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Banche, i grandi gruppi Usa “padroni” dell’Europa con il 40% del mercato

Il predominio delle grandi banche Usa nel settore del corporate & investment banking (Cib), che a livello globale vale circa 530 miliardi di dollari di ricavi, si è accentuato anche nel 2018. Andando a erodere nuove quote di mercato, sulle due sponde dell’Atlantico, alle grandi banche europee del settore. Due i dati che fotografano chiaramente il trend dei «padroni» globali del mercato dei capitali. Il primo: dal 2012 al 2018, la quota di mercato delle grandi banche Usa in Emea (Europa, Middle East, Africa) è salita dal 31 al 40%, mentre quella delle banche europee negli USA è scesa – sempre nel periodo 2012-2018 – dal 29% al 20%. Secondo dato chiave: la redditività delle attività Cib delle grandi banche Usa, misurata in termini di return on equity (Roe), nel 2018 è stata più che doppia (13%) rispetto a quella delle banche europee (6%), che hanno stabilmente ritorni inferiori rispetto al costo del capitale stimato attorno al 9%.

È questa la fotografia che emerge dal rapporto elaborato dalla società di consulenza Oliver Wyman e Morgan Stanley. «Le grandi banche americane si confermano molto più avanti rispetto alle big europee per redditività e massa critica e stanno continuando a guadagnare quote di mercato in Europa nel wholesale banking – spiega Claudio Torcellan, partner e responsabile financial services Sud Est Europa di Oliver Wyman – inoltre le maggiori banche europee sono alle prese con progetti di ristrutturazione che prevedono taglio dei costi e riduzione della presenza nelle aree dove non hanno massa critica sufficiente, come negli Usa. Si apriranno opportunità per le maggiori banche italiane per conquistare gli spazi da cui le banche europee si ritireranno».

Il rapporto guarda al futuro, ma prima di dedicarsi alle prospettive è necessario soffermarsi sui motivi della debacle europea anche nel mercato di casa a partire dalla crisi del 2007-2008.

La prima ragione, come più volte evidenziato sul Sole24Ore, sta nei diversi tempi e modalità dei salvataggi bancari post-Lehman Brothers. Gli Usa vararono il Tarp, obbligando tutte le grandi banche (a eccezione di Goldman Sachs) a ricapitalizzarsi subito con fondi dello Stato, poi rimborsati. In Europa si andò invece in ordine sparso, lasciando che ogni Stato sovrano intervenisse se e quando scattavano emergenze che si sono trascinate per piu’ di un decennio.

In secondo luogo, il post Lehman in Europa ha coinciso con la nascita dell’Unione bancaria europea e la Vigilanza unica Bce, che ha imposto nel corso degli anni aggiustamenti progressivi sui ratios patrimoniali. Un decennio di iper-regolamentazione che ha condizionato, e forse frenato, lo sviluppo del business. Terzo elemento che aiuta a spiegare il gap Europa-Usa: le maxi-sanzioni miliardarie comminate dalle Autorità Usa alle big bank europee attive negli Stati Uniti. A partire da Deutsche Bank, addirittura bocciata agli stress test della Fed a giugno 2018, più o meno tutte le banche europee hanno avviato la ritirata dal ricco mercato americano cogliendo, diciamo, una certa difficoltà a farsi accettare da un sistema Usa che anche nel banking pare improntato all’America First.

In molti casi le ferite ai bilanci non si sono ancora rimarginate (vedi Deutsche Bank) e un po’ tutte le grandi banche europee si trovano in mezzo al guado di una ristrutturazione non completata e con ingenti investimenti da sostenere per la transizione al digital banking. Un arretramento che può costare caro alle banche europee perché i big Usa sono già pronti a cogliere le opportunità che si stanno aprendo in Cina, dopo la scelta del Governo di Pechino di aprire al mercato anche nei settori del wholesale banking e dell’asset management.

«L’apertura regolamentare del mercato bancario cinese è un’opportunità da cogliere, – commenta Torcellan – se si pensa che già oggi i ricavi del corporate e investment banking dell’area Cina equivalgono a quelli europei. Ma le attese in Cina sono di una crescita del 3% all’anno, mentre in Europa si prevede un calo dell’1%. Date le diverse dimensioni degli attivi, è evidente che le banche Usa hanno più potenzialità di crescita in Cina rispetto alle banche europee, alle prese con le ristrutturazioni interne. Non è così per le maggiori banche italiane, che in Cina possono trovare opportunità di business in importanti segmenti del wholesale banking come pagamenti, cash management, trade finance, oltre che nell’asset management».


Autore: Alessandro Graziani
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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