Credo che le persone debbano potersi scambiare denaro così facilmente come mandano una foto». Così lo scorso aprile Mark Zuckerberg ha alzato il velo sul progetto che da tempo un team dedicato stava realizzando in gran segreto in una palazzina di Menlo Park a cui si accede con un badge specifico. La criptovaluta che Facebook si prepara ad annunciare martedì prossimo e a far partire l’anno prossimo – nome in codice GlobalCoin – rappresenta una piattaforma per il trasferimento di denaro “tra pari” per una platea globale che nascerà dall’unificazione di Instagram, WhatsApp e Messenger: una moneta borderless, che si muoverà agilmente superando le barriere dei mercati nazionali e per di più senza il carico di commissioni, sfruttando il sistema che elimina qualsiasi tipo di intermediazioni che è proprio delle criptovalute, bitcoin in testa.
Per Facebook è una scommessa in un momento estremamente delicato, alla luce delle accuse per la gestione “allegra” dei dati dei 2,4 miliardi di utenti, a partire dallo scandalo Cambridge Analytica. Se la strategia di Zuckerberg punta a trasformare il social network in una piattaforma basata su conversazioni private e sui servizi che ne potranno derivare, dovrà trovare fonti di ricavi alternative alla pubblicità, che oggi vale il 98,5% dei 55,8 miliardi di dollari di revenue 2018. Convogliare le transazioni dei suoi utenti all’interno della piattaforma, rendendole semplici ed economiche, vuol dire mettere le mani sui dati agganciati a quelle stesse operazioni, che si trasformano in una miniera d’oro se ben utilizzati. A quanto si sa, il GlobalCoin potrà essere utilizzato anche nel mondo fisico, come strumento di pagamento nei negozi reali. Per questo Facebook sta aggregando una schiera di merchant per i quali la nuova criptovaluta potrà trasformarsi in innovative modalità di marketing.
Ma Facebook è consapevole che si sta muovendo sul filo di un mondo che non è certo conosciuto per trasparenza e solidità. Anzi la bolla del bitcoin, con il corollario di frodi e iniziative spregiudicate, ha lasciato una scia di scarsa credibilità nel criptomondo. Facebook sa di dover ricostruire la fiducia attorno al suo progetto. E lo fa in due modi. Da una parte il GlobalCoin sarà una stablecoin, una criptovaluta il cui valore è legato a beni fisici, con ogni probabilità a un paniere di monete internazionali in modo da rispecchiare un valore globale. E mettere al riparo gli utenti dall’altissima volatilità che ha caratterizzato nei dieci anni di vita il bitcoin, frenandone finora l’utilizzo più ampio come strumento di pagamento. Dall’altra parte Facebook ha messo insieme un gruppo di partner di grande autorevolezza, da Mastercard a Visa, da PayPal a Uber a Booking, che non solo abiliteranno l’utilizzo della criptovaluta, ma pagheranno un chip di dieci milioni di dollari ciascuno per partecipare anche alla governance del sistema.
La blockchain di bitcoin è del tutto decentralizzata: chiunque può partecipare diventando un nodo della “catena dei blocchi”. In quella di GlobalCoin Facebook vuole evitare di riproporre un modello nuovamente centralizzato: per questo punta a costituire un network di un centinaio di attori di rilievo che garantiscano un sistema relativamente autonomo, quasi una “fondazione” per la blockchain.
D’altra parte buona parte degli attori coinvolti nel progetto, a partire dai grandi sistemi di pagamento internazionali, sono interessati a monitorare da vicino l’evoluzione di un esperimento che mette a rischio il loro stesso modello di business. Senza dubbio l’annuncio di Facebook porterà le criptovalute nel mondo mainstream della finanza. A breve potrebbe essere un colosso di Wall Street come JpMorgan a creare il proprio token, aprendo una nuova era per i pagamenti e la finanza intera.
Autore: Pierangelo Soldavini
Fonte: Il Sole 24 Ore
Credo che le persone debbano potersi scambiare denaro così facilmente come mandano una foto». Così lo scorso aprile Mark Zuckerberg ha alzato il velo sul progetto che da tempo un team dedicato stava realizzando in gran segreto in una palazzina di Menlo Park a cui si accede con un badge specifico. La criptovaluta che Facebook si prepara ad annunciare martedì prossimo e a far partire l’anno prossimo – nome in codice GlobalCoin – rappresenta una piattaforma per il trasferimento di denaro “tra pari” per una platea globale che nascerà dall’unificazione di Instagram, WhatsApp e Messenger: una moneta borderless, che si muoverà agilmente superando le barriere dei mercati nazionali e per di più senza il carico di commissioni, sfruttando il sistema che elimina qualsiasi tipo di intermediazioni che è proprio delle criptovalute, bitcoin in testa.
Per Facebook è una scommessa in un momento estremamente delicato, alla luce delle accuse per la gestione “allegra” dei dati dei 2,4 miliardi di utenti, a partire dallo scandalo Cambridge Analytica. Se la strategia di Zuckerberg punta a trasformare il social network in una piattaforma basata su conversazioni private e sui servizi che ne potranno derivare, dovrà trovare fonti di ricavi alternative alla pubblicità, che oggi vale il 98,5% dei 55,8 miliardi di dollari di revenue 2018. Convogliare le transazioni dei suoi utenti all’interno della piattaforma, rendendole semplici ed economiche, vuol dire mettere le mani sui dati agganciati a quelle stesse operazioni, che si trasformano in una miniera d’oro se ben utilizzati. A quanto si sa, il GlobalCoin potrà essere utilizzato anche nel mondo fisico, come strumento di pagamento nei negozi reali. Per questo Facebook sta aggregando una schiera di merchant per i quali la nuova criptovaluta potrà trasformarsi in innovative modalità di marketing.
Ma Facebook è consapevole che si sta muovendo sul filo di un mondo che non è certo conosciuto per trasparenza e solidità. Anzi la bolla del bitcoin, con il corollario di frodi e iniziative spregiudicate, ha lasciato una scia di scarsa credibilità nel criptomondo. Facebook sa di dover ricostruire la fiducia attorno al suo progetto. E lo fa in due modi. Da una parte il GlobalCoin sarà una stablecoin, una criptovaluta il cui valore è legato a beni fisici, con ogni probabilità a un paniere di monete internazionali in modo da rispecchiare un valore globale. E mettere al riparo gli utenti dall’altissima volatilità che ha caratterizzato nei dieci anni di vita il bitcoin, frenandone finora l’utilizzo più ampio come strumento di pagamento. Dall’altra parte Facebook ha messo insieme un gruppo di partner di grande autorevolezza, da Mastercard a Visa, da PayPal a Uber a Booking, che non solo abiliteranno l’utilizzo della criptovaluta, ma pagheranno un chip di dieci milioni di dollari ciascuno per partecipare anche alla governance del sistema.
La blockchain di bitcoin è del tutto decentralizzata: chiunque può partecipare diventando un nodo della “catena dei blocchi”. In quella di GlobalCoin Facebook vuole evitare di riproporre un modello nuovamente centralizzato: per questo punta a costituire un network di un centinaio di attori di rilievo che garantiscano un sistema relativamente autonomo, quasi una “fondazione” per la blockchain.
D’altra parte buona parte degli attori coinvolti nel progetto, a partire dai grandi sistemi di pagamento internazionali, sono interessati a monitorare da vicino l’evoluzione di un esperimento che mette a rischio il loro stesso modello di business. Senza dubbio l’annuncio di Facebook porterà le criptovalute nel mondo mainstream della finanza. A breve potrebbe essere un colosso di Wall Street come JpMorgan a creare il proprio token, aprendo una nuova era per i pagamenti e la finanza intera.
Autore: Pierangelo Soldavini
Fonte: Il Sole 24 Ore