Dopo il Fondo monetario internazionale, anche il comitato congiunto delle autorità europee di supervisione torna a puntare il dito sui crediti deteriorati, responsabili dei problemi di redditività e competitività delle banche continentali, e in particolare di quelle operanti nei paesi – Italia in testa – in cui lo stock di Npl è più elevato. Fin qui la diagnosi. Ma nel rapporto pubblicato ieri dallEba, lAutorità bancaria europea, dallEsma (che riunisce le autorità di Borsa) e dallEiopa (che vigila sul settore assicurativo), cè anche unipotesi per la cura: per i tre regulators, infatti, quello che serve è «un approccio europeo comune a una società di gestione dei crediti deteriorati» che a differenza dellattuale «mosaico di soluzioni nazionali, potrebbe essere un modo di affrontare le difficoltà nei mercati secondari del debito in sofferenza e fare chiarezza nell’applicazione delle regole sugli aiuti di Stato e della direttiva Brrd».
Certo, non è il progetto di costituire un’unica grande asset management company europea lanciato a gennaio dal presidente dellEba, litaliano Andrea Enria. Unipotesi evidentemente ritenuta troppo strong per un continente che ancora fatica, sia dal punto di vista politico che tecnico, ad affrontare alla radice i problemi delle banche, come si è capito due settimane fa all’Ecofin di Malta. Tuttavia, si tratta di una spinta a procedere a una vera e propria convergenza dei diversi approcci al tema Npl: nel rapporto si chiede, infatti, allEuropa un trattamento «coordinato», il riconoscimento dei crediti cattivi e la loro copertura: le autorità di Vigilanza «dovrebbero incoraggiare le banche a gestire i loro Npl in modo più attivo». Anche perché per Eba, Esma ed Eiopa sarebbe il momento giusto per agire: se è vero gli Npl restano «una grossa sfida» per le banche, superando il 10% in un terzo dei Paesi Ue, nel terzo trimestre del 2016 si è registrato un lento calo dei crediti deteriorati sul totale al 5,4%, grazie al rallentamento – particolarmente pronunciato in Italia – dei nuovi flussi in ingresso, tornati ai livelli pre-crisi.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
eba – eiopa – esma – npl – bad bank – banche
Dopo il Fondo monetario internazionale, anche il comitato congiunto delle autorità europee di supervisione torna a puntare il dito sui crediti deteriorati, responsabili dei problemi di redditività e competitività delle banche continentali, e in particolare di quelle operanti nei paesi – Italia in testa – in cui lo stock di Npl è più elevato. Fin qui la diagnosi. Ma nel rapporto pubblicato ieri dallEba, lAutorità bancaria europea, dallEsma (che riunisce le autorità di Borsa) e dallEiopa (che vigila sul settore assicurativo), cè anche unipotesi per la cura: per i tre regulators, infatti, quello che serve è «un approccio europeo comune a una società di gestione dei crediti deteriorati» che a differenza dellattuale «mosaico di soluzioni nazionali, potrebbe essere un modo di affrontare le difficoltà nei mercati secondari del debito in sofferenza e fare chiarezza nell’applicazione delle regole sugli aiuti di Stato e della direttiva Brrd».
Certo, non è il progetto di costituire un’unica grande asset management company europea lanciato a gennaio dal presidente dellEba, litaliano Andrea Enria. Unipotesi evidentemente ritenuta troppo strong per un continente che ancora fatica, sia dal punto di vista politico che tecnico, ad affrontare alla radice i problemi delle banche, come si è capito due settimane fa all’Ecofin di Malta. Tuttavia, si tratta di una spinta a procedere a una vera e propria convergenza dei diversi approcci al tema Npl: nel rapporto si chiede, infatti, allEuropa un trattamento «coordinato», il riconoscimento dei crediti cattivi e la loro copertura: le autorità di Vigilanza «dovrebbero incoraggiare le banche a gestire i loro Npl in modo più attivo». Anche perché per Eba, Esma ed Eiopa sarebbe il momento giusto per agire: se è vero gli Npl restano «una grossa sfida» per le banche, superando il 10% in un terzo dei Paesi Ue, nel terzo trimestre del 2016 si è registrato un lento calo dei crediti deteriorati sul totale al 5,4%, grazie al rallentamento – particolarmente pronunciato in Italia – dei nuovi flussi in ingresso, tornati ai livelli pre-crisi.
Fonte:
Il Sole 24 Ore
eba – eiopa – esma – npl – bad bank – banche