Come si gestisce la cessione del quinto nelle situazioni di sovraindebitamento? La questione è al centro di alcune polemiche per la proposta contenuta nella legge delega di riforma fallimentare che inciderà sulla legge 3 del 2012, meglio nota come legge Salvasuicidi. Secondo alcune Associazioni dei consumatori, introdurre una maggior tutela dello strumento “cessione del quinto” potrebbe avere sviluppi nefasti che si ripercuoterebbero sul cittadino sovraindebitato.
Il Movimento Difesa del Cittadino e l’Associazione italiana Sovraindebitamento, che di recente hanno avviato una collaborazione proprio su questo tema, hanno scritto alle Commissioni parlamentari chiedendo di rivedere il comma che introduce tale modifica. “Ad oggi non esiste un problema cessione del quinto rispetto alla legge 3/2012 poiché, dopo un’incertezza iniziale, diversi Tribunali, da Milano a Siracusa, hanno iniziato a trattare questa forma di finanziamento come tutti gli altri finanziamenti chirografi, di fatto permettendo di intervenire incisivamente anche in situazioni di sovraindebitamento dove esistono cessioni o deleghe di stipendio”.
Le Associazioni riportano una serie di pronunce di merito che vedono la cessione del quinto perfezionata solo quando il credito è maturato e non su un eventuale credito futuro. Pertanto i crediti futuri restano nella disponibilità del cedente e sono disponibili per la procedura. A tal proposito il Tribunale di Livorno ha affermato che “il credito ceduto dal lavoratore/pensionato alla finanziaria è un credito futuro che, quindi, sorge solo al momento in cui viene maturato il diritto di percepire il relativo rateo mensile”. Tale interpretazione permette di risolvere i casi di molte famiglie che proprio in conseguenza del pagamento delle rate di cessione del quinto, vivono situazioni di difficoltà economica. Ed ha l’effetto di moralizzazione che dovrebbe spingere le società erogatrici ad una maggiore attenzione sul merito creditizio dei clienti da finanziare.
Il comma inserito dalla legge delega all’interno dell’art. 9, inoltre, assimila la cessione del quinto alle operazioni di pegno, che hanno invece uno specifico privilegio di legge, e limita la possibilità di ristrutturare la CQS al Piano del Consumatore, mentre oggi già la norma interviene anche in caso di liquidazione del patrimonio e di accordo di composizione. Nei casi che presentano una Liquidazione del patrimonio, infatti, oggi il contratto di cessione verrebbe sciolto per analogia con la legge fallimentare e il credito residuo inserito all’interno del piano di riparto, con l’effetto che il consumatore non si vedrebbe più togliere la rata mensile dallo stipendio. In caso di limitazione al solo Piano del consumatore invece, nonostante l’accesso alla procedura e la liquidazione di propri beni, il consumatore dovrebbe continuare a subire la trattenuta sullo stipendio! Questo tipo di formulazione andrebbe paradossalmente a premiare la forma di credito che più contribuisce a creare la situazione di sovraindebitamento. E le finanziarie non avrebbero problemi ad erogare la cessione anche quando il soggetto è palesemente in difficoltà finanziaria, contando sul fatto che le rate verranno tolte dallo stipendio. Le Associazioni hanno dunque chiesto un’urgente audizione alle Commissioni parlamentari per evitare che una poco accorta attuazione della legge delega ostacoli l’applicazione della legge Salvasuicidi.
Come si gestisce la cessione del quinto nelle situazioni di sovraindebitamento? La questione è al centro di alcune polemiche per la proposta contenuta nella legge delega di riforma fallimentare che inciderà sulla legge 3 del 2012, meglio nota come legge Salvasuicidi. Secondo alcune Associazioni dei consumatori, introdurre una maggior tutela dello strumento “cessione del quinto” potrebbe avere sviluppi nefasti che si ripercuoterebbero sul cittadino sovraindebitato.
Il Movimento Difesa del Cittadino e l’Associazione italiana Sovraindebitamento, che di recente hanno avviato una collaborazione proprio su questo tema, hanno scritto alle Commissioni parlamentari chiedendo di rivedere il comma che introduce tale modifica. “Ad oggi non esiste un problema cessione del quinto rispetto alla legge 3/2012 poiché, dopo un’incertezza iniziale, diversi Tribunali, da Milano a Siracusa, hanno iniziato a trattare questa forma di finanziamento come tutti gli altri finanziamenti chirografi, di fatto permettendo di intervenire incisivamente anche in situazioni di sovraindebitamento dove esistono cessioni o deleghe di stipendio”.
Le Associazioni riportano una serie di pronunce di merito che vedono la cessione del quinto perfezionata solo quando il credito è maturato e non su un eventuale credito futuro. Pertanto i crediti futuri restano nella disponibilità del cedente e sono disponibili per la procedura. A tal proposito il Tribunale di Livorno ha affermato che “il credito ceduto dal lavoratore/pensionato alla finanziaria è un credito futuro che, quindi, sorge solo al momento in cui viene maturato il diritto di percepire il relativo rateo mensile”. Tale interpretazione permette di risolvere i casi di molte famiglie che proprio in conseguenza del pagamento delle rate di cessione del quinto, vivono situazioni di difficoltà economica. Ed ha l’effetto di moralizzazione che dovrebbe spingere le società erogatrici ad una maggiore attenzione sul merito creditizio dei clienti da finanziare.
Il comma inserito dalla legge delega all’interno dell’art. 9, inoltre, assimila la cessione del quinto alle operazioni di pegno, che hanno invece uno specifico privilegio di legge, e limita la possibilità di ristrutturare la CQS al Piano del Consumatore, mentre oggi già la norma interviene anche in caso di liquidazione del patrimonio e di accordo di composizione. Nei casi che presentano una Liquidazione del patrimonio, infatti, oggi il contratto di cessione verrebbe sciolto per analogia con la legge fallimentare e il credito residuo inserito all’interno del piano di riparto, con l’effetto che il consumatore non si vedrebbe più togliere la rata mensile dallo stipendio. In caso di limitazione al solo Piano del consumatore invece, nonostante l’accesso alla procedura e la liquidazione di propri beni, il consumatore dovrebbe continuare a subire la trattenuta sullo stipendio! Questo tipo di formulazione andrebbe paradossalmente a premiare la forma di credito che più contribuisce a creare la situazione di sovraindebitamento. E le finanziarie non avrebbero problemi ad erogare la cessione anche quando il soggetto è palesemente in difficoltà finanziaria, contando sul fatto che le rate verranno tolte dallo stipendio. Le Associazioni hanno dunque chiesto un’urgente audizione alle Commissioni parlamentari per evitare che una poco accorta attuazione della legge delega ostacoli l’applicazione della legge Salvasuicidi.