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Ocse, Italia in coda nell’economia digitale

Italia in ritardo nella rivoluzione digitale. E’ il quadro che emerge dal rapporto ‘Digital Economy Outlook 2017′ dell’Ocse che vede la Penisola nella retroguardia tra i Paesi avanzati quanto al grado di avanzamento della trasformazione tecnologica. Lo studio si concentra nel settore Ict (Information and Communication Technology), che e’ un fattore chiave dell’innovazione: a livello mondiale assorbe infatti la maggior parte della spesa delle imprese in Ricerca e Sviluppo e oltre un terzo delle richieste di brevetto. Il ritardo italiano riguarda gli investimenti cosi’ come l’accesso e l’uso delle tecnologie piu’ avanzate sia da parte delle imprese che della popolazione. Un aspetto quest’ultimo che relega l’Italia decisamente in coda tra i Paesi avanzati: anche se negli ultimi anni sono stati compiuti passi avanti, per molti nella Penisola il digitale resta un mondo a parte.

Le imprese italiane dedicano all’Ict solo il 14% della spesa totale in R&S

In base ai dati Ocse, le imprese italiane dedicano alla spesa in R&S solo lo 0,76% del Pil, contro ad esempio il 2% delle concorrenti tedesche, per non dire del 3,6% delle aziende di Israele, che guidano la graduatoria davanti a Corea e Giappone. Le imprese italiane dedicano poi al’Ict solo il 14% della spesa totale in R&S, contro il 75% della Cina Taipei, il 53% della Corea, il 45% di Israele e il 35% degli Usa. La posizione della Penisola e’ ancor piu’ verso la fine della ‘classifica’, se si considera il valore aggiunto del settore Ict rispetto al valore aggiunto totale, che nel 2015 era pari al 3,6%, in calo rispetto al 4,1% del 2008 ante-crisi e contro una media Ocse del 5,4% (la Corea, prima della graduatoria e’ al 10,3%). Anche sul fronte dell’occupazione, l’Ict italiano e’ sotto la media Ocse (2,5% del totale contro il 3% circa), valore che si e’ mantenuto comunque stabile rispetto al pre-crisi, il che dimostra la resilienza del settore in tempi difficili. L’impatto della recessione si e’ invece sentito nell’export di servizi Ict, dove la quota italiana e’ scesa dal 2,54% del totale mondiale del 2008 all’1,9% del 2016. L’Italia recupera qualche posizione, pero’, se si considerano le sole tlc: gli investimenti nel settore nel 2015 erano pari al 23% degli introiti, in crescita dal 17% del 2013 e sopra la media Ocse (16%). I sottoscrittori della banda larga fissa sono sotto la media Ocse, ma tra il 2015 e il 2016 sono aumentati di quasi il 4%, oltre la media. L’uso dei dati sulla telefonia mobile, con 1,7 gigabyte per mese, e’ sideralmente distante dagli 11 della Finlandia, e’ sotto la media Ocse (1,9), ma superiore a Francia (1,6) e Germania (1,2).

Naviga in rete meno del 69% della popolazione contro la media Ocse dell’84%

Tornando al fronte delle imprese, l’ambito digitale resta per una congrua parte un terreno poco praticato, anche se non mancano i progressi: solo il 71% delle aziende italiane nel 2016 aveva un sito web o una home page (il 69% nel caso delle piccole aziende) contro la media Ocse del 77% e contro valori attorno o superiori al 90% degli altri big occidentali (Finlandia 95% e Germania 89%). Nel 2010, comunque, la percentuale si fermava al 61%. L’Italia e’ decisamente a fondo classifica tra i Paesi industrializzati nell’utilizzo di internet: naviga in rete meno del 69% della popolazione contro la media Ocse dell’84%, con percentuali inferiori agli altri Paesi anche tra i piu’ giovani (il 90% tra i 16-24enni contro il 96,5% Ocse) e un divario ancor piu’ evidente nella fascia d’eta’ piu’ avanzata (42% tra i 55-74enni contro il 63% Ocse). Solo Messico, Turchia e Brasile hanno percentuali inferiori.

L’e-government resta quasi un miraggio

L’e-government resta poi quasi un miraggio rispetto ad altri Paesi: solo un cittadino italiano su 4 se ne avvale in qualche modo contro, ad esempio, l’88% dei danesi e il 66% dei francesi e anche il 49% de greci. E solo l’12% ha usato l’e-government per inviare formulari compilati contro, ad esempio, il 23% della Turchia. L’Italia e’ poi la maglia nera tra i maggiori Paesi quanto all’uso quotidiano di internet al lavoro per mandare o ricevere posta o fare ricerche sul web.

Nella Penisola restano meno diffusi che altrove gli acquisti online, anche se il settore si sta espandendo rapidamente. Nel 2016 solo un italiano su tre si e’ avvalso del web per fare shopping contro la media Ocse del 52% e, ad esempio, l’83% britannico. La percentuale e’, pero’, quasi raddoppiata rispetto al 2010, quando era solo del 15%. Nel rapporto, comunque, l’Ocse bacchetta tutti i Paesi industrializzati. “La trasformazione digitale non sta avvenendo allo stesso ritmo nei singoli Paesi, nelle aziende e nelle famiglie e questo si traduce in una disparita’ di opportunita’”, ha sottolineato il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria alla presentazione del rapporto. In particolare – stigmatizza l’Ocse – le politiche dei Governi non hanno tenuto il passo con l’innovazione digitale e la trasformazione di economie e societa’ guidate dalle grandi imprese tecnologiche. Per questo, “i Paesi devono aumentare gli sforzi ed investire maggiormente nell’istruzione e nelle competenze e incoraggiare a un maggiore uso delle tecnologie avanzate, in particolare da parte delle piccole imprese, per rendere la rivoluzione digitale piu’ produttiva e inclusiva”.


Autore: Giuliana Licini
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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