Le Gacs hanno di fatto trasformato, con il loro utilizzo da parte delle banche, il mercato italiano dei crediti deteriorati. Si tratta dunque di un mercato che ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni.
Ma vediamo i dati complessivi. Tra il 2015 e il 2018 si è passati infatti da da 340 miliardi di Npe (non-performing exposures) a 180 miliardi. Per quanto riguarda gli Npl (non performing loan) , invece, da 199 a 97 miliardi. E’ il caso di ricordare che le esposizioni bancarie non performing, il cui totale è definito Npe, si articolano in: Npl (o bad loans) che costituiscono lo stato più grave del credito in sofferenza; Utp (unlikely to pay), situazioni di sofferenza con creditore ancora in bonis; e Past Due (ossia scaduto).
Dopo aver raggiunto il picco di 340 miliardi di euro nel 2015, in Italia il volume delle esposizioni non-performing – gli Npe – ha intrapreso un costante percorso di riduzione, tanto da attestarsi a circa 180 miliardi di euro a fine 2018. L’intensità della riduzione è andata via via intensificandosi nel corso degli anni, con una riduzione annua degli Npe pari al -5% nel 2016 (-16 miliardi di euro), del -19% nel 2017 (-59 miliardi di euro) e addirittura del -31% nel 2018, equivalente a -81 miliardi di euro in termini assoluti. Il trend migliorativo ha riguardato tutte le tipologie di Npe, ma in particolare soprattutto gli Npl.
Gli Npl, dopo essere rimasti bloccati a quota 199 miliardi di euro per due anni consecutivi (2015, 2016), sono poi scesi a 164 miliardi di euro (-17% nel 2017) per scendere sotto “quota 100” toccando i 97 miliardi di euro nel 2018 (-41%). – I Past Due sono passati da 13,8 miliardi di euro nel 2015, a 7,5 miliardi di euro nel 2016 (-46%) a 4,9 miliardi di euro (2017, -35%) per raggiungere quota 4 miliardi di euro a fine anno (2018, -17%). Gli Utp , situazioni con creditori in difficoltà ma ancora “vivi” e in bonis, sono passati da 124 miliardi di euro (2015), a 115 miliardi di euro (2016, -8%) a 92 miliardi di euro (2017, -20%) per raggiungere quota 79 miliardi di euro (2018, -15%).
Sono stati diversi i fattori che hanno incentivato questa massiva riduzione degli stock di crediti non-performing e tra questi c’è da citare il coinvolgimento governativo. Con il Decreto-Legge 14 febbraio 2016, n. 18 il Governo italiano tre anni fa ha dato vita alla Gacs (Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze), schema di garanzia statale per i titoli senior emessi nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione di Npl.
La Gacs ha rappresentato uno dei principali fattori di incentivazione alla riduzione degli stock di crediti non-performing a partire dal 2016, quando le banche italiane hanno dovuto intraprendere massicce cessioni di crediti Npl. Operazioni spesso del valore di diversi miliardi di euro, aventi l’obiettivo di ridurre gli stock che gravavano sui bilanci. Sono state strutturate operazioni e procedure di cessione caratterizzate da un numero enorme di esposizioni deteriorate e portafogli altamente eterogenei, in grado di poter incontrare la domanda di un circoscritto numero di soggetti, tipicamente investitori internazionali con elevatissime potenzialità economiche e obiettivi prevalentemente speculativi.
Ma come stanno procedendo i rendimenti delle Gacs emesse dalle diverse banche? Nell’istogramma (fonte Debtwire) in pagina si vedono i rendimenti, delle Gacs finora emesse. Come evidenziato, non tutte le Gacs, stanno sovraperformando, anzi alcune sono sotto la media. In ogni caso 8 su 16 emissioni sono sopra gli obiettivi previsti. Di seguito il grafico.
In particolare, il programma Gacs ha assistito le banche italiane nei loro piani di pulizia dei bilanci per circa 50 miliardi di sofferenze lorde. Infatti, dal 2016 ad oggi ci sono state appunto 18 transazioni dovute alla Gacs. Il valore delle senior tranche del mercato totale è stato di circa 12 miliardi di euro.
Ma vediamo di analizzare meglio il fenomeno Gacs. Si tratta di un’operazione pubblica, garantita dallo Stato: ovvero una operazione con titoli dotati di rating. I due principali triggers sono il “cumulative collection rate”, ovvero gli incassi cumulativi rispetto al business plan iniziale della cartolarizzazione (che normalmente copre un arco di 10-12 anni) e il “profitability ratio” che misura la percentuale di recupero rispetto al business plan per ogni singola posizione.
“Il rischio principale di una Gacs – spiega Riccardo Serrini, amministratore delegato di Prelios – è che per motivi esogeni – come un cambio delle normative, o un peggioramento della situazione economica e finanziaria del Paese – oppure endogeni, come la under-performance del servicer, gli incassi del portafoglio siano inferiori al business plan iniziale. Questo significa che i titoli possono, in casi più negativi, essere rimborsati solo parzialmente; partendo prima dai titoli junior, a seguire la tranche mezzanine (in mano a investitori istituzionali opportunistici) e successivamente la tranche senior che, ricordiamolo, è quella su cui insiste la garanzia pubblica Gacs”.
Esiste inoltre un rischio teorico, come in ogni garanzia, che debba intervenire lo Stato. Dal punto di vista pratico, tuttavia, il portafoglio e il business plan sono stati abbondantemente valutati da almeno due agenzie di rating, dagli investitori che mettono i soldi nelle tranches subordinate, e dal servicer. E in ogni caso, perché si debba andare ad attivare la garanzia, deve prima ricorrere il fatto che si sono perse sia la tranche junior sia la mezzanina.
In ogni caso una Gacs ha una serie di vantaggi, soprattutto sul prezzo. Infatti la garanzia pubblica permette di avere un pricing più vantaggioso per la tranche senior, che è la più grande tra quelle emesse dalla cartolarizzazione ed è funzione anche del track record e delle curve di recupero del servicer. Questo significa che il Waac – il costo medio ponderato del capitale che viene utilizzato per scontare i flussi futuri del business plan – è più basso rispetto a una cessione diretta, in media almeno della metà. Detta in soldoni, con la Gacs i valori di cessione sono più alti di circa il 30% rispetto ad una vendita diretta.
Autore: Carlo Festa
Fonte: Il Sole 24 Ore
Le Gacs hanno di fatto trasformato, con il loro utilizzo da parte delle banche, il mercato italiano dei crediti deteriorati. Si tratta dunque di un mercato che ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni.
Ma vediamo i dati complessivi. Tra il 2015 e il 2018 si è passati infatti da da 340 miliardi di Npe (non-performing exposures) a 180 miliardi. Per quanto riguarda gli Npl (non performing loan) , invece, da 199 a 97 miliardi. E’ il caso di ricordare che le esposizioni bancarie non performing, il cui totale è definito Npe, si articolano in: Npl (o bad loans) che costituiscono lo stato più grave del credito in sofferenza; Utp (unlikely to pay), situazioni di sofferenza con creditore ancora in bonis; e Past Due (ossia scaduto).
Dopo aver raggiunto il picco di 340 miliardi di euro nel 2015, in Italia il volume delle esposizioni non-performing – gli Npe – ha intrapreso un costante percorso di riduzione, tanto da attestarsi a circa 180 miliardi di euro a fine 2018. L’intensità della riduzione è andata via via intensificandosi nel corso degli anni, con una riduzione annua degli Npe pari al -5% nel 2016 (-16 miliardi di euro), del -19% nel 2017 (-59 miliardi di euro) e addirittura del -31% nel 2018, equivalente a -81 miliardi di euro in termini assoluti. Il trend migliorativo ha riguardato tutte le tipologie di Npe, ma in particolare soprattutto gli Npl.
Gli Npl, dopo essere rimasti bloccati a quota 199 miliardi di euro per due anni consecutivi (2015, 2016), sono poi scesi a 164 miliardi di euro (-17% nel 2017) per scendere sotto “quota 100” toccando i 97 miliardi di euro nel 2018 (-41%). – I Past Due sono passati da 13,8 miliardi di euro nel 2015, a 7,5 miliardi di euro nel 2016 (-46%) a 4,9 miliardi di euro (2017, -35%) per raggiungere quota 4 miliardi di euro a fine anno (2018, -17%). Gli Utp , situazioni con creditori in difficoltà ma ancora “vivi” e in bonis, sono passati da 124 miliardi di euro (2015), a 115 miliardi di euro (2016, -8%) a 92 miliardi di euro (2017, -20%) per raggiungere quota 79 miliardi di euro (2018, -15%).
Sono stati diversi i fattori che hanno incentivato questa massiva riduzione degli stock di crediti non-performing e tra questi c’è da citare il coinvolgimento governativo. Con il Decreto-Legge 14 febbraio 2016, n. 18 il Governo italiano tre anni fa ha dato vita alla Gacs (Garanzia Cartolarizzazione Sofferenze), schema di garanzia statale per i titoli senior emessi nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione di Npl.
La Gacs ha rappresentato uno dei principali fattori di incentivazione alla riduzione degli stock di crediti non-performing a partire dal 2016, quando le banche italiane hanno dovuto intraprendere massicce cessioni di crediti Npl. Operazioni spesso del valore di diversi miliardi di euro, aventi l’obiettivo di ridurre gli stock che gravavano sui bilanci. Sono state strutturate operazioni e procedure di cessione caratterizzate da un numero enorme di esposizioni deteriorate e portafogli altamente eterogenei, in grado di poter incontrare la domanda di un circoscritto numero di soggetti, tipicamente investitori internazionali con elevatissime potenzialità economiche e obiettivi prevalentemente speculativi.
Ma come stanno procedendo i rendimenti delle Gacs emesse dalle diverse banche? Nell’istogramma (fonte Debtwire) in pagina si vedono i rendimenti, delle Gacs finora emesse. Come evidenziato, non tutte le Gacs, stanno sovraperformando, anzi alcune sono sotto la media. In ogni caso 8 su 16 emissioni sono sopra gli obiettivi previsti. Di seguito il grafico.
In particolare, il programma Gacs ha assistito le banche italiane nei loro piani di pulizia dei bilanci per circa 50 miliardi di sofferenze lorde. Infatti, dal 2016 ad oggi ci sono state appunto 18 transazioni dovute alla Gacs. Il valore delle senior tranche del mercato totale è stato di circa 12 miliardi di euro.
Ma vediamo di analizzare meglio il fenomeno Gacs. Si tratta di un’operazione pubblica, garantita dallo Stato: ovvero una operazione con titoli dotati di rating. I due principali triggers sono il “cumulative collection rate”, ovvero gli incassi cumulativi rispetto al business plan iniziale della cartolarizzazione (che normalmente copre un arco di 10-12 anni) e il “profitability ratio” che misura la percentuale di recupero rispetto al business plan per ogni singola posizione.
“Il rischio principale di una Gacs – spiega Riccardo Serrini, amministratore delegato di Prelios – è che per motivi esogeni – come un cambio delle normative, o un peggioramento della situazione economica e finanziaria del Paese – oppure endogeni, come la under-performance del servicer, gli incassi del portafoglio siano inferiori al business plan iniziale. Questo significa che i titoli possono, in casi più negativi, essere rimborsati solo parzialmente; partendo prima dai titoli junior, a seguire la tranche mezzanine (in mano a investitori istituzionali opportunistici) e successivamente la tranche senior che, ricordiamolo, è quella su cui insiste la garanzia pubblica Gacs”.
Esiste inoltre un rischio teorico, come in ogni garanzia, che debba intervenire lo Stato. Dal punto di vista pratico, tuttavia, il portafoglio e il business plan sono stati abbondantemente valutati da almeno due agenzie di rating, dagli investitori che mettono i soldi nelle tranches subordinate, e dal servicer. E in ogni caso, perché si debba andare ad attivare la garanzia, deve prima ricorrere il fatto che si sono perse sia la tranche junior sia la mezzanina.
In ogni caso una Gacs ha una serie di vantaggi, soprattutto sul prezzo. Infatti la garanzia pubblica permette di avere un pricing più vantaggioso per la tranche senior, che è la più grande tra quelle emesse dalla cartolarizzazione ed è funzione anche del track record e delle curve di recupero del servicer. Questo significa che il Waac – il costo medio ponderato del capitale che viene utilizzato per scontare i flussi futuri del business plan – è più basso rispetto a una cessione diretta, in media almeno della metà. Detta in soldoni, con la Gacs i valori di cessione sono più alti di circa il 30% rispetto ad una vendita diretta.
Autore: Carlo Festa
Fonte: Il Sole 24 Ore