Giubileo bancario. E’ una soluzione? Si’
a cura di Dino Crivellari
In Parlamento sono depositati tre disegni di legge (due alla Camera dei deputati, primi firmatari Paglia e Marotta ed uno al Senato, prima firmataria de Petris) che si propongono di normare in via straordinaria una soluzione al più grave problema del nostro paese: i crediti deteriorati bancari.
I numeri sono noti a tutti. La crisi, ormai decennale, ci ha lasciato in eredità 350 miliardi di crediti deteriorati di cui 200 miliardi di vere e proprie sofferenze. Sui 1000 miliardi di Npl a livello comunitario, lItalia ne detiene oltre il 30%.
Un fenomeno particolarmente grave, anche perché riguarda circa 10 milioni di cittadini (tra debitori, garanti, coobbligati, dipendenti delle imprese in crisi), figlio del bancocentrismo che ha da sempre caratterizzato la nostra economia, la vera origine del problema.
Il nostro sistema produttivo ha sempre preferito lindebitamento bancario piuttosto che la patrimonializzazione e la crescita della dimensione media delle aziende, tra le più piccole dEuropa. Era quindi inevitabile che la crisi economica trovasse il punto di atterraggio nel deterioramento della qualità del rischio di credito, alimentando a dismisura larea patologica dellattivo delle banche.
Questo fenomeno troverà una correzione evolutiva nella progressiva debancarizzazione della allocazione delle risorse finanziarie verso i prenditori, grazie alla discesa in campo di nuovi operatori dal Fintech, alle assicurazioni, alle società di cartolarizzazione, ecc., ma anche alla diffusione dei corporate Bond.
È una strada virtuosa, ma avrà bisogno di tempo per esplicare i suoi benefici effetti.
Al momento la fonte principale del credito restano le banche che però non sono più in grado di fronteggiare la domanda delle imprese perché oberate dal peso degli Npl. Vanno alleggerite ed i tempi della gestione interna, più efficace delle cessioni, ma non sufficientemente efficiente, sono troppo lunghi rispetto al bisogno che abbiamo che le banche tornino a svolgere il loro ruolo di volano delleconomia.
Come abbiamo constatato in questi anni ed anche di recente, la strada delle cessioni dei portafogli ai fondi speculativi, percorsa con successo da alcuni operatori bancari, ha però due limiti significativi nella inefficienza del relativo mercato, dominato da un oligopolio di pochi fondi acquirenti e nelle pesanti perdite dovute alla differenza ancora marcata tra il prezzo di cessione che i fondi sono disponibili a pagare (tra il 10 ed il 20% del GBV ) e il valore netto di bilancio delle banche (compreso tra il 35 e il 60% del GBV).
Da qui la conseguenza che le poche operazioni di cessione intervenute in questi ultimi due anni hanno prodotto consistenti perdite nei conti delle cedenti e conseguenti necessità di ampie ricapitalizzazioni con drammatici cambi di controllo, di norma proprio a favore dei fondi speculativi.
Ne è conseguito un atteggiamento prudente anche di Banca dItalia che suggerisce di procedere con le cessioni solo in casi ben individuati ed in modo ponderato per evitare le nefaste conseguenze delle svendite. Partendo da rilevazioni statistiche approfondite, Banca dItalia ha dimostrato che le banche italiane sono state prudenti negli accantonamenti (60% in media) ed efficaci nella gestione interna (recuperi oltre il 43%).
Per quanti sforzi si possono fare per migliorare il mercato degli Npl, il peso del problema non si attenua nel breve periodo anche perché stanno per andare ad effetto delle novità che lasciano prevedere, a dispetto di chi dice che il fenomeno sia in contrazione (verità solo parziale), almeno il perdurare, se non un aggravarsi, del problema in presenza di una crescita economica debole e quindi non risolutiva.
La prima. Nel 2018 le banche dovranno sostituire il criterio contabile dello IAS 39 con il nuovo IFRS 9. Gli esperti avvertono che ciò determinerà un progressivo, ma non trascurabile, aggravamento del peso delle svalutazioni dei crediti deteriorati. La seconda. Per le banche Significant già da ora, ma per tutte al più tardi dal 2018, si dovranno applicare concretamente le linee guida emanate dalla BCE sugli Npls. Come è noto si tratta di best practice molto basiche, ma altrettanto condizionanti ed indigeste per un sistema bancario che da troppo tempo ha abbandonato la cultura del rischio e della sua “ gestione concomitante” in logica di proattività, modelli organizzativi e misurazione delle performance di dettaglio. Le linee guida BCE riguardano non solo i crediti già classificati, ma anche tutti gli NPE, cioè ricomprende anche i crediti in bonis ad alto rischio. L’attribuzione della diretta responsabilità ai consigli di amministrazione accelererà la classificazione ed il trattamento di rigore del rischio di credito che non favorirà la decrescita dei crediti deteriorati.
Da ultimo. È probabile che i tassi ricominceranno a crescere. Il superamento di questo lunghissimo periodo di tassi prossimi a zero, se non negativi, non potrà favorire i conti aziendali in una economia non fortemente espansiva, anche se è probabile che favorisca i margini delle banche, sempre che siano liberate dagli Npl.
Tre fattori che non fanno pensare ad un rapido superamento dell’enorme problema frutto della crisi.
I disegni di legge in Parlamento toccano però anche un altro punto sensibile. Il trasferimento del credito deteriorato dalla banca al fondo se, teoricamente, fa beneficiare le banche in termini di alleggerimento degli asset problematici, non risolve il problema economico-sociale di milioni di imprese e privati cittadini che non sono più in grado, a causa della crisi, di esercitare attività produttive in una condizione di normalità. D’altra parte l’affidamento della gestione di quelle posizione ai fondi, se del caso, può solo peggiorare la situazione per la proverbiale e necessaria, dal loro punto di vista, aggressività recuperatoria di soggetti che operano in una logica puramente liquidatoria di breve termine e quindi non sono interessati affatto agli eventuali effetti “ alone “ su territori e filiere produttive.
C’è anche un altro aspetto su cui i disegni di legge si prefiggono di intervenire.
Le perdite su crediti delle banche vengono socializzate prima di tutto attraverso la riduzione del loro gettito fiscale: su 120 miliardi di accantonamenti, l’Erario ha perso gettito per oltre 60 miliardi. Se si favorissero le svendite da cessioni, la riduzione di gettito sarebbe ancora più significativa, né verrebbe compensata dalla tassazione sui pingui proventi dei fondi, conseguiti grazie agli incassi sugli Npl comprati a sconto, che normalmente hanno residenza fiscale all’estero.
Sulla base di questi due elementi di fondo sono state pensate ed articolate le normative di cui ci stiamo occupando.
Il perimetro di intervento è lo stock di sofferenze cristallizzato nei bilanci delle banche al 31/12/2016.
Il meccanismo prevede che il debitore abbia diritto di conoscere dalla banca il valore netto di bilancio della sua esposizione a quella data.
Una volta ricevuta l’informazione, il debitore ha due possibilità:
– offrire alla banca il pagamento integrale, anche dilazionato, del valore netto di bilancio. La banca (almeno secondo i disegni di legge Paglia e De Petris) non può rifiutare.
– offrire alla banca un importo inferiore al valore netto di bilancio. Se la banca accetta, essa beneficerà di un vantaggio fiscale dato dalla deducibilità di una perdita maggiore di quella effettivamente conseguita (20% in più nel disegno di legge Marotta). Se la banca rifiuterà, ne ha la facoltà, avrà come conseguenza la non deducibilità fiscale delle eventuali perdite successive, specie se dovute alla cessione di quel credito a prezzi inferiori a quanto offerto dal debitore.
Particolare procedura è prevista nel caso di sofferenze relative a finanziamenti ipotecari. Nel presupposto che in tali casi sia improbabile che il debitore possa offrire una soluzione a saldo e stralcio, è prevista una ristrutturazione del debito non novativa (ope legis) basata sull’ammortamento della sola quota capitale residua, al netto del relativo accantonamento, al 31/12/16. In ogni caso, qualora la banca intenda cedere il credito, è tenuta a comunicare al debitore il prezzo di cessione negoziato con il cessionario e non può rifiutarne il pagamento da parte del debitore, con liberazione di quest’ultimo.
Per evitare comportamenti opportunistici, o addirittura fraudolenti, è previsto che il debitore non possa compiere atti dispositivi del proprio patrimonio senza l’autorizzazione del creditore (che non può rifiutarla immotivatamente) fintantoché l’importo da pagare concordato non sia stato liquidato.
Qualora il debitore non faccia fronte al nuovo impegno assunto in base a queste norme, la banca torna creditrice dell’importo originario e non ha più limitazioni nella cessione del credito né penalizzazioni di ordine fiscale.
Per i finanziamenti assistiti da garanzia reale è obbligatoria l’applicazione del patto marciano di cui agli articoli 48 bis e 120 quisquesdiecies del Tub.
La conseguenza finale della effettiva realizzazione dell’accordo in base a questi articolati è la esdebitazione del debitore e la cancellazione dalla centrale dei rischi come sofferenza (il che non toglie che Banca d’Italia possa individuare una specifica nuova classificazione perché non si perda memoria della vicenda).
Evidente l’obiettivo perseguito: voltare pagina rispetto ad un evento storico di enorme portata come è stata questa decennale crisi, contenendone l’impatto fiscale rispetto alla soluzione delle cessioni, rimettendo alcuni milioni di cittadini ed imprese in condizioni di tornare a produrre e spendere reddito. Alcuni critici hanno paventato il rischio del moral hazard: i debitori potrebbero essere indotti a comportamenti irregolari anche in futuro.
A noi pare una preoccupazione inconsistente. Intanto si tratterebbe di norme straordinarie e non ripetibili, che riguardano il passato e non potranno essere invocate per il futuro. Contrariamente ai condoni fiscali ed alle rottamazioni delle cartelle Equitalia che non impediscono agli evasori di continuare a beneficiare dei servizi posti a carico della fiscalità generale, i richiedenti credito bancario non hanno un diritto alla erogazione del credito, la cui determinazione resta nella potestà della banca come soggetto privato che esercita un’impresa e quindi non è obbligata a prestare i propri servizi. Dipenderà dall’appetito al rischio che avranno le banche in futuro e dalle sempre più stringenti regole a cui sono sottoposte, se il credito sarà erogato con generosità o con prudenza.
I futuri debitori non avranno alcun strumento giuridico per invocare trattamenti analoghi, così come nessun contribuente si sogna di invocare l’applicazione al suo caso di un condono fiscale i cui termini siano spirati.
Sarebbe piuttosto opportuno che, in sede emendamentale, si preveda che anche le imprese che dovessero beneficiare di queste norme, se promulgate, possano invocare la detassazione della sopravvenienza attiva, derivata dalla cancellazione del maggior debito transatto con la banca, mutuando la regola dell’articolo 88 del TUIR che la prevede per le procedure concorsuali. Sarebbe anche questo un modo sano per riallineare il valore dei crediti delle banche con quello dei debiti dei loro clienti inadempienti. Un modo per avere chiarezza nella contabilità nazionale. È probabile che questo provvedimento non azzeri il fenomeno degli Npls, anche perché non tutti i debitori saranno in grado di affrontare il sia pur ridotto nuovo impegno.
Ma se anche la metà dei clienti in sofferenza ne potesse usufruire, avremmo ottenuto il grande risultato di rimettere in moto banche, famiglie ed imprese in un numero molto significativo. Sotto il profilo bancario c’è un altro vantaggio: liberarsi nell’arco di un anno di tante posizioni a sofferenza, consentirà di dedicarsi con maggiore attenzione ed efficienza alle sofferenze residue ed a quelle nuove avendo una maggiore possibilità di applicare con precisione e senza rischi le linee guida della BCE, oltre che vedere attenuati gli impatti dell’IFRS 9.
Un altro aspetto non secondario. Qualora si adottassero i provvedimenti in esame, si chiuderebbero centinaia di migliaia di procedure giudiziarie, incerte, lunghe e costose. Non se ne può che apprezzare i vantaggi sistemici.
D’altra parte, per poter definire in un tempo relativamente breve centinaia di migliaia di posizioni in sofferenza secondo le regole del Giubileo, sarà necessario l’intervento massiccio ed efficace dei professionisti degli Npl. Ed anche questo è un fattore da non trascurare.
Giubileo bancario. E’ una soluzione? Si’
a cura di Dino Crivellari
In Parlamento sono depositati tre disegni di legge (due alla Camera dei deputati, primi firmatari Paglia e Marotta ed uno al Senato, prima firmataria de Petris) che si propongono di normare in via straordinaria una soluzione al più grave problema del nostro paese: i crediti deteriorati bancari.
I numeri sono noti a tutti. La crisi, ormai decennale, ci ha lasciato in eredità 350 miliardi di crediti deteriorati di cui 200 miliardi di vere e proprie sofferenze. Sui 1000 miliardi di Npl a livello comunitario, lItalia ne detiene oltre il 30%.
Un fenomeno particolarmente grave, anche perché riguarda circa 10 milioni di cittadini (tra debitori, garanti, coobbligati, dipendenti delle imprese in crisi), figlio del bancocentrismo che ha da sempre caratterizzato la nostra economia, la vera origine del problema.
Il nostro sistema produttivo ha sempre preferito lindebitamento bancario piuttosto che la patrimonializzazione e la crescita della dimensione media delle aziende, tra le più piccole dEuropa. Era quindi inevitabile che la crisi economica trovasse il punto di atterraggio nel deterioramento della qualità del rischio di credito, alimentando a dismisura larea patologica dellattivo delle banche.
Questo fenomeno troverà una correzione evolutiva nella progressiva debancarizzazione della allocazione delle risorse finanziarie verso i prenditori, grazie alla discesa in campo di nuovi operatori dal Fintech, alle assicurazioni, alle società di cartolarizzazione, ecc., ma anche alla diffusione dei corporate Bond.
È una strada virtuosa, ma avrà bisogno di tempo per esplicare i suoi benefici effetti.
Al momento la fonte principale del credito restano le banche che però non sono più in grado di fronteggiare la domanda delle imprese perché oberate dal peso degli Npl. Vanno alleggerite ed i tempi della gestione interna, più efficace delle cessioni, ma non sufficientemente efficiente, sono troppo lunghi rispetto al bisogno che abbiamo che le banche tornino a svolgere il loro ruolo di volano delleconomia.
Come abbiamo constatato in questi anni ed anche di recente, la strada delle cessioni dei portafogli ai fondi speculativi, percorsa con successo da alcuni operatori bancari, ha però due limiti significativi nella inefficienza del relativo mercato, dominato da un oligopolio di pochi fondi acquirenti e nelle pesanti perdite dovute alla differenza ancora marcata tra il prezzo di cessione che i fondi sono disponibili a pagare (tra il 10 ed il 20% del GBV ) e il valore netto di bilancio delle banche (compreso tra il 35 e il 60% del GBV).
Da qui la conseguenza che le poche operazioni di cessione intervenute in questi ultimi due anni hanno prodotto consistenti perdite nei conti delle cedenti e conseguenti necessità di ampie ricapitalizzazioni con drammatici cambi di controllo, di norma proprio a favore dei fondi speculativi.
Ne è conseguito un atteggiamento prudente anche di Banca dItalia che suggerisce di procedere con le cessioni solo in casi ben individuati ed in modo ponderato per evitare le nefaste conseguenze delle svendite. Partendo da rilevazioni statistiche approfondite, Banca dItalia ha dimostrato che le banche italiane sono state prudenti negli accantonamenti (60% in media) ed efficaci nella gestione interna (recuperi oltre il 43%).
Per quanti sforzi si possono fare per migliorare il mercato degli Npl, il peso del problema non si attenua nel breve periodo anche perché stanno per andare ad effetto delle novità che lasciano prevedere, a dispetto di chi dice che il fenomeno sia in contrazione (verità solo parziale), almeno il perdurare, se non un aggravarsi, del problema in presenza di una crescita economica debole e quindi non risolutiva.
La prima. Nel 2018 le banche dovranno sostituire il criterio contabile dello IAS 39 con il nuovo IFRS 9. Gli esperti avvertono che ciò determinerà un progressivo, ma non trascurabile, aggravamento del peso delle svalutazioni dei crediti deteriorati. La seconda. Per le banche Significant già da ora, ma per tutte al più tardi dal 2018, si dovranno applicare concretamente le linee guida emanate dalla BCE sugli Npls. Come è noto si tratta di best practice molto basiche, ma altrettanto condizionanti ed indigeste per un sistema bancario che da troppo tempo ha abbandonato la cultura del rischio e della sua “ gestione concomitante” in logica di proattività, modelli organizzativi e misurazione delle performance di dettaglio. Le linee guida BCE riguardano non solo i crediti già classificati, ma anche tutti gli NPE, cioè ricomprende anche i crediti in bonis ad alto rischio. L’attribuzione della diretta responsabilità ai consigli di amministrazione accelererà la classificazione ed il trattamento di rigore del rischio di credito che non favorirà la decrescita dei crediti deteriorati.
Da ultimo. È probabile che i tassi ricominceranno a crescere. Il superamento di questo lunghissimo periodo di tassi prossimi a zero, se non negativi, non potrà favorire i conti aziendali in una economia non fortemente espansiva, anche se è probabile che favorisca i margini delle banche, sempre che siano liberate dagli Npl.
Tre fattori che non fanno pensare ad un rapido superamento dell’enorme problema frutto della crisi.
I disegni di legge in Parlamento toccano però anche un altro punto sensibile. Il trasferimento del credito deteriorato dalla banca al fondo se, teoricamente, fa beneficiare le banche in termini di alleggerimento degli asset problematici, non risolve il problema economico-sociale di milioni di imprese e privati cittadini che non sono più in grado, a causa della crisi, di esercitare attività produttive in una condizione di normalità. D’altra parte l’affidamento della gestione di quelle posizione ai fondi, se del caso, può solo peggiorare la situazione per la proverbiale e necessaria, dal loro punto di vista, aggressività recuperatoria di soggetti che operano in una logica puramente liquidatoria di breve termine e quindi non sono interessati affatto agli eventuali effetti “ alone “ su territori e filiere produttive.
C’è anche un altro aspetto su cui i disegni di legge si prefiggono di intervenire.
Le perdite su crediti delle banche vengono socializzate prima di tutto attraverso la riduzione del loro gettito fiscale: su 120 miliardi di accantonamenti, l’Erario ha perso gettito per oltre 60 miliardi. Se si favorissero le svendite da cessioni, la riduzione di gettito sarebbe ancora più significativa, né verrebbe compensata dalla tassazione sui pingui proventi dei fondi, conseguiti grazie agli incassi sugli Npl comprati a sconto, che normalmente hanno residenza fiscale all’estero.
Sulla base di questi due elementi di fondo sono state pensate ed articolate le normative di cui ci stiamo occupando.
Il perimetro di intervento è lo stock di sofferenze cristallizzato nei bilanci delle banche al 31/12/2016.
Il meccanismo prevede che il debitore abbia diritto di conoscere dalla banca il valore netto di bilancio della sua esposizione a quella data.
Una volta ricevuta l’informazione, il debitore ha due possibilità:
– offrire alla banca il pagamento integrale, anche dilazionato, del valore netto di bilancio. La banca (almeno secondo i disegni di legge Paglia e De Petris) non può rifiutare.
– offrire alla banca un importo inferiore al valore netto di bilancio. Se la banca accetta, essa beneficerà di un vantaggio fiscale dato dalla deducibilità di una perdita maggiore di quella effettivamente conseguita (20% in più nel disegno di legge Marotta). Se la banca rifiuterà, ne ha la facoltà, avrà come conseguenza la non deducibilità fiscale delle eventuali perdite successive, specie se dovute alla cessione di quel credito a prezzi inferiori a quanto offerto dal debitore.
Particolare procedura è prevista nel caso di sofferenze relative a finanziamenti ipotecari. Nel presupposto che in tali casi sia improbabile che il debitore possa offrire una soluzione a saldo e stralcio, è prevista una ristrutturazione del debito non novativa (ope legis) basata sull’ammortamento della sola quota capitale residua, al netto del relativo accantonamento, al 31/12/16. In ogni caso, qualora la banca intenda cedere il credito, è tenuta a comunicare al debitore il prezzo di cessione negoziato con il cessionario e non può rifiutarne il pagamento da parte del debitore, con liberazione di quest’ultimo.
Per evitare comportamenti opportunistici, o addirittura fraudolenti, è previsto che il debitore non possa compiere atti dispositivi del proprio patrimonio senza l’autorizzazione del creditore (che non può rifiutarla immotivatamente) fintantoché l’importo da pagare concordato non sia stato liquidato.
Qualora il debitore non faccia fronte al nuovo impegno assunto in base a queste norme, la banca torna creditrice dell’importo originario e non ha più limitazioni nella cessione del credito né penalizzazioni di ordine fiscale.
Per i finanziamenti assistiti da garanzia reale è obbligatoria l’applicazione del patto marciano di cui agli articoli 48 bis e 120 quisquesdiecies del Tub.
La conseguenza finale della effettiva realizzazione dell’accordo in base a questi articolati è la esdebitazione del debitore e la cancellazione dalla centrale dei rischi come sofferenza (il che non toglie che Banca d’Italia possa individuare una specifica nuova classificazione perché non si perda memoria della vicenda).
Evidente l’obiettivo perseguito: voltare pagina rispetto ad un evento storico di enorme portata come è stata questa decennale crisi, contenendone l’impatto fiscale rispetto alla soluzione delle cessioni, rimettendo alcuni milioni di cittadini ed imprese in condizioni di tornare a produrre e spendere reddito. Alcuni critici hanno paventato il rischio del moral hazard: i debitori potrebbero essere indotti a comportamenti irregolari anche in futuro.
A noi pare una preoccupazione inconsistente. Intanto si tratterebbe di norme straordinarie e non ripetibili, che riguardano il passato e non potranno essere invocate per il futuro. Contrariamente ai condoni fiscali ed alle rottamazioni delle cartelle Equitalia che non impediscono agli evasori di continuare a beneficiare dei servizi posti a carico della fiscalità generale, i richiedenti credito bancario non hanno un diritto alla erogazione del credito, la cui determinazione resta nella potestà della banca come soggetto privato che esercita un’impresa e quindi non è obbligata a prestare i propri servizi. Dipenderà dall’appetito al rischio che avranno le banche in futuro e dalle sempre più stringenti regole a cui sono sottoposte, se il credito sarà erogato con generosità o con prudenza.
I futuri debitori non avranno alcun strumento giuridico per invocare trattamenti analoghi, così come nessun contribuente si sogna di invocare l’applicazione al suo caso di un condono fiscale i cui termini siano spirati.
Sarebbe piuttosto opportuno che, in sede emendamentale, si preveda che anche le imprese che dovessero beneficiare di queste norme, se promulgate, possano invocare la detassazione della sopravvenienza attiva, derivata dalla cancellazione del maggior debito transatto con la banca, mutuando la regola dell’articolo 88 del TUIR che la prevede per le procedure concorsuali. Sarebbe anche questo un modo sano per riallineare il valore dei crediti delle banche con quello dei debiti dei loro clienti inadempienti. Un modo per avere chiarezza nella contabilità nazionale. È probabile che questo provvedimento non azzeri il fenomeno degli Npls, anche perché non tutti i debitori saranno in grado di affrontare il sia pur ridotto nuovo impegno.
Ma se anche la metà dei clienti in sofferenza ne potesse usufruire, avremmo ottenuto il grande risultato di rimettere in moto banche, famiglie ed imprese in un numero molto significativo. Sotto il profilo bancario c’è un altro vantaggio: liberarsi nell’arco di un anno di tante posizioni a sofferenza, consentirà di dedicarsi con maggiore attenzione ed efficienza alle sofferenze residue ed a quelle nuove avendo una maggiore possibilità di applicare con precisione e senza rischi le linee guida della BCE, oltre che vedere attenuati gli impatti dell’IFRS 9.
Un altro aspetto non secondario. Qualora si adottassero i provvedimenti in esame, si chiuderebbero centinaia di migliaia di procedure giudiziarie, incerte, lunghe e costose. Non se ne può che apprezzare i vantaggi sistemici.
D’altra parte, per poter definire in un tempo relativamente breve centinaia di migliaia di posizioni in sofferenza secondo le regole del Giubileo, sarà necessario l’intervento massiccio ed efficace dei professionisti degli Npl. Ed anche questo è un fattore da non trascurare.