La debolezza della quotazione che nelle ultime settimane ha fatto registrare un prezzo del Bitcoin al ribasso, con il picco negativo della sessione del 14 agosto attestatosi a $5.930, non ha certamente intaccato l’ottimismo di quanti credono nelle criptovalute e degli analisti tra cui Nigel Green di deVere Group e Tom Lee di Fundstrat, certi ora più che mai che la criptovaluta ricomincerà presto non solo a recuperare terreno, ma crescerà in modo esplosivo entro fine 2018.
Ad oggi la quotazione della criptovaluta numero uno al mondo scambia ancora sotto i 7.000 dollari, una debolezza, quella mostrata da BTCUSD da luglio in poi, che stando ai dati sulle posizioni speculative di CFTC potrebbe essere solo provvisoria e già in via di cambiamento. Sono già in tanti effettivamente ad aver previsto un’inversione di tendenza e una prossima crescita esplosiva che potrebbe avvenire nel breve periodo.
Per Lee, in particolar modo, il prezzo del Bitcoin riuscirà a salire sopra i 25.000 dollari, compiendo un balzo di oltre il 260% rispetto all’attuale livello di scambio della quotazione pari a $6.940
Anche le ultime previsioni dell’esperto Nigel Green, fondatore oltre che chief executive di deVere Group, vanno in questa direzione. A suo avviso il recente sell-off altro non è che “una naturale e momentanea correzione di mercato che aprirà le porte ad un recupero della quotazione”. Poi l’esperto aggiunge, avvalorando con dati le sue considerazioni: “Prima di questo sell-off il prezzo del Bitcoin ha sperimentato un rally decisamente impressionante arrivando fino agli $8.300. Per questa ragione si dice certo: “Quel che è accaduto nelle ultime due settimane è stato soltanto una correzione standard del mercato criptovalutario.”
Tom Lee, dal canto suo, ha correlato l’andamento del BTC a quello dei mercati emergenti confermando previsioni già note. Il Bitcoin spiega avrà una vera e propria crescita esponenziale entro la fine del 2018, facendo con buona probabilità, se le valutazioni fossero confermate, un bel regalo di Natale a quanti hanno sempre creduto nella criptovaluta, che a suo dire: riuscirà a correre tanto da sfondare finalmente l’agognata soglia dei $25.000 entro il 31/12/2018.
Se da un lato vi è chi non aspetta altro che ciò avvenga, dall’altro un esperto di ingegneria informatica Arvind Narayanan ha invece lanciato un allarme ecologista. Facendo presente che la pratica di produrre i Bitcoin, il cosiddetto ‘mining’, consuma più energia di uno stato come l’Ohio, e la richiesta di potenza di calcolo, e quindi di energia, è in continuo aumento. Lo studio allarmistico è stato presentato durante l’audizione al Senato Usa da parte del ricercatore che lavora all’Università di Princeton.
Quello che davvero determina quanta energia usano i bitcoin, spiega il ricercatore, è proprio il loro prezzo: “Se il prezzo della criptovaluta sale verrà usata più energia per il mining; se cala, si abbassa anche il consumo. Altri fattori contano poco. In particolare l’aumento dell’efficienza energetica dell’hardware utilizzato per il mining non ha un impatto sul consumo energetico”.
Narayanan ha concluso il suo intervento facendo presente che al momento attuale i tentativi messi in campo per cercare di rendere più “verdi” i bitcoin, facendo ad esempio leva sulla fonte di elettricità usata, sono trascurabili rispetto alle dimensioni del fenomeno.
Non tutti sono però così allarmati sull’aumento della produzione dei Bitcoin e dunque sul loro successo, Katrina Kelly, docente di Pittsburgh, dal canto suo, in un articolo scritto per The Conversation, sostiene, invece, che il mining diventerà sempre più efficiente, così come accadde in passato per auto, treni, aerei, computer o data center , ragione per cui questo avrà un impatto favorevole.
La debolezza della quotazione che nelle ultime settimane ha fatto registrare un prezzo del Bitcoin al ribasso, con il picco negativo della sessione del 14 agosto attestatosi a $5.930, non ha certamente intaccato l’ottimismo di quanti credono nelle criptovalute e degli analisti tra cui Nigel Green di deVere Group e Tom Lee di Fundstrat, certi ora più che mai che la criptovaluta ricomincerà presto non solo a recuperare terreno, ma crescerà in modo esplosivo entro fine 2018.
Ad oggi la quotazione della criptovaluta numero uno al mondo scambia ancora sotto i 7.000 dollari, una debolezza, quella mostrata da BTCUSD da luglio in poi, che stando ai dati sulle posizioni speculative di CFTC potrebbe essere solo provvisoria e già in via di cambiamento. Sono già in tanti effettivamente ad aver previsto un’inversione di tendenza e una prossima crescita esplosiva che potrebbe avvenire nel breve periodo.
Per Lee, in particolar modo, il prezzo del Bitcoin riuscirà a salire sopra i 25.000 dollari, compiendo un balzo di oltre il 260% rispetto all’attuale livello di scambio della quotazione pari a $6.940
Anche le ultime previsioni dell’esperto Nigel Green, fondatore oltre che chief executive di deVere Group, vanno in questa direzione. A suo avviso il recente sell-off altro non è che “una naturale e momentanea correzione di mercato che aprirà le porte ad un recupero della quotazione”. Poi l’esperto aggiunge, avvalorando con dati le sue considerazioni: “Prima di questo sell-off il prezzo del Bitcoin ha sperimentato un rally decisamente impressionante arrivando fino agli $8.300. Per questa ragione si dice certo: “Quel che è accaduto nelle ultime due settimane è stato soltanto una correzione standard del mercato criptovalutario.”
Tom Lee, dal canto suo, ha correlato l’andamento del BTC a quello dei mercati emergenti confermando previsioni già note. Il Bitcoin spiega avrà una vera e propria crescita esponenziale entro la fine del 2018, facendo con buona probabilità, se le valutazioni fossero confermate, un bel regalo di Natale a quanti hanno sempre creduto nella criptovaluta, che a suo dire: riuscirà a correre tanto da sfondare finalmente l’agognata soglia dei $25.000 entro il 31/12/2018.
Se da un lato vi è chi non aspetta altro che ciò avvenga, dall’altro un esperto di ingegneria informatica Arvind Narayanan ha invece lanciato un allarme ecologista. Facendo presente che la pratica di produrre i Bitcoin, il cosiddetto ‘mining’, consuma più energia di uno stato come l’Ohio, e la richiesta di potenza di calcolo, e quindi di energia, è in continuo aumento. Lo studio allarmistico è stato presentato durante l’audizione al Senato Usa da parte del ricercatore che lavora all’Università di Princeton.
Quello che davvero determina quanta energia usano i bitcoin, spiega il ricercatore, è proprio il loro prezzo: “Se il prezzo della criptovaluta sale verrà usata più energia per il mining; se cala, si abbassa anche il consumo. Altri fattori contano poco. In particolare l’aumento dell’efficienza energetica dell’hardware utilizzato per il mining non ha un impatto sul consumo energetico”.
Narayanan ha concluso il suo intervento facendo presente che al momento attuale i tentativi messi in campo per cercare di rendere più “verdi” i bitcoin, facendo ad esempio leva sulla fonte di elettricità usata, sono trascurabili rispetto alle dimensioni del fenomeno.
Non tutti sono però così allarmati sull’aumento della produzione dei Bitcoin e dunque sul loro successo, Katrina Kelly, docente di Pittsburgh, dal canto suo, in un articolo scritto per The Conversation, sostiene, invece, che il mining diventerà sempre più efficiente, così come accadde in passato per auto, treni, aerei, computer o data center , ragione per cui questo avrà un impatto favorevole.