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Chi salverà Carige: una settimana per chiudere

La “colletta” per Carige è ancora in corso. E i prossimi giorni saranno decisivi per tirare le somme e chiudere la partita. Ma nel frattempo il piano di salvataggio misto pubblico-privato sembra fare passi avanti.

Lo schema di intervento del resto appare sempre più concreto. A partire da un fabbisogno complessivo per la banca genovese che si attesterebbe al momento attorno ai 900 milioni. Una cifra superiore ai circa 780 prevista dal piano dei Commissari di febbraio. Ma che si renderebbe necessaria per permettere alla banca ligure di liberarsi della sostanziale totalità (pari a 3,3 miliardi) dei crediti deteriorati in pancia, grazie all’intervento della Sga. Tecnicamente, l’aumento di capitale in sé sarebbe pari a 700 milioni circa, mentre 200 milioni circa verrebbero coperti da un bond subordinato Tier 2 ancora in cerca di sottoscrittori.

Entrando nel dettaglio della componente equity, 320 milioni arriverebbero dalla conversione del bond subordinato in mano allo Schema volontario (il cui consiglio si riunirà lunedì per fissare la data dell’assemblea che darà il via all’operazione), mentre gli altri 380-400 milioni circa sono da recuperare tra diversi soggetti privati. Tra questi c’è il Fondo interbancario per la tutela dei depositi , l’unico che al momento appare chiaramente disposto a mettere cash. L’impegno definitivo del Fondo che rappresenta la totalità delle banche italiane dipenderà però dal contributo che arriverà dagli altri soggetti privati, dalla famiglia Malacalza (27,8%), azionista di maggioranza che dovrà dare l’ok all’intera operazione. Il Fondo, suo malgrado, farebbe comunque da rete di sicurezza dell’intera operazione, per coprire eventuali ammanchi derivanti da defezioni di altri soggetti.

Un ruolo da anchor investor industriale lo avrebbe poi Cassa Centrale Banca, che potrebbe mettere sul piatto tra i 70 e i 90 milioni. Il gruppo delle Bcc basato a Trento sta studiando il dossier. Tanto che, per il 18 luglio, è convocato un Cda straordinario che avrà all’ordine del giorno il progetto Carige. In Ccb le bocche sono cucite e dall’istituto non filtra alcun commento sul potenziale coinvolgimento. Sul mercato però si ragiona sulla ratio industriale di un’operazione simile. Che, se portata a termine, evidenziano diversi osservatori, verrebbe fatta con l’obiettivo di apportare significativi benefici sia dal lato del gruppo cooperativo che dal lato della banca ligure: secondo alcune letture, si potrebbero ad esempio creare sinergie industriali su alcuni fronti così come si punta a far nascere partnership sul fronte della bancassurance o del risparmio gestito.

Si vedrà se l’operazione andrà in porto. Va detto che se le iniziative per garantire la sottoscrizione della quota di equity necessaria a supportare il nuovo piano industriale di Carige fervono, sul fronte del bond subordinato al momento appare tutto fermo. Non risulta che l’Istituto di credito sportivo e il Mediocredito centrale, coinvolti nell’operazione dall’azionista di riferimento, il ministero per l’Economia, abbiano ancora ricevuto un via libera ufficiale, ma nemmeno ufficioso, all’operazione. Le due banche a controllo pubblico dovrebbero sottoscrivere il bond per un importo complessivo non superiore a 175 milioni; 150 milioni di Credito sportivo e 25 milioni Mcc. Quest’ultima non potrebbe andare oltre, per non superare la soglia di patrimonio libero e bloccare nei fatti le attività della banca. Tra l’altro non sono ancora state fornite ulteriori informazioni relative al tasso di interesse (comunque previsto a livelli di mercato) che sarebbe riconosciuto da Carige ai due investitori.

Nei fatti a Roma la situazione è in standby e secondo alcuni questo si spiegherebbe con un tentativo parallelo – non è molto chiaro se riconducibile ad ambienti politici – di trovare una soluzione alternativa che consenta di vendere o mandare in sposa la banca genovese a un altro istituto bancario italiano o estero. Il problema, però, come già emerso nei giorni scorsi, è che il precedente della cessione delle banche venete a Intesa Sanpaolo fa da benchmark e non ci sono competitor interessati a muoversi senza che prima sia fatta una profonda pulizia dei conti di Carige spostando gli oneri a carico pubblico. In ogni caso ormai è questione di poco tempo: qualsiasi sia la strada prescelta la verità si saprà entro una settimana.


Autore: Luca Davi, Laura Serafini
Fonte: Il Sole 24 Ore 

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