É la blockchain la tecnologia che ben presto rivoluzionerà le nostre vite traghettandoci direttamente in una nuova era: quella dell’ “Internet of Value”, in cui le persone si scambieranno valore allo stesso modo in cui oggi ci si scambia le informazioni. Dietro la blockchain, infatti, non si nasconde solo il mistero delle criptovalute, ma le sue applicazioni vanno molto oltre ed investono quasi tutti i settori produttivi che pian piano ne stanno scoprendo le enormi potenzialità. Sono 331 i progetti (partiti o solo annunciati) censiti a livello internazionale da gennaio 2016 a oggi, di cui 172 in fase di test o già operativi. E questi ultimi, nel 2017, registrano una crescita del 73% rispetto all’anno precedente, mentre gli annunci, che però spesso non portano a risultati concreti, sono stati addirittura il 273% in più.
La finanza resta il principale settore di applicazione con il 59% dei progetti, ma si spazia dall’industria manifatturiera a quella alimentare, passando anche per i media. Dal 2017 si nota un progressivo ampliamento degli ambiti applicativi che interessano anche l’attività di governo (il 9%), la logistica (7,2%), le utility (3,9%), l’agrifood (3%), le assicurazioni (2,7%), l’healthcare (2,4%), il trasporto aereo (2,4%), i media (1,8%) e le telecomunicazioni (1,2%). La blockchain oggi è principalmente utilizzata per processi nei sistemi di pagamento (94 progetti), per il tracciamento e supply chain (67), per la gestione dati e documenti (64) e per il mercato dei capitali (51).
É il quadro che emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano che evidenzia come anche i governi e le banche centrali, dopo una diffidenza iniziale, si siano accorti del potenziale importante della blockchain. Tanto che 29 banche centrali mondiali hanno già avviato sperimentazioni per applicare alcune caratteristiche delle criptovalute alle valute tradizionali, creando delle “criptovalute vigilate”: ad oggi si contano 9 progetti retail, 19 orientati ai pagamenti interbancari e 8 progetti di ricerca su possibili applicazioni blockchain. Un progetto di ricerca promosso da Replye in collaborazione con l’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger e con partecipazionedell’Associazione Italiana Prestatori Servizi di Pagamento (APSP) ha provato a immaginare un “Cryptoeuro”, indagando se un sistema di criptovaluta vigilata potrebbe rendere più efficienti i processi di pagamento di alcuni settori (assicurazioni, utility, banche) con una valuta programmabile.
L’Italia resta ancora indietro. Per quanto riguarda il mercato italiano, il report ha evidenziato come, nonostante la presenza di una solida comunità di sviluppatori, questo sia ancora molto immaturo e non abbia investito cifre consistenti nella tecnologia blockchain. “In Italia il tema è ancora poco conosciuto e si evidenziano al momento poche sperimentazioni – spiega Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio, secondo cui “la blockchain potrebbe avere un impatto notevole per il made in Italy in termini di tracciabilità e di anticontraffazione”. Tra le iniziative italiane menzionate dall’Osservatorio ci sono la Notarchain, lanciata lo scorso ottobre dal Consiglio Nazionale del Notariato ha presentato lo scorso ottobre, in partnership con IBM, e la Interbit, la piattaforma pe ril commercio elettronico dell’energia, lanciata da Eni, in collaborazione con la startup canadese BTL, BP e Wien Energy,
Rispetto alle criptovaluta, il report ne ha censite ben 894 attive ad oggi, per un valore complessivo di circa 327 miliardi di dollari (dato aggiornato al 16 aprile 2018). Il Bitcoin da solo rappresenta il 42% della totale capitalizzazione del mercato, ma dopo di questo la top ten delle principali criptovalute per market cap vede Ethereum, con il 16% della capitalizzazione, e Ripple con il 8%, seguite da BitcoinCash, LiteCoin, Cardano, Stellar, Iota Neo, Monero. “Le criptovalute presentano alcuni punti di forza rispetto alle monete tradizionali, ma anche alcune criticità – rileva Portale – I principali elementi di evoluzione sono la decentralizzazione, poiché è il network stesso a stabilire la validità della transazione, la programmabilità, la completa tracciabilità, la sicurezza grazie alla crittografia, l’immutabilità grazie al registro strutturato in catena di blocchi. Tuttavia, le criptovalute mostrano alcuni punti di debolezza che non le rendono ancora in grado di sostituire le monete tradizionali, in primis l’elevata volatilità, poi la difficoltà di acquisizione per l’utente medio con l’exchange online, l’assenza di normativa omogenea delle varie giurisdizioni, la limitazione alla politica monetaria”.
E parlando di criptovalute, qualche giorno fa è arrivata una buona notizia: dopo le autorità svizzere anche quelle statunitensi hanno accettato formalmente le criptovalute. La Federal Reserve di St. Louis ha pubblicato uno studio in cui viene di fatto legittimato il Bitcoin, che viene riconosciuto non come forma di moneta classica, bensì come un sistema di pagamento tramite token decentralizzato dalla portata innovativa. Per mettere fine al Far West delle ICO viene fatta una distinzione tra tre tipi di token emessi. I Payment token vengono riconosciuti come criptovalute di tipo Bitcoin o Ether che si inquadrano quindi nella legge anti riciclaggio. Gli Utility token danno diritti di accesso digitale a un servizio o a un prodotto che verrà fornito in futuro. Il modello ricorda quello dei progetti di crowdfunding come Kickstarter, con la differenza che è garantito dalla blockchain, che registra tutte le transazioni che avvengono con i ‘gettoni’. Infine, viene affrontato il capitolo degli Asset token che offrono una partecipazione ai ricavi, ai dividendi o alti interessi di una società: si possono considerare al pari di stock option o asset finanziari pertanto saranno regolati nella stessa maniera.
É la blockchain la tecnologia che ben presto rivoluzionerà le nostre vite traghettandoci direttamente in una nuova era: quella dell’ “Internet of Value”, in cui le persone si scambieranno valore allo stesso modo in cui oggi ci si scambia le informazioni. Dietro la blockchain, infatti, non si nasconde solo il mistero delle criptovalute, ma le sue applicazioni vanno molto oltre ed investono quasi tutti i settori produttivi che pian piano ne stanno scoprendo le enormi potenzialità. Sono 331 i progetti (partiti o solo annunciati) censiti a livello internazionale da gennaio 2016 a oggi, di cui 172 in fase di test o già operativi. E questi ultimi, nel 2017, registrano una crescita del 73% rispetto all’anno precedente, mentre gli annunci, che però spesso non portano a risultati concreti, sono stati addirittura il 273% in più.
La finanza resta il principale settore di applicazione con il 59% dei progetti, ma si spazia dall’industria manifatturiera a quella alimentare, passando anche per i media. Dal 2017 si nota un progressivo ampliamento degli ambiti applicativi che interessano anche l’attività di governo (il 9%), la logistica (7,2%), le utility (3,9%), l’agrifood (3%), le assicurazioni (2,7%), l’healthcare (2,4%), il trasporto aereo (2,4%), i media (1,8%) e le telecomunicazioni (1,2%). La blockchain oggi è principalmente utilizzata per processi nei sistemi di pagamento (94 progetti), per il tracciamento e supply chain (67), per la gestione dati e documenti (64) e per il mercato dei capitali (51).
É il quadro che emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano che evidenzia come anche i governi e le banche centrali, dopo una diffidenza iniziale, si siano accorti del potenziale importante della blockchain. Tanto che 29 banche centrali mondiali hanno già avviato sperimentazioni per applicare alcune caratteristiche delle criptovalute alle valute tradizionali, creando delle “criptovalute vigilate”: ad oggi si contano 9 progetti retail, 19 orientati ai pagamenti interbancari e 8 progetti di ricerca su possibili applicazioni blockchain. Un progetto di ricerca promosso da Replye in collaborazione con l’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger e con partecipazionedell’Associazione Italiana Prestatori Servizi di Pagamento (APSP) ha provato a immaginare un “Cryptoeuro”, indagando se un sistema di criptovaluta vigilata potrebbe rendere più efficienti i processi di pagamento di alcuni settori (assicurazioni, utility, banche) con una valuta programmabile.
L’Italia resta ancora indietro. Per quanto riguarda il mercato italiano, il report ha evidenziato come, nonostante la presenza di una solida comunità di sviluppatori, questo sia ancora molto immaturo e non abbia investito cifre consistenti nella tecnologia blockchain. “In Italia il tema è ancora poco conosciuto e si evidenziano al momento poche sperimentazioni – spiega Valeria Portale, direttore dell’Osservatorio, secondo cui “la blockchain potrebbe avere un impatto notevole per il made in Italy in termini di tracciabilità e di anticontraffazione”. Tra le iniziative italiane menzionate dall’Osservatorio ci sono la Notarchain, lanciata lo scorso ottobre dal Consiglio Nazionale del Notariato ha presentato lo scorso ottobre, in partnership con IBM, e la Interbit, la piattaforma pe ril commercio elettronico dell’energia, lanciata da Eni, in collaborazione con la startup canadese BTL, BP e Wien Energy,
Rispetto alle criptovaluta, il report ne ha censite ben 894 attive ad oggi, per un valore complessivo di circa 327 miliardi di dollari (dato aggiornato al 16 aprile 2018). Il Bitcoin da solo rappresenta il 42% della totale capitalizzazione del mercato, ma dopo di questo la top ten delle principali criptovalute per market cap vede Ethereum, con il 16% della capitalizzazione, e Ripple con il 8%, seguite da BitcoinCash, LiteCoin, Cardano, Stellar, Iota Neo, Monero. “Le criptovalute presentano alcuni punti di forza rispetto alle monete tradizionali, ma anche alcune criticità – rileva Portale – I principali elementi di evoluzione sono la decentralizzazione, poiché è il network stesso a stabilire la validità della transazione, la programmabilità, la completa tracciabilità, la sicurezza grazie alla crittografia, l’immutabilità grazie al registro strutturato in catena di blocchi. Tuttavia, le criptovalute mostrano alcuni punti di debolezza che non le rendono ancora in grado di sostituire le monete tradizionali, in primis l’elevata volatilità, poi la difficoltà di acquisizione per l’utente medio con l’exchange online, l’assenza di normativa omogenea delle varie giurisdizioni, la limitazione alla politica monetaria”.
E parlando di criptovalute, qualche giorno fa è arrivata una buona notizia: dopo le autorità svizzere anche quelle statunitensi hanno accettato formalmente le criptovalute. La Federal Reserve di St. Louis ha pubblicato uno studio in cui viene di fatto legittimato il Bitcoin, che viene riconosciuto non come forma di moneta classica, bensì come un sistema di pagamento tramite token decentralizzato dalla portata innovativa. Per mettere fine al Far West delle ICO viene fatta una distinzione tra tre tipi di token emessi. I Payment token vengono riconosciuti come criptovalute di tipo Bitcoin o Ether che si inquadrano quindi nella legge anti riciclaggio. Gli Utility token danno diritti di accesso digitale a un servizio o a un prodotto che verrà fornito in futuro. Il modello ricorda quello dei progetti di crowdfunding come Kickstarter, con la differenza che è garantito dalla blockchain, che registra tutte le transazioni che avvengono con i ‘gettoni’. Infine, viene affrontato il capitolo degli Asset token che offrono una partecipazione ai ricavi, ai dividendi o alti interessi di una società: si possono considerare al pari di stock option o asset finanziari pertanto saranno regolati nella stessa maniera.