Come tutti i passi verso un territorio (ancora) inesplorato, è stato a lungo rinviato e meditato.Ma stavolta la Bce ha deciso di rompere gli indugi e di gettarsi nellagone del Fintech. Preparandosi a disciplinare per la prima volta il mondo delle società, perlopiù di giovanissima età, che offrono servizi bancari in versione digitale, robotizzata, e comunque innovativa.
Da tempo i banchieri tradizionali chiedevano un intervento del regolatore in grado di assicurare parità di trattamento a tutti i competitor del sempre più affollato mercato dei servizi bancari. Francoforte ha risposto pubblicando, per ora in consultazione, le linee guida per lesame delle richieste di licenza bancaria avanzate da Fintech. Si prevede che la versione definitiva sia disponibile per la fine di questanno, in modo che dal 2018 le singole banche centrali nazionali – a cui spetta la gestione delle licenze – possano uniformarsi.
Nei fatti, dice Bce, il processo di richiesta, valutazione e assegnazione della licenza bancaria – necessaria per svolgere attività di raccolta presso il pubblico – resterà unico per tutti i soggetti. Senonché per le Fintech il Meccanismo di vigilanza unico ha previsto alcuni requisiti aggiuntivi, con lobiettivo di consentire loro di «contribuire positivamente al settore finanziario», al tempo stesso garantendo la sicurezza del sistema bancario e adeguanti requisiti prudenziali per chi entra nel settore.
Fin qui le premesse. Allatto pratico, la Bce propone per le Fintech una dotazione di capitale superiore alla media e una riserva aggiuntiva, sufficiente coprire le potenziali perdite dei primi tre anni di startup. Poi un azionariato stabile e di alto profilo, alla pari di un qualsiasi altro investitore bancario. Esattamente come il team manageriale, che dovrà essere capace di associare competenze tipicamente bancarie a quelle tecnologiche. Inoltre, Bce si riserva il diritto di effettuare interviste e ispezioni in loco per verificare le condizioni delle infrastrutture It ed esami aggiuntivi ai sistemi di valutazione di clienti e crediti.
Troppo? Troppo poco? Il dibattito è assicurato. E destinato a proporsi in termini non molto diversi da quello accesissimo sulle criptovalute. Fuori discussione lineluttabilità del Fintech, gli investimenti miliardari e leffetto-contaminazione per gli operatori tradizionali, cè chi ritiene che lapproccio della Bce tradisca una diffidenza di fondo. «Senzaltro è diverso da quello di altri regolatori», osserva Marcello Sala, ex vice presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo e ora presidente delladvisory board di Apis Partners, fondo specializzato nel Fintech. «Nel Regno Unito adempimenti e requisiti sono inferiori nei primi tre anni di vita della startup, poi crescono con il passare del tempo e delle dimensioni», fa notare Sala: «Chiedere, come propone Bce, da subito requisiti rafforzati a società appena nate mi pare disincentivante. E rischia di spingerle a stare fuori dal mercato bancario vero e proprio, concentrandosi in modo ancora più aggressivo su servizi ancillari». Daltra parte il documento Bce «non è da leggere come una stretta, bensì lapplicazione delle normali regole che già sono previste per il settore bancario – sottolinea Giovanni Stefanin, partner PwC Tls -. Gli investitori di una startup fintech che aspira a diventare banca, come un venture capitalist ad esempio, devono rispettare i requisiti di solidità finanziaria previsti per gli azionisti delle banche tradizionali», mentre per i manager e i membri del board si chiedono «correttamente competenze sia bancarie che tecnologiche, come la peculiarità del business richiede».
Le linee guida della Bce sono destinate solo a chi chiede la licenza bancaria: 6 soggetti in tutta Europa lhanno ricevuta nellultimo anno, altri due sono in fase di assegnazione. Decine di altri operatori, invece, che ad esempio offrono servizi di pagamento o di adsviory non necessitano di licenza bancaria e dunque non dovrebbero sottostare ai nuovi requisiti.
Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:
Il Sole 24 Ore
mondo bancario – fintech – bce
Come tutti i passi verso un territorio (ancora) inesplorato, è stato a lungo rinviato e meditato.Ma stavolta la Bce ha deciso di rompere gli indugi e di gettarsi nellagone del Fintech. Preparandosi a disciplinare per la prima volta il mondo delle società, perlopiù di giovanissima età, che offrono servizi bancari in versione digitale, robotizzata, e comunque innovativa.
Da tempo i banchieri tradizionali chiedevano un intervento del regolatore in grado di assicurare parità di trattamento a tutti i competitor del sempre più affollato mercato dei servizi bancari. Francoforte ha risposto pubblicando, per ora in consultazione, le linee guida per lesame delle richieste di licenza bancaria avanzate da Fintech. Si prevede che la versione definitiva sia disponibile per la fine di questanno, in modo che dal 2018 le singole banche centrali nazionali – a cui spetta la gestione delle licenze – possano uniformarsi.
Nei fatti, dice Bce, il processo di richiesta, valutazione e assegnazione della licenza bancaria – necessaria per svolgere attività di raccolta presso il pubblico – resterà unico per tutti i soggetti. Senonché per le Fintech il Meccanismo di vigilanza unico ha previsto alcuni requisiti aggiuntivi, con lobiettivo di consentire loro di «contribuire positivamente al settore finanziario», al tempo stesso garantendo la sicurezza del sistema bancario e adeguanti requisiti prudenziali per chi entra nel settore.
Fin qui le premesse. Allatto pratico, la Bce propone per le Fintech una dotazione di capitale superiore alla media e una riserva aggiuntiva, sufficiente coprire le potenziali perdite dei primi tre anni di startup. Poi un azionariato stabile e di alto profilo, alla pari di un qualsiasi altro investitore bancario. Esattamente come il team manageriale, che dovrà essere capace di associare competenze tipicamente bancarie a quelle tecnologiche. Inoltre, Bce si riserva il diritto di effettuare interviste e ispezioni in loco per verificare le condizioni delle infrastrutture It ed esami aggiuntivi ai sistemi di valutazione di clienti e crediti.
Troppo? Troppo poco? Il dibattito è assicurato. E destinato a proporsi in termini non molto diversi da quello accesissimo sulle criptovalute. Fuori discussione lineluttabilità del Fintech, gli investimenti miliardari e leffetto-contaminazione per gli operatori tradizionali, cè chi ritiene che lapproccio della Bce tradisca una diffidenza di fondo. «Senzaltro è diverso da quello di altri regolatori», osserva Marcello Sala, ex vice presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo e ora presidente delladvisory board di Apis Partners, fondo specializzato nel Fintech. «Nel Regno Unito adempimenti e requisiti sono inferiori nei primi tre anni di vita della startup, poi crescono con il passare del tempo e delle dimensioni», fa notare Sala: «Chiedere, come propone Bce, da subito requisiti rafforzati a società appena nate mi pare disincentivante. E rischia di spingerle a stare fuori dal mercato bancario vero e proprio, concentrandosi in modo ancora più aggressivo su servizi ancillari». Daltra parte il documento Bce «non è da leggere come una stretta, bensì lapplicazione delle normali regole che già sono previste per il settore bancario – sottolinea Giovanni Stefanin, partner PwC Tls -. Gli investitori di una startup fintech che aspira a diventare banca, come un venture capitalist ad esempio, devono rispettare i requisiti di solidità finanziaria previsti per gli azionisti delle banche tradizionali», mentre per i manager e i membri del board si chiedono «correttamente competenze sia bancarie che tecnologiche, come la peculiarità del business richiede».
Le linee guida della Bce sono destinate solo a chi chiede la licenza bancaria: 6 soggetti in tutta Europa lhanno ricevuta nellultimo anno, altri due sono in fase di assegnazione. Decine di altri operatori, invece, che ad esempio offrono servizi di pagamento o di adsviory non necessitano di licenza bancaria e dunque non dovrebbero sottostare ai nuovi requisiti.
Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:
Il Sole 24 Ore
mondo bancario – fintech – bce