Forse per togliersi dall’impaccio dopo le rivelazioni sul Project Nigthingale e i dati sanitari “rubati” a 50 milioni di americani sui quali ora accendono un faro le autorità federali, Google ha appena annunciato che offrirà presto, a partire dal prossimo anno, ai suoi utenti la possibilità di aprire dei conti correnti. Veri e propri conti correnti destinati ai risparmiatori, come riporta il Wall Street Journal, grazie a una partnership tra Alphabet, Citigroup e un piccolo lender legato alla Stanford University. Il progetto dei conti correnti di Big G si chiamerà «Cache».
Caesar Sengupta, l’executive di Google che presiede la divisione pagamenti ha detto in un’intervista che «il nostro approccio sarà quello di lavorare fianco a fianco con le banche e il sistema finanziario». Non una banca a sé quindi, una fintech alla AliPay di Alibaba che ha scardinato le certezze del sistema bancario tradizionale cinese, ma un servizio di credito offerto dal più popolare motore di ricerca globale legato comunque al settore bancario. «Sarà un lungo sentiero da percorrere, ma più sostenibile», ha spiegato il manager di Google.
Google è in buona compagnia. Tutte le big tech si stanno approcciando al mondo finanziario per raccogliere i frutti del loro “tesoro” dei big data che permette di capire i comportamenti dei consumatori. Apple ha da poco introdotto una carta di credito, in collaborazione con Goldman Sachs. Amazon sta studiando come Google, assieme a una serie di banche, la possibilità di offrire presto dei conti correnti ai suoi clienti. Facebook, tra mille perplessità e ritiri prima ancora di partire, sta cercando di lanciare Libra, la sua moneta digitale.
Le ambizioni delle big tech si scontrano con la ritrosia dell’industria del credito che teme di perdere il primato del mercato oltreché i clienti, ma anche con i timori dei regolatori, delle banche centrali e della autorità dei mercati, spaventati da un far west monetario digitale senza regole e senza controlli.
I conti correnti sono considerati al pari di una commodity, un prodotto al quale i risparmiatori sono legati, con un elevato tasso di fidelizzazione nel tempo e una scarsa propensione al cambiamento. I conti bancari però si portano dietro tutta una serie di servizi ad alto rendimento, come gli investimenti e i prestiti bancari. Contengono una miniera di informazioni per le big tech, a partire dal saldo medio di un determinato conto per età e per categoria, le bollette che vengono pagate ogni mese, come vengono spesi i soldi dai correntisti. I regolatori federali hanno messo da più punti di vista sotto esame l’uso che Google e le altre fanno dei dati personali. L’ultima vicenda riguarda i dati sanitari dei 50 milioni di americani utilizzati senza il consenso, ma Big G è sotto esame ancheper l’utilizzo dei dati dei suoi smart speaker come Alexa, delle app come Google Map che traccia gli spostamenti delle persone e del suo potente servizio di e-mail.
Sengupta ha spiegato che Google vuole cercare di creare valore per i consumatori, per le banche e per chi vende online, con servizi che potrebbero comprendere un programma di loyalty, come le carte fedeltà dei supermercati, e ha comunque precisato, a scanso di polemiche, che Google non venderà i dati dei suoi utenti, in questo caso finanziari. Così come non userà i dati di Google Pay per scopi legati alla pubblicità, dati che non verranno condivisi secondo la società in nessun modo con gli inserzionisti.
Un recente studio di McKinsey sostiene che gli utenti potrebbero avere finducia in un prodotto finanziario che arriva da Google, più di Apple e Facebook, ma meno rispetto ad Amazon.
Google non ha ancora deciso se farà pagare commissioni per il suo conto corrente. Il conto permetterà di depositare denaro e sempre da «Cache», pensando soprattutto alle giovani generazioni di consumatori, si potranno anche chiedere prestiti bancari.
Google in ogni caso sta cercando di introdurre servizi finanziari da tempo. Nel 2011 ha lanciato Google Wallet, che permette agli utenti di fare acquisti digitali appoggiandosi alle loro carte di credito o di debito. La società si sta concentrando sul mercato indiano dove i mobile payment stanno crescendo molto velocemente, come in Cina. E poi ha introdotto un suo servizio di pagamenti, Google Pay nel 2018 aveva 39 milioni di utenti, ma secondo le stime di Juniper Research arriverà ad avere 100 milioni di utenti entro il 2020.
Autore: Riccardo Barlaam
Fonte: Il Sole 24 Ore
Forse per togliersi dall’impaccio dopo le rivelazioni sul Project Nigthingale e i dati sanitari “rubati” a 50 milioni di americani sui quali ora accendono un faro le autorità federali, Google ha appena annunciato che offrirà presto, a partire dal prossimo anno, ai suoi utenti la possibilità di aprire dei conti correnti. Veri e propri conti correnti destinati ai risparmiatori, come riporta il Wall Street Journal, grazie a una partnership tra Alphabet, Citigroup e un piccolo lender legato alla Stanford University. Il progetto dei conti correnti di Big G si chiamerà «Cache».
Caesar Sengupta, l’executive di Google che presiede la divisione pagamenti ha detto in un’intervista che «il nostro approccio sarà quello di lavorare fianco a fianco con le banche e il sistema finanziario». Non una banca a sé quindi, una fintech alla AliPay di Alibaba che ha scardinato le certezze del sistema bancario tradizionale cinese, ma un servizio di credito offerto dal più popolare motore di ricerca globale legato comunque al settore bancario. «Sarà un lungo sentiero da percorrere, ma più sostenibile», ha spiegato il manager di Google.
Google è in buona compagnia. Tutte le big tech si stanno approcciando al mondo finanziario per raccogliere i frutti del loro “tesoro” dei big data che permette di capire i comportamenti dei consumatori. Apple ha da poco introdotto una carta di credito, in collaborazione con Goldman Sachs. Amazon sta studiando come Google, assieme a una serie di banche, la possibilità di offrire presto dei conti correnti ai suoi clienti. Facebook, tra mille perplessità e ritiri prima ancora di partire, sta cercando di lanciare Libra, la sua moneta digitale.
Le ambizioni delle big tech si scontrano con la ritrosia dell’industria del credito che teme di perdere il primato del mercato oltreché i clienti, ma anche con i timori dei regolatori, delle banche centrali e della autorità dei mercati, spaventati da un far west monetario digitale senza regole e senza controlli.
I conti correnti sono considerati al pari di una commodity, un prodotto al quale i risparmiatori sono legati, con un elevato tasso di fidelizzazione nel tempo e una scarsa propensione al cambiamento. I conti bancari però si portano dietro tutta una serie di servizi ad alto rendimento, come gli investimenti e i prestiti bancari. Contengono una miniera di informazioni per le big tech, a partire dal saldo medio di un determinato conto per età e per categoria, le bollette che vengono pagate ogni mese, come vengono spesi i soldi dai correntisti. I regolatori federali hanno messo da più punti di vista sotto esame l’uso che Google e le altre fanno dei dati personali. L’ultima vicenda riguarda i dati sanitari dei 50 milioni di americani utilizzati senza il consenso, ma Big G è sotto esame ancheper l’utilizzo dei dati dei suoi smart speaker come Alexa, delle app come Google Map che traccia gli spostamenti delle persone e del suo potente servizio di e-mail.
Sengupta ha spiegato che Google vuole cercare di creare valore per i consumatori, per le banche e per chi vende online, con servizi che potrebbero comprendere un programma di loyalty, come le carte fedeltà dei supermercati, e ha comunque precisato, a scanso di polemiche, che Google non venderà i dati dei suoi utenti, in questo caso finanziari. Così come non userà i dati di Google Pay per scopi legati alla pubblicità, dati che non verranno condivisi secondo la società in nessun modo con gli inserzionisti.
Un recente studio di McKinsey sostiene che gli utenti potrebbero avere finducia in un prodotto finanziario che arriva da Google, più di Apple e Facebook, ma meno rispetto ad Amazon.
Google non ha ancora deciso se farà pagare commissioni per il suo conto corrente. Il conto permetterà di depositare denaro e sempre da «Cache», pensando soprattutto alle giovani generazioni di consumatori, si potranno anche chiedere prestiti bancari.
Google in ogni caso sta cercando di introdurre servizi finanziari da tempo. Nel 2011 ha lanciato Google Wallet, che permette agli utenti di fare acquisti digitali appoggiandosi alle loro carte di credito o di debito. La società si sta concentrando sul mercato indiano dove i mobile payment stanno crescendo molto velocemente, come in Cina. E poi ha introdotto un suo servizio di pagamenti, Google Pay nel 2018 aveva 39 milioni di utenti, ma secondo le stime di Juniper Research arriverà ad avere 100 milioni di utenti entro il 2020.
Autore: Riccardo Barlaam
Fonte: Il Sole 24 Ore