutazioni su crediti». Sull’ultimo trimestre del 2019, infine, peseranno gli oneri di riduzione del personale, per cui alla fine Carige chiuderà l’anno con una perdita di 783 milioni. Altro aspetto significativo che emerge dal comunicato è lo slittamento di una parte della cessione dei crediti problematici, che in tutto doveva riguardare circa 3,1 miliardi di asset. Si spiega che gli impegni di sottoscrizione dell’aumento sottoscritti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi e da Cassa centrale banca «sono sospensivamente condizionati alla stipula di un accordo di servicing tra Amco spa e Credito Fondiario e all’esecuzione della cessione ad Amco dei crediti oggetto del progetto Hydra (esclusa Cessione Messina e Cessione Leasing) a controparti terze rispetto all’accordo quadro». Questa indicazione e l’importo di 2,8 miliardi indicato come incasso stimato dalle cessione modifica quanto fin qui noto sulla vendita degli Npe: in origine una parte del credito di 500 milioni verso Messina (relativo a navi) doveva essere in parte ceduto ad Amco e il resto restare in Carige. La nota riferisce, invece, dello “slittamento temporale delle operazioni Hydra relative a Messina e portafoglio Leasing e High Risk”. Per questo motivo alla “data del prospetto “non sono valide le previsioni inerenti i ratio patrimoniali 2019” pur essendo “previsto il rispetto dei ratio minimi regolamentari a fine 2019”.
Gli azionisti risparmio impugnano la delibera dell’aumento
L’operazione di rafforzamento patrimoniale, composta da aumento da 700 milioni, bond da 200 milioni e dalla cessione dei crediti, «costituisce condizione necessaria ai fini della prospettiva della continuità aziendale del gruppo Carige, ma non sufficiente», anche perché a questo scopo «è necessario che le azioni del piano strategico 2019-2023 siano realizzate secondo i termini e le misure ivi indicate». Si ricorda, inoltre, che una volta cessata la gestione commissariale sarà nominato un nuovo cda e un nuovo management che potrebbero rivedere quel piano. Tra gli aspetti in grado di incidere sulla continuità aziende c’è anche l’impugnativa della delibera assembleare che deliberò l’aumento di capitale lo scorso 20 settembre da parte del rappresentante degli azionisti di risparmio, notificata lo scorso 2 dicembre alla banca.
Carige non torna in Borsa con il flottante sotto al 10%
Nella nota si conferma quanto già anticipato da Il Sole 24 Ore e cioè che «le azioni della banca non saranno riammesse a negoziazione laddove il flottante dovesse risultare inferiore al 10%; soglia definita da Borsa Italiana necessaria ai fini della riammissione alle negoziazioni. Pertanto sussiste un rischio di illiquidità delle azioni di Carige». Alla banca viene infine chiesto di riaffermare quanto già emerso nei giorni scorsi e cioè che la semestrale 2018, nella quale non erano stati classificati come deteriorati e svalutati, circa 200 milioni di crediti, nei fatti non è stata redatta in conformità con i principi contabili di riferimento.
Autore: Laura Serafini
Fonte: Il Sole 24 Ore
«Sussitono significative incertezze in merito alla prospettiva di continuità aziendale della banca Carige». E se, dopo l’investimento di piccoli azionisti in azioni e warrant «il presupposto delle continuità aziendale venisse meno, il valore di azioni e warrant sarebbe azzerato, incorrendo così l’investitore nella perdita totale del capitale investito».
Recita così il comunicato che la Consob ha imposto alla banca genovese di pari passo con il via libera all’aumento di capitale da 700 milioni di euro che presumibilmente parte oggi. E ancora: «Sussiste inoltre un alto rischio che le azioni della banca non siano riammesse alla negoziazioni. Pertanto sussiste un rischio illiquidità delle azioni di banca Carige».
Slitta la vendita dei crediti Messina, Leasing e High Risk
Nella nota si fa presente che la banca ha chiuso i primi 9 mesi del 2019 con una perdita di 428,5 milioni e che a seguito della cessione dei crediti deteriorati (che fa parte del piano di rafforzamento patrimoniale) «saranno registrate ulteriori svalutazioni su crediti». Sull’ultimo trimestre del 2019, infine, peseranno gli oneri di riduzione del personale, per cui alla fine Carige chiuderà l’anno con una perdita di 783 milioni. Altro aspetto significativo che emerge dal comunicato è lo slittamento di una parte della cessione dei crediti problematici, che in tutto doveva riguardare circa 3,1 miliardi di asset. Si spiega che gli impegni di sottoscrizione dell’aumento sottoscritti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi e da Cassa centrale banca «sono sospensivamente condizionati alla stipula di un accordo di servicing tra Amco spa e Credito Fondiario e all’esecuzione della cessione ad Amco dei crediti oggetto del progetto Hydra (esclusa Cessione Messina e Cessione Leasing) a controparti terze rispetto all’accordo quadro». Questa indicazione e l’importo di 2,8 miliardi indicato come incasso stimato dalle cessione modifica quanto fin qui noto sulla vendita degli Npe: in origine una parte del credito di 500 milioni verso Messina (relativo a navi) doveva essere in parte ceduto ad Amco e il resto restare in Carige. La nota riferisce, invece, dello “slittamento temporale delle operazioni Hydra relative a Messina e portafoglio Leasing e High Risk”. Per questo motivo alla “data del prospetto “non sono valide le previsioni inerenti i ratio patrimoniali 2019” pur essendo “previsto il rispetto dei ratio minimi regolamentari a fine 2019”.
Gli azionisti risparmio impugnano la delibera dell’aumento
L’operazione di rafforzamento patrimoniale, composta da aumento da 700 milioni, bond da 200 milioni e dalla cessione dei crediti, «costituisce condizione necessaria ai fini della prospettiva della continuità aziendale del gruppo Carige, ma non sufficiente», anche perché a questo scopo «è necessario che le azioni del piano strategico 2019-2023 siano realizzate secondo i termini e le misure ivi indicate». Si ricorda, inoltre, che una volta cessata la gestione commissariale sarà nominato un nuovo cda e un nuovo management che potrebbero rivedere quel piano. Tra gli aspetti in grado di incidere sulla continuità aziende c’è anche l’impugnativa della delibera assembleare che deliberò l’aumento di capitale lo scorso 20 settembre da parte del rappresentante degli azionisti di risparmio, notificata lo scorso 2 dicembre alla banca.
Carige non torna in Borsa con il flottante sotto al 10%
Nella nota si conferma quanto già anticipato da Il Sole 24 Ore e cioè che «le azioni della banca non saranno riammesse a negoziazione laddove il flottante dovesse risultare inferiore al 10%; soglia definita da Borsa Italiana necessaria ai fini della riammissione alle negoziazioni. Pertanto sussiste un rischio di illiquidità delle azioni di Carige». Alla banca viene infine chiesto di riaffermare quanto già emerso nei giorni scorsi e cioè che la semestrale 2018, nella quale non erano stati classificati come deteriorati e svalutati, circa 200 milioni di crediti, nei fatti non è stata redatta in conformità con i principi contabili di riferimento.
Autore: Laura Serafini
Fonte: Il Sole 24 Ore