Dopo la comunicazione di Mps sulla richiesta della Bce di coprire al 100% i crediti deteriorati, gli analisti di JP Morgan si sono chiesti come reagirebbero le banche sul fronte dell’eps (utile per azione) al 2020 a Piazza Affari se per azzerare gli Npe dovessero tagliare i dividendi e fare un aumento di capitale ai prezzi attuali in un contesto in cui il tasso Euribor non dovesse risalire, come invece è previsto in autunno. I broker ritengono che, in linea generale, Francoforte sia interessata agli istituti con un Npe ratio (non performing exposures) più elevato, come è di fatto il caso del Monte.
Oggi, fra l’altro, RBC Capital Markets scrive, in relazione alla lettera della Bce di cui Mps ha pubblicato le conclusioni, che considera la richiesta di svalutazione dei crediti deteriorati entro il 2016 “come l’ultimo sviluppo in una serie di passi falsi di comunicazione e trasparenza da parte del supervisore in termini di chiarezza sui requisiti patrimoniali per le banche dell’Eurozona, con un processo opaco continuo e ostacoli non chiari”. RBC cita il recente ennesimo stress test dell’Eba e l’impatto sui requisiti patrimoniali di secondo livello (Pillar 2, P2G) fra i due altri temi con un peso “potenzialmente significativo” sui conti bancari.
Quanto allo scenario di stress immaginato da JP Morgan, emerge che al 2020 emergerebbe una diluizione degli utili per azione che va da un minimo dell’11% per Intesa Sanpaolo e un massimo del 69% per Mps. In mezzo si pongono Unicredit con un -23%, Banco Bpm con un -36%, Ubi con un -47%, Bper con un -44%.
Unicredit, secondo JP Morgan, risulterebbe però la banca italiana più cheap (a buon mercato, buon livello di entrata come prezzo) trattando ad un rapporto di 6,9 volte il PE al 2020 (Prezzo/Utili), seguita da Banco Bpm a quota 7,4 volte, Ubi & Bper a rispettivamente 8,3 e 8,4 volte e Intesa Sanpaolo a 9,3 volte. Il gruppo guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina registrerebbe il minor impatto del sistema dallo stress test con un multiplo finale non così attraente però come gli altri istituti, “considerando il fatto che il dividendo ipotizzato sarebbe pari a zero”. Oggi il dividend yield di Intesa è del 10,08%, fra i primi a Piazza Affari e fra i migliori nel comparto bancario europeo.
Quanto al possibile aumento di capitale per coprire al 100% gli Npe entro il 2026, JP Morgan calcola (dopo aver azzerato i dividendi) 4,406 miliardi di ricapitalizzazione per Unicredit, 2,413 miliardi per Intesa, 987 milioni per Banco Bpm, 1,814 miliardi per Ubi, 960 milioni per Bper e 2 miliardi per Mps.
Il dato interessante è che dopo questo stress test bello pesante e dopo l’operazione di rafforzamento del capitale, tutte le banche registrerebbero utili. Nel caso di Unicredit si parla di 3,973 miliardi di euro, per Intesa sarebbero 4,049 miliardi, Banco Bpm 531 milioni, Ubi Banca 552 milioni, Bper 297 milioni, Mps 186 milioni.
JP Morgan ricorda che l’orientamento della Bce non è vincolante, ma di fatto viene riconosciuto in Europa come una linea guida fondamentale. A differenza delle regole sul primo pilastro sulla solidità di capitale, che attivano automaticamente sanzioni, queste aspettative di vigilanza non sono obbligatorie e rappresentano la base per un dialogo strutturato con ogni singola banca.
Durante il dialogo di supervisione, le banche devono però fornire prove per spiegare eventuali deviazioni dalle aspettative generali di vigilanza. La Bce a quel punto prende in considerazione la validità delle risposte e, dopo un’analisi approfondita, deve capire se è necessaria una misura di vigilanza specifica per quella banca a partire dal 2021 con il processo di revisione e valutazione prudenziale (Srep).
L’Addendum della Bce sulle banche, pubblicato nel marzo 2018, prevede una copertura del 100% dei crediti deteriorati dopo 2 anni (Npe) non garantiti e dopo 7 anni per gli Npe garantiti. Gli analisti sottolineano che l’orientamento della Bce non è vincolante e che le raccomandazioni sono formulate tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ogni singola banca.
In base, quind, ai tempi stabiliti dalla Bce nel documento di Addendum sul comparto finanziario europeo, l’accantonamento sugli Npe inizierà ad aumentare significativamente dal terzo anno (2021) con una copertura dei crediti deteriorati del 40% sui contrattati garantiti. Gli analisti per questa ragione “non si aspettano grandi impatti sui piani aziendali delle banche italiane, ma ciò non significa che gli istituti non dovranno iniziare a prepararsi in anticipo, già da oggi, in vista di difficili discussioni con la Banca centrale europea”.
Autore: Elena Dal Maso
Fonte:
Milano Finanza
jp morgan – banche – mps – intesa sanpaolo – unicredit – bper
Dopo la comunicazione di Mps sulla richiesta della Bce di coprire al 100% i crediti deteriorati, gli analisti di JP Morgan si sono chiesti come reagirebbero le banche sul fronte dell’eps (utile per azione) al 2020 a Piazza Affari se per azzerare gli Npe dovessero tagliare i dividendi e fare un aumento di capitale ai prezzi attuali in un contesto in cui il tasso Euribor non dovesse risalire, come invece è previsto in autunno. I broker ritengono che, in linea generale, Francoforte sia interessata agli istituti con un Npe ratio (non performing exposures) più elevato, come è di fatto il caso del Monte.
Oggi, fra l’altro, RBC Capital Markets scrive, in relazione alla lettera della Bce di cui Mps ha pubblicato le conclusioni, che considera la richiesta di svalutazione dei crediti deteriorati entro il 2016 “come l’ultimo sviluppo in una serie di passi falsi di comunicazione e trasparenza da parte del supervisore in termini di chiarezza sui requisiti patrimoniali per le banche dell’Eurozona, con un processo opaco continuo e ostacoli non chiari”. RBC cita il recente ennesimo stress test dell’Eba e l’impatto sui requisiti patrimoniali di secondo livello (Pillar 2, P2G) fra i due altri temi con un peso “potenzialmente significativo” sui conti bancari.
Quanto allo scenario di stress immaginato da JP Morgan, emerge che al 2020 emergerebbe una diluizione degli utili per azione che va da un minimo dell’11% per Intesa Sanpaolo e un massimo del 69% per Mps. In mezzo si pongono Unicredit con un -23%, Banco Bpm con un -36%, Ubi con un -47%, Bper con un -44%.
Unicredit, secondo JP Morgan, risulterebbe però la banca italiana più cheap (a buon mercato, buon livello di entrata come prezzo) trattando ad un rapporto di 6,9 volte il PE al 2020 (Prezzo/Utili), seguita da Banco Bpm a quota 7,4 volte, Ubi & Bper a rispettivamente 8,3 e 8,4 volte e Intesa Sanpaolo a 9,3 volte. Il gruppo guidato dall’amministratore delegato Carlo Messina registrerebbe il minor impatto del sistema dallo stress test con un multiplo finale non così attraente però come gli altri istituti, “considerando il fatto che il dividendo ipotizzato sarebbe pari a zero”. Oggi il dividend yield di Intesa è del 10,08%, fra i primi a Piazza Affari e fra i migliori nel comparto bancario europeo.
Quanto al possibile aumento di capitale per coprire al 100% gli Npe entro il 2026, JP Morgan calcola (dopo aver azzerato i dividendi) 4,406 miliardi di ricapitalizzazione per Unicredit, 2,413 miliardi per Intesa, 987 milioni per Banco Bpm, 1,814 miliardi per Ubi, 960 milioni per Bper e 2 miliardi per Mps.
Il dato interessante è che dopo questo stress test bello pesante e dopo l’operazione di rafforzamento del capitale, tutte le banche registrerebbero utili. Nel caso di Unicredit si parla di 3,973 miliardi di euro, per Intesa sarebbero 4,049 miliardi, Banco Bpm 531 milioni, Ubi Banca 552 milioni, Bper 297 milioni, Mps 186 milioni.
JP Morgan ricorda che l’orientamento della Bce non è vincolante, ma di fatto viene riconosciuto in Europa come una linea guida fondamentale. A differenza delle regole sul primo pilastro sulla solidità di capitale, che attivano automaticamente sanzioni, queste aspettative di vigilanza non sono obbligatorie e rappresentano la base per un dialogo strutturato con ogni singola banca.
Durante il dialogo di supervisione, le banche devono però fornire prove per spiegare eventuali deviazioni dalle aspettative generali di vigilanza. La Bce a quel punto prende in considerazione la validità delle risposte e, dopo un’analisi approfondita, deve capire se è necessaria una misura di vigilanza specifica per quella banca a partire dal 2021 con il processo di revisione e valutazione prudenziale (Srep).
L’Addendum della Bce sulle banche, pubblicato nel marzo 2018, prevede una copertura del 100% dei crediti deteriorati dopo 2 anni (Npe) non garantiti e dopo 7 anni per gli Npe garantiti. Gli analisti sottolineano che l’orientamento della Bce non è vincolante e che le raccomandazioni sono formulate tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ogni singola banca.
In base, quind, ai tempi stabiliti dalla Bce nel documento di Addendum sul comparto finanziario europeo, l’accantonamento sugli Npe inizierà ad aumentare significativamente dal terzo anno (2021) con una copertura dei crediti deteriorati del 40% sui contrattati garantiti. Gli analisti per questa ragione “non si aspettano grandi impatti sui piani aziendali delle banche italiane, ma ciò non significa che gli istituti non dovranno iniziare a prepararsi in anticipo, già da oggi, in vista di difficili discussioni con la Banca centrale europea”.
Autore: Elena Dal Maso
Fonte:
Milano Finanza
jp morgan – banche – mps – intesa sanpaolo – unicredit – bper