Dopo aver fissato le nuove linee guida sulla gestione dei Non Performing Loans, la Banca Centrale Europea è intenzionata a mettere nuovi paletti anche sui rischi di mercato, tra cui spicca il controllo degli strumenti meno liquidi Level 2 Level 3. Poiché stiamo andando verso un rialzo dei tassi di interesse e un aumento della volatilità nei mercati finanziari (considerando anche le conseguenze della Brexit), le banche potrebbero trovarsi impreparate, anche perché il lungo periodo di liquidità abbondante e tassi sotto lo zero hanno incentivato l’assunzione di rischi e carry trade.
Lo ha spiegato due giorni fa in un discorso alla Financial Times Fitch Global Banking Conference a Londra Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di Vigilanza che fa capo alla Bce. In sostanza fin’ora l’attività del Single Supervisory Mechanism si è concentrata soprattutto sui requisiti patrimoniali delle banche europee, per migliorarne la solidità, e si è chiesto loro di liberarsi dei crediti problematici in pancia. E infatti negli ultimi 3 anni, da fine 2014 a fine 2017, il ratio dei crediti deteriorati lordi è sceso dal 7,6% al 4,9% in media, con una riduzione sullo stock in essere dei NPLs del 25%. Nello stesso periodo, però, il CET-1 per le banche più significative direttamente vigilate dalla Bce è salito in media del 3% portandosi al 14,6%.
All’orizzonte ci sono la fine del Quantitative Easing e dell’era dei tassi negativi che rappresenteranno una nuova sfida per le banche. Da un’analisi della Bce sul rischio di tasso d’interesse nei bilanci delle banche è emerso come i modelli interni tendano ad essere basati “solamente” su un periodo di tassi in calo. A tal proposito Angeloni ha sottolineato che in futuro la supervisione della BCE darà maggior peso alle analisi di impatto per misurare gli effetti della regolamentazione bancaria. D’altronde già nel 2016 è scattata l’operazione TRIM (Targeted review of internal models), che si concluderà nel 2020, e che ha l’obiettivo di monitorare più da vicino gli strumenti meno liquidi Level 2 Level 3.
Dunque una BCE che sposta la sua attenzione sui derivati, dopo aver chiuso il cerchio sui requisiti patrimoniali, mettendo in guardia le banche sulle maxi rettifiche. Qualche giorno fa, infatti, la vigilanza europea avrebbe inviato una lettera riservata alle banche e alle società di revisione per “avvertire” un’attenzione particolare da parte di Francoforte sulle valutazioni contabili legate ai nuovi standard contabili Ifrs9. Stando a quanto ha scritto il Sole 24 Ore, la BCE avrebbe comunicato di star esaminando i conti degli istituti significativi per capire se ci siano stati effetti “indesiderati” sul calcolo del Cet1 ratio causati da un “incorretto utilizzo dei fattori” utilizzati per il calcolo delle rettifiche. L’ipotesi che la BCE vuole verificare è che le banche non abbiano approfittato dei benefici derivanti dall’introduzione graduale dell’impatto della riforma del principio contabile. La regolamentazione infatti prevede di poter diluire l’extra svalutazione nei prossimi cinque anni, in maniera graduale, andando a erodere il capitale senza impattare sul conto economico. Secondo la Vigilanza, le banche potrebbero aver effettuato “un’errata stima dello stock degli accantonamenti determinati in base allo Ias39 a fine 2017” oppure “nell’importo totale e nell’assegnazione degli accantonamenti nel quadro della first time adoption dell’Ifr9”, come si legge nella lettera che Il Sole ha avuto modo di visionare.
Dopo aver fissato le nuove linee guida sulla gestione dei Non Performing Loans, la Banca Centrale Europea è intenzionata a mettere nuovi paletti anche sui rischi di mercato, tra cui spicca il controllo degli strumenti meno liquidi Level 2 Level 3. Poiché stiamo andando verso un rialzo dei tassi di interesse e un aumento della volatilità nei mercati finanziari (considerando anche le conseguenze della Brexit), le banche potrebbero trovarsi impreparate, anche perché il lungo periodo di liquidità abbondante e tassi sotto lo zero hanno incentivato l’assunzione di rischi e carry trade.
Lo ha spiegato due giorni fa in un discorso alla Financial Times Fitch Global Banking Conference a Londra Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di Vigilanza che fa capo alla Bce. In sostanza fin’ora l’attività del Single Supervisory Mechanism si è concentrata soprattutto sui requisiti patrimoniali delle banche europee, per migliorarne la solidità, e si è chiesto loro di liberarsi dei crediti problematici in pancia. E infatti negli ultimi 3 anni, da fine 2014 a fine 2017, il ratio dei crediti deteriorati lordi è sceso dal 7,6% al 4,9% in media, con una riduzione sullo stock in essere dei NPLs del 25%. Nello stesso periodo, però, il CET-1 per le banche più significative direttamente vigilate dalla Bce è salito in media del 3% portandosi al 14,6%.
All’orizzonte ci sono la fine del Quantitative Easing e dell’era dei tassi negativi che rappresenteranno una nuova sfida per le banche. Da un’analisi della Bce sul rischio di tasso d’interesse nei bilanci delle banche è emerso come i modelli interni tendano ad essere basati “solamente” su un periodo di tassi in calo. A tal proposito Angeloni ha sottolineato che in futuro la supervisione della BCE darà maggior peso alle analisi di impatto per misurare gli effetti della regolamentazione bancaria. D’altronde già nel 2016 è scattata l’operazione TRIM (Targeted review of internal models), che si concluderà nel 2020, e che ha l’obiettivo di monitorare più da vicino gli strumenti meno liquidi Level 2 Level 3.
Dunque una BCE che sposta la sua attenzione sui derivati, dopo aver chiuso il cerchio sui requisiti patrimoniali, mettendo in guardia le banche sulle maxi rettifiche. Qualche giorno fa, infatti, la vigilanza europea avrebbe inviato una lettera riservata alle banche e alle società di revisione per “avvertire” un’attenzione particolare da parte di Francoforte sulle valutazioni contabili legate ai nuovi standard contabili Ifrs9. Stando a quanto ha scritto il Sole 24 Ore, la BCE avrebbe comunicato di star esaminando i conti degli istituti significativi per capire se ci siano stati effetti “indesiderati” sul calcolo del Cet1 ratio causati da un “incorretto utilizzo dei fattori” utilizzati per il calcolo delle rettifiche. L’ipotesi che la BCE vuole verificare è che le banche non abbiano approfittato dei benefici derivanti dall’introduzione graduale dell’impatto della riforma del principio contabile. La regolamentazione infatti prevede di poter diluire l’extra svalutazione nei prossimi cinque anni, in maniera graduale, andando a erodere il capitale senza impattare sul conto economico. Secondo la Vigilanza, le banche potrebbero aver effettuato “un’errata stima dello stock degli accantonamenti determinati in base allo Ias39 a fine 2017” oppure “nell’importo totale e nell’assegnazione degli accantonamenti nel quadro della first time adoption dell’Ifr9”, come si legge nella lettera che Il Sole ha avuto modo di visionare.