La richiesta da parte della Bce pubblicata venerdì sera, ma giunta a Siena a dicembre, ha aperto una voragine nel settore. Già ieri gli analisti avevano anticipato che la lettera sui requisiti Srep per il 2019 spedita al Monte con la richiesta allegata di svalutare al 100% gli Npe è del tutto inattesa e un precedente pericoloso per l’Italia.
Oggi i broker tornano sulla questione, in attesa che anche gli altri istituti pubblichino, entro fine mese, il contenuto delle rispettive lettere ricevute da Francoforte con specificati non solo i nuovi target di solidità patrimoniale (Srep) ma anche le richieste di applicare l’Addendum, tagliate su misura per le singole banche. Ecco i punti salienti:
1) Questa mattina gli analisti di Kepler Cheuvreux ricordano che l’Addendum è applicato ai nuovi flussi Npe generati dal 1° aprile 2018. Gli orientamenti della Bce riguardano la copertura completa dei nuovi stock in due anni per gli Npe non garantiti e in sette anni per i prestiti garantiti, con la seguente tabella di marcia: nulla i primi due anni e poi il 40%, il 55%, il 70%, l’85% e il 100% negli anni successivi.
2) L’Addendum non è vincolante, ma influenzerà lo Srep per il 2021. Questo nuovo approccio più severo della Bce “è sorprendente in quanto la distinzione tra stock esistenti e i flussi futuri di è stata chiarita l’anno scorso”, sottolinea Kepler, con il piano Npe per Mps “approvato e basato su significative cessioni e un impegno sulla copertura completa dei nuovi flussi”.
3) Sarebbe quindi molto impegnativo per le banche italiane portare la copertura al 100% sull’intero stock di Npe in quanto, sulla base dei dati di fine settembre, gli accantonamenti aggiuntivi da fare entro il 2026 sarebbero nell’area di 63 miliardi nei confronti delle prime 6 banche italiane, per un effetto deprimente sul Cet 1 ratio di -68 punti base.
4) E quindi gli effetti sui nuovi accantonamenti sarebbero, secondo Kepler: 25 miliardi di euro per UniCredit (-7 punti base sui coefficienti patrimoniali), 20 per Intesa (-7 punti base), 11 miliardi per Montepaschi (-17 punti base), 9 miliardi per Banco Bpm (-14 punti base), 5 miliardi per Bper (-16 punti base) e 4 miliardi per Ubi (-7 punti base). Questi numeri, sottolinea Kepler, “non tengono conto delle importanti cessioni di Npl in corso”, oltre al fatto che “la necessità di effettuare cessioni aggiuntive dovrebbe diminuire del 30% circa nel 2020”, “ma danno un senso alla portata dello sforzo finanziario necessario per raggiungere l’obiettivo di piena copertura sugli Npe” richiesto da Francoforte.
5) Secondo Mediobanca Securites, le banche italiane hanno Npl netti per 125 miliardi, per un terzo coperti intorno al 70% e per i restanti due terzi al 30%, “il che implica un fardello di circa 18 miliardi di euro per il sistema ogni anno”. Piazzetta Cuccia sottolinea che non può “escludere un ulteriore confronto tra le istituzioni europee su questo tema” e prevede “una lettura negativa da parte del mercato sui titoli delle banche italiane” (in atto) che hanno “appena dovuto affrontare l’erosione del Cet1 dall’ampliamento dello spread e che dal 2015 hanno tagliato 110 miliardi di Npe.
6) Il caso della Spagna non aiuta. Sempre Mediobanca ricorda che le pressioni della Bce per alzare la media del Cet 1 ratio bancario al 12% sugli istituti iberici anche nei casi di società con un Npe ratio contenuto non è una notizia troppo positiva.
7) E quindi Piazzetta Cuccia, ricordando che lo scorso anno Unicredit si è vista tagliare (ottima notizia) la richiesta di Srep di 50 punti base grazie al grosso lavoro di de-risking sui crediti deteriorati, elenca i titoli che giudica Outperform: Unicredit per l’appunto, Credem e Creval.
8) Oggi anche il team di analisti di Mediobanca ha fatto due calcoli sul settore, andando a verificare l’impatto degli accantonamenti netti in rapporto (%) agli utili delle banche nei prossimi sette anni. Ovvero, quanto questa operazione potrebbe ridurre la capacità del settore di macinare utili. La risposta è: 17% in meno a livello aggregato, di settore, nel periodo 2019-2016. Non bene.
9) Dalle valutazioni di Piazzetta Cuccia è emerso quindi che il 100% della copertura degli Npe può pesare a livello di utile (nell’arco temporale 2019-2026) per il 7% su Unicredit, per il 14% su Intesa Sanpaolo, per il 62% su Mps, per il 47% su Ubi, per il 39% su Bper , per il 38% su Banca Popolare di Sondrio , per il 28% sul Creval, per il 12% sul Credem , per il 52% su Banco Bpm .
Autore: Elena Dal Maso
Fonte:
Milano Finanza
bce – crediti deteriorati – npl – svalutazione – banche
La richiesta da parte della Bce pubblicata venerdì sera, ma giunta a Siena a dicembre, ha aperto una voragine nel settore. Già ieri gli analisti avevano anticipato che la lettera sui requisiti Srep per il 2019 spedita al Monte con la richiesta allegata di svalutare al 100% gli Npe è del tutto inattesa e un precedente pericoloso per l’Italia.
Oggi i broker tornano sulla questione, in attesa che anche gli altri istituti pubblichino, entro fine mese, il contenuto delle rispettive lettere ricevute da Francoforte con specificati non solo i nuovi target di solidità patrimoniale (Srep) ma anche le richieste di applicare l’Addendum, tagliate su misura per le singole banche. Ecco i punti salienti:
1) Questa mattina gli analisti di Kepler Cheuvreux ricordano che l’Addendum è applicato ai nuovi flussi Npe generati dal 1° aprile 2018. Gli orientamenti della Bce riguardano la copertura completa dei nuovi stock in due anni per gli Npe non garantiti e in sette anni per i prestiti garantiti, con la seguente tabella di marcia: nulla i primi due anni e poi il 40%, il 55%, il 70%, l’85% e il 100% negli anni successivi.
2) L’Addendum non è vincolante, ma influenzerà lo Srep per il 2021. Questo nuovo approccio più severo della Bce “è sorprendente in quanto la distinzione tra stock esistenti e i flussi futuri di è stata chiarita l’anno scorso”, sottolinea Kepler, con il piano Npe per Mps “approvato e basato su significative cessioni e un impegno sulla copertura completa dei nuovi flussi”.
3) Sarebbe quindi molto impegnativo per le banche italiane portare la copertura al 100% sull’intero stock di Npe in quanto, sulla base dei dati di fine settembre, gli accantonamenti aggiuntivi da fare entro il 2026 sarebbero nell’area di 63 miliardi nei confronti delle prime 6 banche italiane, per un effetto deprimente sul Cet 1 ratio di -68 punti base.
4) E quindi gli effetti sui nuovi accantonamenti sarebbero, secondo Kepler: 25 miliardi di euro per UniCredit (-7 punti base sui coefficienti patrimoniali), 20 per Intesa (-7 punti base), 11 miliardi per Montepaschi (-17 punti base), 9 miliardi per Banco Bpm (-14 punti base), 5 miliardi per Bper (-16 punti base) e 4 miliardi per Ubi (-7 punti base). Questi numeri, sottolinea Kepler, “non tengono conto delle importanti cessioni di Npl in corso”, oltre al fatto che “la necessità di effettuare cessioni aggiuntive dovrebbe diminuire del 30% circa nel 2020”, “ma danno un senso alla portata dello sforzo finanziario necessario per raggiungere l’obiettivo di piena copertura sugli Npe” richiesto da Francoforte.
5) Secondo Mediobanca Securites, le banche italiane hanno Npl netti per 125 miliardi, per un terzo coperti intorno al 70% e per i restanti due terzi al 30%, “il che implica un fardello di circa 18 miliardi di euro per il sistema ogni anno”. Piazzetta Cuccia sottolinea che non può “escludere un ulteriore confronto tra le istituzioni europee su questo tema” e prevede “una lettura negativa da parte del mercato sui titoli delle banche italiane” (in atto) che hanno “appena dovuto affrontare l’erosione del Cet1 dall’ampliamento dello spread e che dal 2015 hanno tagliato 110 miliardi di Npe.
6) Il caso della Spagna non aiuta. Sempre Mediobanca ricorda che le pressioni della Bce per alzare la media del Cet 1 ratio bancario al 12% sugli istituti iberici anche nei casi di società con un Npe ratio contenuto non è una notizia troppo positiva.
7) E quindi Piazzetta Cuccia, ricordando che lo scorso anno Unicredit si è vista tagliare (ottima notizia) la richiesta di Srep di 50 punti base grazie al grosso lavoro di de-risking sui crediti deteriorati, elenca i titoli che giudica Outperform: Unicredit per l’appunto, Credem e Creval.
8) Oggi anche il team di analisti di Mediobanca ha fatto due calcoli sul settore, andando a verificare l’impatto degli accantonamenti netti in rapporto (%) agli utili delle banche nei prossimi sette anni. Ovvero, quanto questa operazione potrebbe ridurre la capacità del settore di macinare utili. La risposta è: 17% in meno a livello aggregato, di settore, nel periodo 2019-2016. Non bene.
9) Dalle valutazioni di Piazzetta Cuccia è emerso quindi che il 100% della copertura degli Npe può pesare a livello di utile (nell’arco temporale 2019-2026) per il 7% su Unicredit, per il 14% su Intesa Sanpaolo, per il 62% su Mps, per il 47% su Ubi, per il 39% su Bper , per il 38% su Banca Popolare di Sondrio , per il 28% sul Creval, per il 12% sul Credem , per il 52% su Banco Bpm .
Autore: Elena Dal Maso
Fonte:
Milano Finanza
bce – crediti deteriorati – npl – svalutazione – banche