Con quasi 1000 adesioni e 20 speaker di eccezione, moderati da Oreste Vidoli e Massimo Famularo, l’edizione 2017 del Credit Village Day conferma l’altissima attenzione di tutti i player coinvolti nella gestione e tutela del credito. Al centro dell’evento i dati del mercato NPL e la metamorfosi di un settore in piena trasformazione
Milano, 24 novembre 2017 – Grande successo per l’11° edizione del Credit Village Day che si è tenuta il 22 novembre a Milano presso la prestigiosa location del Crowne Plaza. Quasi 1000 gli ospiti che hanno partecipato alla kermesse che dal 2008 è diventata un punto di riferimento per tutto il settore del Credit Management: presenti tutti i servicer specializzati nella gestione e tutela del credito, i responsabili delle principali banche, società finanziarie, aziende di utilities, insieme ad investitori italiani ed esteri e alle società di advisory.
Serratissimo il confronto durante la tavola rotonda iniziale che è riuscita nel difficile intento di raccontare la trasformazione di un settore così complesso e articolato. Partendo da un excursus sugli ultimi 20 anni di storia, in cui il comparto della gestione del credito si è strutturato lungo diverse direttrici che spaziano dall’outsourcing estremo alla totale internalizzazione, si è arrivati a definire le prospettive future in un momento di grande metamorfosi, legata soprattutto al continuo fermento dei crediti deteriorati. Senza dubbio il 2017 è stato l’anno “mediatico” del recupero crediti che, attraverso l’enorme rumore fatto dagli NPL, ha occupato praticamente tutti i giorni le pagine dei giornali. Tra annunci di maxi cessioni da parte di grandi banche e le corse degli investitori stranieri ad acquisire portafogli di crediti deteriorati nel nostro mercato, quest’anno ha registrato valori record in termini di cifre e numero di transazioni. L’Osservatorio Nazionale NPL Market di Credit Village, che dal 1° gennaio 2016 censisce tutte le transazioni NPL, ha individuato 150 operazioni completate nei primi 10 mesi del 2017, per un controvalore di 35 miliardi di euro che diventeranno oltre 70 a fine anno, considerando gli accordi vincolanti già sottoscritti e quelli in trattativa.
In che modo i principali attori del settore riusciranno a cogliere le grandi opportunità offerte da questo nuovo mercato? E chi, come e quando, riuscirà a recuperare questi crediti? I protagonisti indiscussi sono i servicer che avranno un ruolo strategico, ma si troveranno di fronte una grande sfida: recuperare crediti estremamente complessi (secured, corporate e SME), con ticket superiori ai 250.000 euro, che richiedono un mix di competenze trasversali non facilmente reperibili sul mercato di casa nostra, specializzato in segmenti unsecured di ticket con valori molto più bassi e di tipologia retail/credito al consumo/utilities. Senza contare che ben 115 cessioni su 135 sono state realizzate attraverso operazioni di cartolarizzazione e questo, oltre a richiedere strutture e processi interni ben diversi da quelli dei nostri operatori, ci riporta con la mente allo scoppio della crisi Subprime del 2007, di cui sono state il motore.
Il settore si sta trasformando velocemente e sotto il versante delle competenze e delle dimensioni, si osserva da un lato la super specializzazione e la concorrenza di molteplici player di dimensioni ridotte, dall’altro la creazione di piattaforme generaliste di grandi dimensioni, sbarcate anche in borsa. Vista l’attenzione internazionale per il private Equity e M&A sulle società italiane dovremmo forse chiederci chi sarà il prossimo a quotarsi in borsa? E che ruolo gioca il possesso di una licenza bancaria che tutti sembrano bramare, ma che ad oggi non ha di fatto ancora utilizzato nessuno?
L’esito più plausibile è l’emergere di un nuovo equilibrio di relazione tra i big player, con la capacità di raccogliere i mandati principali, e gli special player che contribuiranno a declinarne l’operatività sul territorio. Ma il punto è: quali saranno i rapporti di forza e le quote di ripartizione delle fee tra questi due attori? In passato abbiamo già assistito alle controindicazioni e alle disfunzioni derivanti da una logica di gestione degli outsourcer basata esclusivamente su logiche di costo, senza misurare correttamente qualità e performance. L’augurio è che questa volta non si ripetano gli errori del passato.
Con quasi 1000 adesioni e 20 speaker di eccezione, moderati da Oreste Vidoli e Massimo Famularo, l’edizione 2017 del Credit Village Day conferma l’altissima attenzione di tutti i player coinvolti nella gestione e tutela del credito. Al centro dell’evento i dati del mercato NPL e la metamorfosi di un settore in piena trasformazione
Milano, 24 novembre 2017 – Grande successo per l’11° edizione del Credit Village Day che si è tenuta il 22 novembre a Milano presso la prestigiosa location del Crowne Plaza. Quasi 1000 gli ospiti che hanno partecipato alla kermesse che dal 2008 è diventata un punto di riferimento per tutto il settore del Credit Management: presenti tutti i servicer specializzati nella gestione e tutela del credito, i responsabili delle principali banche, società finanziarie, aziende di utilities, insieme ad investitori italiani ed esteri e alle società di advisory.
Serratissimo il confronto durante la tavola rotonda iniziale che è riuscita nel difficile intento di raccontare la trasformazione di un settore così complesso e articolato. Partendo da un excursus sugli ultimi 20 anni di storia, in cui il comparto della gestione del credito si è strutturato lungo diverse direttrici che spaziano dall’outsourcing estremo alla totale internalizzazione, si è arrivati a definire le prospettive future in un momento di grande metamorfosi, legata soprattutto al continuo fermento dei crediti deteriorati. Senza dubbio il 2017 è stato l’anno “mediatico” del recupero crediti che, attraverso l’enorme rumore fatto dagli NPL, ha occupato praticamente tutti i giorni le pagine dei giornali. Tra annunci di maxi cessioni da parte di grandi banche e le corse degli investitori stranieri ad acquisire portafogli di crediti deteriorati nel nostro mercato, quest’anno ha registrato valori record in termini di cifre e numero di transazioni. L’Osservatorio Nazionale NPL Market di Credit Village, che dal 1° gennaio 2016 censisce tutte le transazioni NPL, ha individuato 150 operazioni completate nei primi 10 mesi del 2017, per un controvalore di 35 miliardi di euro che diventeranno oltre 70 a fine anno, considerando gli accordi vincolanti già sottoscritti e quelli in trattativa.
In che modo i principali attori del settore riusciranno a cogliere le grandi opportunità offerte da questo nuovo mercato? E chi, come e quando, riuscirà a recuperare questi crediti? I protagonisti indiscussi sono i servicer che avranno un ruolo strategico, ma si troveranno di fronte una grande sfida: recuperare crediti estremamente complessi (secured, corporate e SME), con ticket superiori ai 250.000 euro, che richiedono un mix di competenze trasversali non facilmente reperibili sul mercato di casa nostra, specializzato in segmenti unsecured di ticket con valori molto più bassi e di tipologia retail/credito al consumo/utilities. Senza contare che ben 115 cessioni su 135 sono state realizzate attraverso operazioni di cartolarizzazione e questo, oltre a richiedere strutture e processi interni ben diversi da quelli dei nostri operatori, ci riporta con la mente allo scoppio della crisi Subprime del 2007, di cui sono state il motore.
Il settore si sta trasformando velocemente e sotto il versante delle competenze e delle dimensioni, si osserva da un lato la super specializzazione e la concorrenza di molteplici player di dimensioni ridotte, dall’altro la creazione di piattaforme generaliste di grandi dimensioni, sbarcate anche in borsa. Vista l’attenzione internazionale per il private Equity e M&A sulle società italiane dovremmo forse chiederci chi sarà il prossimo a quotarsi in borsa? E che ruolo gioca il possesso di una licenza bancaria che tutti sembrano bramare, ma che ad oggi non ha di fatto ancora utilizzato nessuno?
L’esito più plausibile è l’emergere di un nuovo equilibrio di relazione tra i big player, con la capacità di raccogliere i mandati principali, e gli special player che contribuiranno a declinarne l’operatività sul territorio. Ma il punto è: quali saranno i rapporti di forza e le quote di ripartizione delle fee tra questi due attori? In passato abbiamo già assistito alle controindicazioni e alle disfunzioni derivanti da una logica di gestione degli outsourcer basata esclusivamente su logiche di costo, senza misurare correttamente qualità e performance. L’augurio è che questa volta non si ripetano gli errori del passato.