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«In Italia spazio per consolidare il settore bancario»

In Italia c’è spazio per un consolidamento del settore bancario. Ma, complici le richieste prudenziali sempre più stringenti da parte della Bce, il mercato avrà ancora bisogno di nuovo capitale. A disegnare la potenziale traiettoria del settore è Barclays, una delle principali banche d’investimento attive in Italia. Che mette l’accento sulle potenzialità dell’Equity capital market (Ecm), ovvero il mercato primario dei collocamenti azionari e degli accelerated book building privati (Abb) in particolare, un segmento che permette alle imprese di raccogliere capitale aggiuntivo in tempi ristretti attraverso l’emissione di nuove azioni esclusivamente collocate presso investitori istituzionali. Un assaggio in questo senso si è avuto con la vicenda Monte Paschi, banca che ha tentato (però senza fortuna) la strada dell’accelerated book building nell’ambito dell’aumento da 5 miliardi poi finito su un binario morto. La strada di un apertura del capitale ai fondi istituzionali, dal fondo del Qatar a Soros e Paulson, «è un esempio di quello che le banche o società che cercano capitale possono fare per raccogliere capitale in breve tempo – spiega David Koch, responsabile dell’Equity capital markets per il Sud Europa della banca britannica – e in Italia il mercato ha grandi potenzialità».

Barclays ha calcolato che negli ultimi tre anni solo il 4% del totale della raccolta di nuovo capitale in Italia sia stato fatto tramite book building accelerati, un numero che sale all’11% se si considera nel novero anche l’operazione Fca (che però è stata fatta negli Stati Uniti), oltre a Exor e Atlantia (il cui Abb è stato effettuato sulle azioni proprie, non generando così alcuna diluizione). In ogni caso «il dato italiano è ben lontano dalla media europea, che è al 48%», spiega Koch.

Quando si parla del complesso degli aumenti di capitale registrati in Italia dal 2014 ad oggi, pari a 58 miliardi di dollari, invece i rapporti di forza tra Italia e Ue si ribaltano. A far la parte del leone nel nostro paese è sempre il settore finanziario, che rappresenta circa la metà (48%) del totale delle emissioni di capitale fresco, una quota che è praticamente il doppio del livello medio europeo (27%). «Il trend è destinato a continuare perchè il settore bancario in Italia deve razionalizzarsi. Ci sono troppe banche medio-piccole che dovranno fondersi, e in questo senso il fabbisogno di capitale emergerà con evidenza». La trasformazione delle banche popolari in Spa, dice Koch «è stato un passaggio importante. E in caso di nuove emissioni il mercato è pronto ad assorbire la domanda». In rampa di lancio come noto c’è UniCredit, con l’aumento monstre da 13 miliardi di euro, operazione che verrà lanciata nel primo trimestre che vedrà Barclays tra i bookrunner.

Altro segmento che potrebbe rivelarsi particolarmente effervescente nei prossimi mesi è quello degli approdi in Borsa, le Ipo. Barclays, oggi guidata dalla country manager Alessandra Perrazzelli e tra le prime tre banche in Italia per valore di Ipo curate in qualità di global coordinator, vede il 2017 come «un anno potenzialmente molto buono», spiega Koch. Dopo un 2016 non esaltante – solo 10 le Ipo in Italia, rispetto alle 24 dell’anno precedente, per un equivalente di capitale raccolto pari a 1,4 miliardi di dollari, con un decremento del 75% rispetto ai 5,7 miliardi dell’anno precedente – «molto dipenderà anche dagli assetti politici e dagli eventuali riflessi borsistici». In pipeline le operazioni non mancano. Si va dalla quotazione della società di Fs in cui confluiranno Alta velocità e lunga percorrenza, attesa entro l’anno, a deal potenziali come DoBank, UniEuro, passando per Farmafactoring fino alle ipotetiche Furla e Valentino.


Fonte:

Il Sole 24 Ore

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