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Il piano del privato dopo tre anni «vince» sulla cessione crediti

In caso di accesso alla procedura di sovraindebitamento, la cessione di crediti futuri (cessione del quinto) avvenuta antecedentemente e la conseguente sottrazione di tali risorse alla disponibilità del debitore ai fini della ristrutturazione del proprio debito, è opponibile alla procedura solo per tre anni dall’omologa del piano del consumatore. Successivamente al triennio la cessione del credito deve cedere il passo all’efficacia conformativa del piano.
È l’originale e inedito principio affermato dal Tribunale di Monza (giudice estensore Nardecchia) che con proprio provvedimento del 26 luglio 2017 si è espresso sull’opposizione di un creditore alla richiesta di omologazione di un piano del consumatore presentata ai sensi della legge 3/2012 (legge sul sovraindebitamento).
Il creditore opponente evidenziava come il debitore e consumatore avesse inserito nel piano tra le risorse finanziarie utili per l’esecuzione anche il proprio stipendio (nonché il proprio Tfr in caso di risoluzione del rapporto di lavoro dipendente) che, precedentemente al deposito del piano medesimo, erano stati oggetto di contratto di cessione parziale (cosiddetta cessione del quinto). Il piano del consumatore prevedeva l’assegnazione al creditore opponente, considerato chirografario, di una somma di denaro, subordinandone la realizzazione, ed il rispetto del piano, alla sospensione della trattenuta del versamento delle quote di stipendio cedute.
Il creditore si opponeva sostenendo la natura privilegiata ex articolo 2751-bis, 1° comma codice civile, del credito e che il credito ceduto dal debitore non possa subire riduzioni, non essendo la quota di retribuzione ceduta più nella titolarità del debitore.

Il tribunale prende le mosse da alcune pronunce di merito favorevoli alla possibilità di incidere sul credito derivante dall’operazione di finanziamento, da estinguersi con cessione di quote di stipendio o pensione, ritenendo tuttavia che l’interpretazione che tende a negare tout court l’efficacia della cessione non appaia condivisibile.
Il punto di partenza della questione è rappresentato dall’articolo 12-bis, comma 7 della legge 3/2012 in forza del quale il decreto di omologa del piano del consumatore «deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento». Poiché i crediti ceduti sono crediti futuri, in materia di pignoramenti il tribunale richiama alcune pronunce della Cassazione (da ultimo 28300/2005) che hanno ipotizzato un’applicazione analogica della disciplina civilistica prevista per gli atti di disposizione (cessioni o liberazioni) di crediti futuri per pigioni o fitti non ancora scaduti, non soggetti a trascrizione perché infratriennali.
Il tribunale ritenendo applicabile per via analogica tali principi alla fattispecie della cessione del quinto in caso di successiva presentazione di procedura di sovraindebitamento, ha ritenuto che la cessione di crediti futuri e la conseguente sottrazione di tali risorse alla disponibilità del debitore ai fini della ristrutturazione del proprio debito, sia tutelabile nel termine di tre anni dall’omologa del piano del consumatore, dovendo poi lasciare il passo all’efficacia conformativa del piano.
È, infatti, la limitazione temporale del triennio che permette di contemperare le due opposte esigenze, di non pregiudicare la possibilità dei lavoratori di finanziarsi e al contempo di tutelare il creditore. Il giudice ha quindi concluso concedendo nuovo termine al debitore per modificare il piano e recepire le diverse disponibilità derivanti dalla limitazione dell’opponibilita della cessione al solo triennio.


Autore: Giuseppe Acciaro, Alessandro Danovi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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