Mentre tutti parlano di Libra, dal cilindro di Zuckerberg potrebbe uscire un’altra sorpresa: WhatsApp Pay. Il sistema di pagamento legato all’applicazione di messaggistica è ormai più di un’indiscrezione, le prime fasi di test sono già state effettuate, e altre sono in procinto di partire.
Tanto che secondo alcuni, la vera strategia di Facebook in fatto di pagamenti elettronici non è tanto Libra, ma proprio WhatsApp Pay.
La prima deve fare i conti con ostacoli burocratici più o meno prevedibili, la seconda corre invece spedita verso un lancio che potrebbe avvenire molto prima di quanto ci si possa aspettare.
Il rallentamento di Libra
Quello che sta succedendo in questi giorni è molto indicativo. Libra, la criptovaluta ideata da Zuckerberg sta perdendo pezzi importanti. Lunedì scorso (14 ottobre), il consiglio direttivo della Libra Association ha preso forma a Ginevra. Ma prima di quella data, i principali partner del progetto si sono sfilati: da Paypal a Stripe, fino a eBay, Visa e Mastercard.
Un’emorragia infinita, dovuta più che altro a pressioni politiche trasversali. I senatori democratici Brian Schatz e Sherrod Brown, avevano scritto una lettera ai Ceo di Visa, Mastercard e Stripe, esponendogli gli enormi rischi insiti nel progetto Libra, tra cui – secondo i senatori – la facilità del finanziamento di criminali e terroristi e la destabilizzazione del sistema finanziario globale.
Anche i repubblicani avevano espresso i loro dubbi, con il senatore Josh Hawley che aveva accusato Facebook di voler allargare il suo monopolio. Preoccupazioni che, alla fine, diverse big company hanno accolto: in 7 hanno abbandonato il progetto di Zuckerberg a pochi giorni dalla prima riunione ufficiale.
Nonostante la falsa partenza, però, la Libra Association si è riunita come previsto e il gruppo ha eletto un consiglio direttivo formato da cinque persone, con a capo David Marcus. Sono 21 le società che hanno sottoscritto la carta dell’Associazione, e ognuna ha investito 10 milioni di dollari nel piano. Ma i dubbi che avvolgono il progetto, dopo le défaillance dell’ultim’ora, sono pesanti. E potrebbero costare caro, in fatto di tempi di sviluppo della criptomoneta annunciata da Zuckerberg. L’obiettivo 2020, insomma, sembra veramente difficile.
La doppia carta di Zuck
Il Ceo di Facebook, però, non è abituato a perdere. E gioca sempre si più tavoli. Per questo pare abbia già pronta la seconda carta, per proiettare il suo impero (la Facebook Inc. di Palo Alto) nel mondo dei pagamenti digitali: WhatsApp Pay. Una versione beta di questo sistema di pagamento legato all’app di messaggistica più usata al mondo è già stata lanciata in India, e ha coinvolto circa 1 milione di persone in fase di rodaggio. Facebook prevede di avviare ulteriori test in Messico, a breve. «La speranza – ha detto Zuckerberg durante una riunione interna a luglio i cui dettagli sono trapelati in questi giorni – è quella di implementarlo in molti luoghi con valute esistenti entro la fine di quest’anno».
WhatsApp Pay, insomma, è molto più di un progetto futuro. La tecnologia esiste già, e si lega al conto bancario (o carta di credito) dell’utente. Non ha grossi ostacoli normativi davanti a sé, e ha un comun denominatore con numeri da capogiro: WhatsApp e in suoi 1,6 miliardi di utenti.
L’esempio WeChat
L’idea di Zuckerberg è quella di rendere l’app di messaggistica anche un sistema di pagamento. E un esempio molto concreto di quello che potrebbe essere già esiste. WhatsApp Pay potrebbe somigliare molto alla sua omologa cinese WeChat. L’applicazione di proprietà della holding cinese Tencent è una spanna avanti a tutte le altre. WeChat in Cina è sinonimo di un successo digitale clamoroso. Nata come app per la messaggistica (proprio come WhatsApp), è stata trasformata in piattaforma per il business a 360 gradi. Attraverso la app sono possibili non solo lo scambio di denaro fra privati (in modalità peer to peer), ma anche le transazioni finanziarie fra utente e aziende. I cinesi, tramite WeChat pagano le bollette, i biglietti del treno, le multe, gli acquisti che fanno online e anche il ristorante. Un esempio che Zuckerberg pare voglia seguire fino in fondo. Soprattutto adesso che gli ostacoli sulla strada di Libra si sono fatti più insidiosi.
Autore: Biagio Simonetta
Fonte: Il Sole 24 Ore
Mentre tutti parlano di Libra, dal cilindro di Zuckerberg potrebbe uscire un’altra sorpresa: WhatsApp Pay. Il sistema di pagamento legato all’applicazione di messaggistica è ormai più di un’indiscrezione, le prime fasi di test sono già state effettuate, e altre sono in procinto di partire.
Tanto che secondo alcuni, la vera strategia di Facebook in fatto di pagamenti elettronici non è tanto Libra, ma proprio WhatsApp Pay.
La prima deve fare i conti con ostacoli burocratici più o meno prevedibili, la seconda corre invece spedita verso un lancio che potrebbe avvenire molto prima di quanto ci si possa aspettare.
Il rallentamento di Libra
Quello che sta succedendo in questi giorni è molto indicativo. Libra, la criptovaluta ideata da Zuckerberg sta perdendo pezzi importanti. Lunedì scorso (14 ottobre), il consiglio direttivo della Libra Association ha preso forma a Ginevra. Ma prima di quella data, i principali partner del progetto si sono sfilati: da Paypal a Stripe, fino a eBay, Visa e Mastercard.
Un’emorragia infinita, dovuta più che altro a pressioni politiche trasversali. I senatori democratici Brian Schatz e Sherrod Brown, avevano scritto una lettera ai Ceo di Visa, Mastercard e Stripe, esponendogli gli enormi rischi insiti nel progetto Libra, tra cui – secondo i senatori – la facilità del finanziamento di criminali e terroristi e la destabilizzazione del sistema finanziario globale.
Anche i repubblicani avevano espresso i loro dubbi, con il senatore Josh Hawley che aveva accusato Facebook di voler allargare il suo monopolio. Preoccupazioni che, alla fine, diverse big company hanno accolto: in 7 hanno abbandonato il progetto di Zuckerberg a pochi giorni dalla prima riunione ufficiale.
Nonostante la falsa partenza, però, la Libra Association si è riunita come previsto e il gruppo ha eletto un consiglio direttivo formato da cinque persone, con a capo David Marcus. Sono 21 le società che hanno sottoscritto la carta dell’Associazione, e ognuna ha investito 10 milioni di dollari nel piano. Ma i dubbi che avvolgono il progetto, dopo le défaillance dell’ultim’ora, sono pesanti. E potrebbero costare caro, in fatto di tempi di sviluppo della criptomoneta annunciata da Zuckerberg. L’obiettivo 2020, insomma, sembra veramente difficile.
La doppia carta di Zuck
Il Ceo di Facebook, però, non è abituato a perdere. E gioca sempre si più tavoli. Per questo pare abbia già pronta la seconda carta, per proiettare il suo impero (la Facebook Inc. di Palo Alto) nel mondo dei pagamenti digitali: WhatsApp Pay. Una versione beta di questo sistema di pagamento legato all’app di messaggistica più usata al mondo è già stata lanciata in India, e ha coinvolto circa 1 milione di persone in fase di rodaggio. Facebook prevede di avviare ulteriori test in Messico, a breve. «La speranza – ha detto Zuckerberg durante una riunione interna a luglio i cui dettagli sono trapelati in questi giorni – è quella di implementarlo in molti luoghi con valute esistenti entro la fine di quest’anno».
WhatsApp Pay, insomma, è molto più di un progetto futuro. La tecnologia esiste già, e si lega al conto bancario (o carta di credito) dell’utente. Non ha grossi ostacoli normativi davanti a sé, e ha un comun denominatore con numeri da capogiro: WhatsApp e in suoi 1,6 miliardi di utenti.
L’esempio WeChat
L’idea di Zuckerberg è quella di rendere l’app di messaggistica anche un sistema di pagamento. E un esempio molto concreto di quello che potrebbe essere già esiste. WhatsApp Pay potrebbe somigliare molto alla sua omologa cinese WeChat. L’applicazione di proprietà della holding cinese Tencent è una spanna avanti a tutte le altre. WeChat in Cina è sinonimo di un successo digitale clamoroso. Nata come app per la messaggistica (proprio come WhatsApp), è stata trasformata in piattaforma per il business a 360 gradi. Attraverso la app sono possibili non solo lo scambio di denaro fra privati (in modalità peer to peer), ma anche le transazioni finanziarie fra utente e aziende. I cinesi, tramite WeChat pagano le bollette, i biglietti del treno, le multe, gli acquisti che fanno online e anche il ristorante. Un esempio che Zuckerberg pare voglia seguire fino in fondo. Soprattutto adesso che gli ostacoli sulla strada di Libra si sono fatti più insidiosi.
Autore: Biagio Simonetta
Fonte: Il Sole 24 Ore