Con sentenza n. 3102 del 13 maggio 2019 il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento sanzionatorio dell’Antitrust nei confronti della società Agenzia Riscossioni Esattoria s.r.l. escludendo il potere di controllo e sanzionatorio della stessa Autorità rispetto a società che esercitano attività di recupero di importi relativi a sanzioni amministrative non onorate. Tale attività, secondo i giudici, esula dal perimetro delle condotte commerciali disciplinate dal Codice del consumo, poiché “l’autore di un illecito amministrativo, il quale dopo la contestazione della trasgressione, non abbia pagato la sanzione pecuniaria, non riveste affatto la qualifica di consumatore stricto sensu intesa di cui all’art. 3 del Codice del consumo”.
L’Antitrust, essendo parte in causa, non ha potuto rilasciarci una intervista, ma ha comunque commentato così: “Si tratta di una pronuncia importante che però si limita ad un caso specifico che risale al 2011 e che riguarda l’ambito oggettivo del recupero crediti di sanzioni amministrative inevase. Una lettura più ampia, che estende la sentenza al recupero crediti tout court, non sarebbe giustificabile ma vedremo quello che faranno le imprese. Non crediamo che cambieranno comportamento a seguito di questa pronuncia. Anche perché è parecchio tempo che non succedono casi eclatanti e un cambiamento sarebbe controproducente per il settore stesso”.
Cosa ne pensano le imprese del settore? Lo abbiamo chiesto a Marcello Grimaldi, presidente del Forum UNIREC-Consumatori
Quale impatto avrà la sentenza del Consiglio di Stato sul settore del recupero crediti?
La sentenza in parola rappresenta un significativo precedente ma il disposto va letto unitamente alle motivazioni che lo accompagnano: il caso esaminato dal Consiglio di Stato, in riforma di una sentenza del TAR Lazio del 2015, riguarda il recupero di sanzioni pecuniarie, irrogate nei confronti di autori di un illecito amministrativo. Su tali premesse, giustamente, il Consiglio di Stato non ravvede l’applicabilità al caso di specie del Codice del Consumo, considerato che non si è in presenza di consumatori ma di soggetti sanzionati in conseguenza di violazioni amministrative. Ne segue che – secondo il ragionamento condotto dal Consiglio di Stato – l’AGCM non ha competenza nel valutare la correttezza o scorrettezza delle pratiche poste in essere dalla società sottoposta a procedimento. In definitiva, benché la sentenza sia rilevante e apra la strada a possibili ulteriori riflessioni, la sua portata è limitata e circoscritta alla fattispecie descritta nella sentenza, laddove la valutazione del regolare e corretto esercizio dell’attività in questione dovrà piuttosto essere rimessa – a detta del Consiglio di Stato – all’esame degli organi specificatamente preposti al rilascio del titolo autorizzativo.
C’è il rischio che venga messo in discussione il percorso fatto nell’ambito del Forum, che ha portato alla definizione di un Codice di condotta condiviso tra le Associazioni dei consumatori e le società di recupero crediti?
Il percorso avviato con le Associazioni dei Consumatori non è di certo compromesso e tantomeno il Codice di condotta di settore adottato ai sensi dell’art. 27 bis del Consumo. Il Codice di condotta è un documento dinamico e per sua natura destinato a recepire ed interpretare ogni innovazione tecnologica o normativa che investa il settore.
A proposito di Codice di condotta, bisognerà iniziare a lavorare su un’edizione aggiornata alla luce della sentenza?
Il tavolo di lavoro di continuo e proficuo confronto tra Associazioni dei Consumatori e società a tutela del credito analizzerà senz’altro la sentenza e le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato. È ipotizzabile una specificazione e/o un’integrazione del Codice con riguardo al campo di applicazione dello stesso. Dopotutto siamo soliti affrontare durante le nostre riunioni i temi di maggiore attualità e la sentenza in questione ha avuto un’eco non indifferente nel settore.
Con sentenza n. 3102 del 13 maggio 2019 il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento sanzionatorio dell’Antitrust nei confronti della società Agenzia Riscossioni Esattoria s.r.l. escludendo il potere di controllo e sanzionatorio della stessa Autorità rispetto a società che esercitano attività di recupero di importi relativi a sanzioni amministrative non onorate. Tale attività, secondo i giudici, esula dal perimetro delle condotte commerciali disciplinate dal Codice del consumo, poiché “l’autore di un illecito amministrativo, il quale dopo la contestazione della trasgressione, non abbia pagato la sanzione pecuniaria, non riveste affatto la qualifica di consumatore stricto sensu intesa di cui all’art. 3 del Codice del consumo”.
L’Antitrust, essendo parte in causa, non ha potuto rilasciarci una intervista, ma ha comunque commentato così: “Si tratta di una pronuncia importante che però si limita ad un caso specifico che risale al 2011 e che riguarda l’ambito oggettivo del recupero crediti di sanzioni amministrative inevase. Una lettura più ampia, che estende la sentenza al recupero crediti tout court, non sarebbe giustificabile ma vedremo quello che faranno le imprese. Non crediamo che cambieranno comportamento a seguito di questa pronuncia. Anche perché è parecchio tempo che non succedono casi eclatanti e un cambiamento sarebbe controproducente per il settore stesso”.
Cosa ne pensano le imprese del settore? Lo abbiamo chiesto a Marcello Grimaldi, presidente del Forum UNIREC-Consumatori
Quale impatto avrà la sentenza del Consiglio di Stato sul settore del recupero crediti?
La sentenza in parola rappresenta un significativo precedente ma il disposto va letto unitamente alle motivazioni che lo accompagnano: il caso esaminato dal Consiglio di Stato, in riforma di una sentenza del TAR Lazio del 2015, riguarda il recupero di sanzioni pecuniarie, irrogate nei confronti di autori di un illecito amministrativo. Su tali premesse, giustamente, il Consiglio di Stato non ravvede l’applicabilità al caso di specie del Codice del Consumo, considerato che non si è in presenza di consumatori ma di soggetti sanzionati in conseguenza di violazioni amministrative. Ne segue che – secondo il ragionamento condotto dal Consiglio di Stato – l’AGCM non ha competenza nel valutare la correttezza o scorrettezza delle pratiche poste in essere dalla società sottoposta a procedimento. In definitiva, benché la sentenza sia rilevante e apra la strada a possibili ulteriori riflessioni, la sua portata è limitata e circoscritta alla fattispecie descritta nella sentenza, laddove la valutazione del regolare e corretto esercizio dell’attività in questione dovrà piuttosto essere rimessa – a detta del Consiglio di Stato – all’esame degli organi specificatamente preposti al rilascio del titolo autorizzativo.
C’è il rischio che venga messo in discussione il percorso fatto nell’ambito del Forum, che ha portato alla definizione di un Codice di condotta condiviso tra le Associazioni dei consumatori e le società di recupero crediti?
Il percorso avviato con le Associazioni dei Consumatori non è di certo compromesso e tantomeno il Codice di condotta di settore adottato ai sensi dell’art. 27 bis del Consumo. Il Codice di condotta è un documento dinamico e per sua natura destinato a recepire ed interpretare ogni innovazione tecnologica o normativa che investa il settore.
A proposito di Codice di condotta, bisognerà iniziare a lavorare su un’edizione aggiornata alla luce della sentenza?
Il tavolo di lavoro di continuo e proficuo confronto tra Associazioni dei Consumatori e società a tutela del credito analizzerà senz’altro la sentenza e le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato. È ipotizzabile una specificazione e/o un’integrazione del Codice con riguardo al campo di applicazione dello stesso. Dopotutto siamo soliti affrontare durante le nostre riunioni i temi di maggiore attualità e la sentenza in questione ha avuto un’eco non indifferente nel settore.