Molti autorevoli studi recenti hanno dimostrato come l’indebitamento delle famiglie italiane sia più che raddoppiato negli ultimi 20 anni, a tracciarne la preoccupante fotografia uno su tutti il Report del Fondo di prevenzione del sovraindebitamento e dell’usura gestito da Adiconsum, che ha evidenziato come l’indebitamento medio delle famiglie sia passato dai 13 mila euro del 1998 ai 27 mila euro del 2018, escluso il mutuo fondiario.
Ad incidere su questo trend, dicono gli esperti della materia, sono stati più fattori: una condizione economica congiunturale negativa, una scarsa cultura finanziaria diffusa ovunque, ma ancor più nelle regioni del Sud, una metamorfosi concettuale dell’approccio al debito.
La crisi ha certamente portato le famiglie a trovarsi spesso in situazioni non previste, alcune cause esogene come la mobilità, la cassa integrazione o la definitiva perdita del lavoro hanno inciso negativamente sul budget delle famiglie portando queste ad indebitarsi e ad acquistare a rate pur di poter vivere dignitosamente e mantenere lo standard di vita precedente, in attesa di tempi migliori. Una sorta di prestito nato inizialmente con finalità strategiche, trasformatosi poi, dato il perdurare della situazione finanziaria negativa, in un ‘cappio al collo’.
Oltre ad un aspetto congiunturale economico negativo vi è altresì, dicono gli esperti, una errata valutazione delle proprie possibilità di rientro, determinata appunto da una scarsa cultura finanziaria. Ci si indebita oltre le proprie possibilità perché spesso il consumatore non riesce ad avere un’idea precisa dei costi reali dell’operazione, e sottovaluta la propria condizione economica che non gli consente di indebitarsi o di ripagare nei tempi il debito.
Su questo punto ha detto la sua Vincenzo Moretta, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli, in occasione del seminario di studio dal titolo “L’attività di consulenza del dottore commercialista nelle operazioni di mutuo, prestito finalizzato e credito ai consumatori”. Così Moretta: “Diffondere la cultura della prevenzione e introdurre norme adeguate di tutela preventiva dei consumatori significherebbe mettere in campo azioni sociali precise in grado di interrompere un trend negativo di impoverimento assoluto di interi nuclei familiari. La scarsa cultura finanziaria e la mancanza di adeguati presidi di tutela preventiva aumentano il rischio di sovraindebitamento delle famiglie che purtroppo resta un dato in crescita soprattutto al sud. In modo particolare in Campania ove più della metà della popolazione (il 53,6%) con un incremento significativo rispetto al 2017 (era il 46,3%) è a rischio di povertà o esclusione sociale. Si tratta del livello più alto in Unione Europea”. Il dato sulla scarsa cultura finanziaria, localizzata maggiormente nelle aree del Sud, che portano le famiglie ad indebitarsi eccessivamente e ad avere un rischio di povertà sopra la media, è confermato anche dagli ultimi dati diffusi dall’Eurostat 2018 sul rischio di povertà nelle regioni.
In ultimo sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons, “Siamo dinnanzi una sorta di metamorfosi dei debiti: Fino a pochi anni addietro si ricorreva ai prestiti solo per acquistare la casa o l’auto. Oggi si ricorre alle rate per ogni cosa, dal telefonino al computer, dalla culla alla bara, per una cerimonia o per le cure sanitarie, che dovrebbero essere fornite gratuitamente dal servizio sanitario. Non a caso, aggiunge, al primo posto delle forme di indebitamento ci sono i prestiti finalizzati”.
Dal Rapporto Adiconsum è emerso chiaramente l’Identikit del sovraindebitato: “senza figli, proveniente dal Lazio, in affitto, con contratto a tempo indeterminato, reddito mensile dichiarato tra mille e duemila euro e un debito complessivo tra 10mila euro e i 30mila euro. Tra i motivi che portano una famiglia o una persona ad indebitarsi c’è la diminuzione del reddito per motivi di lavoro, come licenziamento, cassa integrazione e mobilità. Ma anche la separazione o il divorzio, l’aumento delle rate del mutuo a tasso variabile, ma anche la malattia”.
Molti autorevoli studi recenti hanno dimostrato come l’indebitamento delle famiglie italiane sia più che raddoppiato negli ultimi 20 anni, a tracciarne la preoccupante fotografia uno su tutti il Report del Fondo di prevenzione del sovraindebitamento e dell’usura gestito da Adiconsum, che ha evidenziato come l’indebitamento medio delle famiglie sia passato dai 13 mila euro del 1998 ai 27 mila euro del 2018, escluso il mutuo fondiario.
Ad incidere su questo trend, dicono gli esperti della materia, sono stati più fattori: una condizione economica congiunturale negativa, una scarsa cultura finanziaria diffusa ovunque, ma ancor più nelle regioni del Sud, una metamorfosi concettuale dell’approccio al debito.
La crisi ha certamente portato le famiglie a trovarsi spesso in situazioni non previste, alcune cause esogene come la mobilità, la cassa integrazione o la definitiva perdita del lavoro hanno inciso negativamente sul budget delle famiglie portando queste ad indebitarsi e ad acquistare a rate pur di poter vivere dignitosamente e mantenere lo standard di vita precedente, in attesa di tempi migliori. Una sorta di prestito nato inizialmente con finalità strategiche, trasformatosi poi, dato il perdurare della situazione finanziaria negativa, in un ‘cappio al collo’.
Oltre ad un aspetto congiunturale economico negativo vi è altresì, dicono gli esperti, una errata valutazione delle proprie possibilità di rientro, determinata appunto da una scarsa cultura finanziaria. Ci si indebita oltre le proprie possibilità perché spesso il consumatore non riesce ad avere un’idea precisa dei costi reali dell’operazione, e sottovaluta la propria condizione economica che non gli consente di indebitarsi o di ripagare nei tempi il debito.
Su questo punto ha detto la sua Vincenzo Moretta, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli, in occasione del seminario di studio dal titolo “L’attività di consulenza del dottore commercialista nelle operazioni di mutuo, prestito finalizzato e credito ai consumatori”. Così Moretta: “Diffondere la cultura della prevenzione e introdurre norme adeguate di tutela preventiva dei consumatori significherebbe mettere in campo azioni sociali precise in grado di interrompere un trend negativo di impoverimento assoluto di interi nuclei familiari. La scarsa cultura finanziaria e la mancanza di adeguati presidi di tutela preventiva aumentano il rischio di sovraindebitamento delle famiglie che purtroppo resta un dato in crescita soprattutto al sud. In modo particolare in Campania ove più della metà della popolazione (il 53,6%) con un incremento significativo rispetto al 2017 (era il 46,3%) è a rischio di povertà o esclusione sociale. Si tratta del livello più alto in Unione Europea”. Il dato sulla scarsa cultura finanziaria, localizzata maggiormente nelle aree del Sud, che portano le famiglie ad indebitarsi eccessivamente e ad avere un rischio di povertà sopra la media, è confermato anche dagli ultimi dati diffusi dall’Eurostat 2018 sul rischio di povertà nelle regioni.
In ultimo sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons, “Siamo dinnanzi una sorta di metamorfosi dei debiti: Fino a pochi anni addietro si ricorreva ai prestiti solo per acquistare la casa o l’auto. Oggi si ricorre alle rate per ogni cosa, dal telefonino al computer, dalla culla alla bara, per una cerimonia o per le cure sanitarie, che dovrebbero essere fornite gratuitamente dal servizio sanitario. Non a caso, aggiunge, al primo posto delle forme di indebitamento ci sono i prestiti finalizzati”.
Dal Rapporto Adiconsum è emerso chiaramente l’Identikit del sovraindebitato: “senza figli, proveniente dal Lazio, in affitto, con contratto a tempo indeterminato, reddito mensile dichiarato tra mille e duemila euro e un debito complessivo tra 10mila euro e i 30mila euro. Tra i motivi che portano una famiglia o una persona ad indebitarsi c’è la diminuzione del reddito per motivi di lavoro, come licenziamento, cassa integrazione e mobilità. Ma anche la separazione o il divorzio, l’aumento delle rate del mutuo a tasso variabile, ma anche la malattia”.