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Fintech: la rivoluzione del roboadvisory, come è arrivato in Italia e perché conquisterà tutti

Consulenza finanziaria e tecnologia sono due ambiti che nel futuro andranno sempre più d’accordo.

Numerosi studi internazionali e ricerche accademiche attestano che nel futuro i consulenti finanziari si avvarranno sempre più di macchinerobot e computer sia per le loro scelte d’investimento che per la loro attività di advisory.

BI Intelligence calcola che i roboadvisory gestiranno circa il 10% delle masse gestite totali a livello globale (circa 8 trilioni di dollari) entro il 2020. Questa stima viene riportata nel libro “Fintech. La finanza digitale”, scritto a sei mani da Enrico Malverti, analista quant e portfolio manager, Davide Bulgarelli, asset manager e Presidente SIAT e Gabriele Villa, Head of international development di Directa Sim.

Da questo punto di partenza l’autore principale del libro, Enrico Malverti (nella foto), spiega che il Fintech “è entrato a far parte del nostro vocabolario quotidiano solo di recente, dal 2015, ma in realtà nell’ambiente degli investimenti si utilizzano tecnologie algoritmiche già dal 2008. L’attività si è notevolmente intensificata negli ultimi 4-5 anni anche perché molti player istituzionali come le banche hanno dovuto fare i conti con il bisogno di ridurre i costi ed aumentare l’efficienza. L’adozione di tecnologie all’avanguardia che permettessero questo è stata dunque dettata in primo luogo da questa necessità”.

Il futuro è dei roboadvisor?

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Estratto da “Fintech. La finanza digitale”

La rivoluzione che sta pian piano prendendo mano in Italia, negli Stati Uniti è già una realtà affermata da anni. Dal grafico di cui sopra vediamo che il totale delle masse gestite dai principali roboadvisor a livello mondiale è in mano ad operatori privati Nordamericani, con nomi di alto calibro come Vanguard e Blackrock.

Ad oggi i Paesi dove si registra una maggior propensione all’utilizzo degli algoritmi nella consulenza finanziaria sono quelli dove si amministrano i grandi patrimoni internazionali: ad esempio Singapore, il Lussemburgo, Hong Kong, Canada e Svizzera.

Italia occupa ancora la diciassettesima posizione (la fonte è Google Trends ed è aggiornata al gennaio 2018), ma non è detto che nei prossimi anni gli operatori, dopo aver recepito la portata innovativa del settore, non contribuiscano ad una sua maggiore evoluzione.

Robotrading e roboadvisory, quali differenze?

Molto spesso si fa confusione con i termini robotrading e roboadvisory. Il robotrading altro non è che un sistema di trading automatizzato, più conosciuto fra il pubblico retail con il nome di trading system. La differenza principale risiede nell’ultimo passaggio del processo decisionale: la trasmissione del segnale al mercato.

Per dirla con le parole usate dallo stesso Malverti nel libro, il roboadvisor si limita a fornire il segnale operativo al cliente lasciando però a quest’ultimo la facoltà di accettare o rifiutare l’advice. Solamente nel primo caso il cliente immettere l’ordine di esecuzione dell’advice fornito dal robot sul mercato, attraverso il broker.

Nel trading automatico invece “…l’intero processo, che va dalla decisione all’esecuzione del segnale, è completamente automatizzato e non richiede alcun intervento dell’operatore”.

Questo per quanto riguarda il processo. “A livello operativo, invece, le differenze riguardano per prima cosa l’orizzonte temporale e i mercati d’applicazione. I trading system offrono poco spazio di manovra su timeframe molto stretti e con tempo medio in posizione molto ridotto, mentre i sistemi di roboadvisory si concentrano su orizzonti temporali medio/lunghi, tipicamente sopra il mese, e average trade ampi”, ha spiegato Malverti.

Altra grande differenza fra sistemi di trading automatizzati e consulenza automatizzata è quella dello spettro di strumenti finanziari su cui viene generato il segnale: “tipicamente i trading systems tengono sotto osservazione un unico sottostante: infatti i trader sistematici creano più algoritmi in modo da tener sotto osservazioni i segnali derivanti da più strumenti finanziari. Un roboadvisor invece riesce a monitorare monitorate tutte le asset class in modo trasversale: equity, obbligazioni, ETF e poi pondera le size dei singoli strumenti all’interno dell’asset allocation di riferimento e dei parametri MiFID II (parte di compliance oltre l’algoritmo che invece è assenza nei sistemi di trading)”, ha spiegato Malverti, che conclude:

“L’insieme di queste caratteristiche permette di erogare servizi adatti ad un bacino di utenti più ampio, minimizzando al contempo costi impliciti come ad esempio quelli legati allo slippage”.


Autore: Alessio Trappolini
Fonte:

Money.it

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