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Mutui, gara di offerte in banca: taglio di rate, tassi e spread

I mutui sono un prodotto stagionale. E la stagione più importante per conquistare nuovi clienti è la primavera. Ed ecco perché in questo momento diversi istituti di credito stanno alimentando a suon di marketing la proposta di nuovi prestiti ipotecari a sconto. Le offerte spaziano dal taglio della prima rata (Cariparma Crédit Agricole) alla riduzione dello spread, una delle due leve che compone il tasso finale, oppure al ridimensionamento del tasso finito.

Si stanno muovendo le grandi banche, quelle che in termini di erogato spiegano la fetta più ampia del mercato. Più nel dettaglio, Unicredit ha ridotto i tassi finiti sui mutui a tasso fisso fino a 20 punti base e gli spread sui mutui a tasso variabile fino a 20 punti base. Anche Bnl ha ridotto il tasso finito del fisso fino a 20 punti base, e di 20 punti base lo spread sul variabile, compresa l’offerta web di Hello Bank. Intesa Sanpaolo ha ridotto i tassi finiti sui mutui a tasso fisso fino a 10 punti base e gli spread sui mutui variabili fino a 20 punti base. Cariparma ha ridotto fino a 24 punti base gli spread sui mutui a tasso fisso.

Non tutti i tagli però sono catalogabili nella categoria “sconti”. «Le banche che sui mutui a tasso fisso sono sul mercato con un’offerta a tasso finito – ovvero non distinguono quale è la componente relativa allo spread e quella relativa all’indice Eurirs di riferimento (dalla cui somma si ottiene appunto il tasso finito, ndr) – hanno ridotto il tasso finito perché nel frattempo gli indici Eurirs sono calati sensibilmente – spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it -. Basti sapere che a inizio anno l’Eurirs a 20 anni viaggiava all’1,3% mentre ora è sceso all’1%. Quindi le banche che sono sul mercato con la politica del tasso finito, fra cui UniCredit, Intesa Sanpaolo e Bnl, nel momento in cui lo hanno ridotto hanno evidentemente adeguato il nuovo tasso alla discesa dell’indice Eurirs. Questa riduzione è automatica invece per le banche che ragionano, anche in termini di offerta, sullo spread indicando il costo del mutuo come “spread + Eurirs”».

In ogni caso, al di là delle tecnicalità con cui le banche scelgono di presentarsi sul mercato e di modificare i tassi offerti, ciò che conta lato cliente è il Taeg, ovvero il Tasso annuo effettivo globale. Questo tasso include sia il costo relativo agli interessi (espressi dal Tan, Tasso annuo nominale) tanto quelli relativi a eventuali oneri accessori. Quindi nel confronto delle migliori offerte il mutuatario evoluto deve osservare il Taeg.

Nel confronto delle offerte commerciali è poi molto importante quantificare il loan to value, ovvero l’importo del finanziamento in relazione al valore dell’immobile, dato che ormai le banche differenziano i costi in base a questo parametro. Un mutuo all’80% del valore della casa tende a costare di più di uno al 50%. Perché per la banca la seconda operazione è meno rischiosa ed è quindi finanziariamente corretto applicare un tasso più basso. Nell’esempio di un mutuo di 140mila euro relativo a un immobile di 220mila (quindi con un loan to value tra il 60 e il 70%, che rispecchia il mutuo medio oggi erogato) il miglior Taeg sul fisso (secondo l’elaborazione di MutuiSupermarket.it) è di Webank (1,64%). La concorrenza però è stretta. Perché le prime cinque proposte sono molto vicine (1,66% Iwbank, 1,7% Credem, 1,73% Ubi Banca ed Hello Bank).

Quanto al variabile la recente riduzione dello spread di 20 punti base ha portato UniCredit al top della classifica con un Taeg dello 0,88%. Ma anche in questo caso il “duello” è a colpi di decimali (Iwbank 0,89%, Credem 0,9%) fino a Intesa Sanpaolo e Webank che sono sul mercato con un’offerta complessiva a un costo inferiore all’1% (0,97%).

Il confronto tra fisso e variabile conferma che il secondo parte in vantaggio di circa 80 punti base rispetto al fisso. Le ultime azioni (annuncio del piano T-Ltro III in favore delle banche) e dichiarazioni del governatore della Bce Mario Draghi lasciano intendere che i tassi resteranno bassi ancora a lungo. E questo da un lato ha favorito la caduta degli Eurirs, gli interbancari con cui si ottiene il tasso fisso nel giorno della stipula, ma sta tenendo oltremodo schiacciati (da oltre 1.100 giorni sottozero) anche gli indici Euribor, quelli che decidono le fluttuazioni dei tassi variabili.

Stando alle previsioni (ricavabili ogni giorno dall’andamento dei contratti future dell’Euribor a 3 mesi quotati sul mercato londinese Liffe) l’Euribor dovrebbe restare negativo (oggi è a -0,37%) ancora per il 2020 e il 2021. Per poi risalire lentamente sopra la parità fino a portarsi allo 0,7% nel marzo 2025. Questo a patto che – come accade sistematicamente ormai da anni – la Bce non riveda al ribasso nel corso del tempo le stime di crescita dell’inflazione e di conseguenza continui a rimandare il prossimo – ormai manca da otto anni – rialzo dei tassi nell’Eurozona. Scenario, manco a dirlo, che continuerebbe a fare la felicità finanziaria delle famiglie che stanno rimborsando un mutuo variabile .


Autore: Vito Lops
Fonte: Il Sole 24 Ore 

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