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UniCredit vara la maxi-pulizia

UniCredit svaluta Atlante e fa salire di un miliardo, a 11,8 miliardi, la perdita attesa per il 2016. Ma soprattutto la banca mette in chiaro che, senza l’aumento di capitale da 13 miliardi di euro, il rischio è i ratio patrimoniali scendano sotto i requisiti minimi e manchino così i «presupposti per la continuità aziendale». Tanto che, tra gli scenari possibili, dice la banca, occorre mettere in conto anche l’ipotesi bail-in.

È un’ipotesi estrema, quella messo nero su bianco dalla banca nel documento di registrazione relativo alla ricapitalizzazione, approvato da Consob. Uno scenario che muove dalla valutazione degli impatti generati dalle poste straordinarie che verranno registrate nel quarto trimestre per circa 12,2 miliardi, 8,1 dei quali dovuti a rettifiche su crediti. Uno shock che porterà temporaneamente il Cet 1 della banca all’8%, al di sotto della soglia minima del 10% imposta da Bce. A quel punto, si legge nel documento, la banca potrebbe «subire degli interventi, anche invasivi, da parte delle Autorità di Vigilanza, nelle propria gestione, quali ad esempio l’imposizione di restrizioni o limitazioni dell’attività», oppure, o in aggiunta, anche «la cessione di attività che presentassero rischi eccessivi per la solidità dell’emittente».

Questo, appunto, temporaneamente. Perché l’aumento da 13 miliardi di euro è pronto per essere varato. Ieri il Cda della banca ha accelerato l’esame delle stime dei risultati preliminari proprio per poter partire con la ricapitalizzazione lunedì prossimo. L’aumento dovrebbe avvenire con un sconto compreso tra il 30 e il 40% sul Terp, il prezzo teorico dopo lo stacco del diritto di opzione, per una cifra attorno ai 13-15 euro, anche se i dettagli si conosceranno domani, quando si riunirà nuovamente il Cda.La fase di mercato e il clima che si respira tra le banche d’affari è positivo, e si vedrà la risposta effettiva del mercato.

Certo è che il progetto presentato agli investitori da Jean Pierre Mustier – che in questi giorni sarà in road show in Europa – appoggia sull’idea di una banca completamente ripulita. Da qua la decisione del manager, in una logica prudenziale, di procedere con «una serie di ulteriori svalutazioni una tantum pari a circa un miliardo di euro», che saranno contabilizzati nel 2016. A far la parte del leone dovrebbe essere proprio la svalutazione della quota detenuta dalla banca nel fondo Atlante, per cui l’istituto si è impegnato a mettere sul piatto fino a 845 milioni di euro, di cui 686 milioni già versati: a quanto risulta al Sole 24Ore, la quota dovrebbe essere svalutata del 60-80% del valore originario. A questo si aggiungono le svalutazioni di alcune partecipazioni e imposte differite attive (Dta) «dovute a differenze temporali» e i contributi straordinari al fondo di risoluzione nazionale, pari a circa 215 milioni. Le nuove svalutazioni si vanno così ad aggiungere ai 12,2 miliardi di poste non ricorrenti già annunciati il 13 dicembre 2016. UniCredit ha però precisato che il miliardo di ulteriori svalutazioni «non andrà a impattare sui target» del piano industriale. La banca dunque punta a confermare il raggiungimento del Cet1 ratio al di sopra del 12,5% nel 2019, in linea con la guidance comunicata durante il capital markets day.

In questo contesto l’istituto di Piazza Gae Aulenti – il cui titolo ha ceduto il 5,45% in Borsa – ha pubblicato una parte della documentazione relativa all’aumento. Dal testo di oltre mille pagine emerge come la banca sia stata e sia tutt’ora alle prese con costante interlocuzioni con la Banca Centrale Europea. Tra i temi oggetto del confronto c’è ad esempio la possibile sterilizzazione dell’impatto patrimoniale della cartolarizzazione di un portafoglio di sofferenze da 7,2 miliardi di euro lordi, chiamati Aspra e Legacy. L’aggiustamento del trattamento del portafoglio ai fini del calcolo della loss given default dei modelli avanzati – urgenza condivisa dall’intero sistema bancario italiano alle prese con cessioni di Npl e su cui ha posto l’accento anche il Governatore Ignazio Visco al congresso Assiom Forex di sabato scorso – richiede infatti l’approvazione da parte della Bce. E senza questo ok, avverte UniCredit, ci sarebbe un «impatto negativo sui coefficienti patrimoniali» dell’emittente.

Proprio sul fronte del tema degli Npl, da Francoforte è arrivata la richiesta – in linea con altre banche italiane – di presentare, entro il prossimo 28 febbraio una strategia in materia di crediti deteriorati, supportata da un piano operativo per affrontare la tematica dell’elevato livello appunto di questi ultimi. Ma la Bce non si è fermata qua. La stessa banca ha reso noto di aver subito più volte nel corso del 2016 le ispezioni degli uomini di Francoforte, che hanno avviato sette ispezioni, di cui quattro tra settembre e novembre scorso. Di una, quella sul rischio di mercato, iniziata a giugno e conclusa a luglio, la banca conoscerà gli esiti nei prossimi mesi. In questo caso, le verifiche hanno riguardato il processo di gestione dei crediti deteriorati e la modalità di calcolo del Common Equity. E a tal proposito, nelle scorse settimane la banca ha presentato e discusso con l’autorità centrale i possibili rimedi. Un action plan verrà trasmesso all’Eurotower entro il 31 marzo 2017.

Nelle pieghe del documento, emerge inoltre che la banca – che al 30 settembre si trovava a dover affrontare circa 26mila procedimenti giudiziari – ha contenziosi aperti per 12,8 miliardi di euro (petitum) per controversie i natura giudiziaria, fiscale e giuslavoristica. A fronte dei rischi giudiziari (11.839 milioni di euro) e giuslavoristici (481 milioni), al 30 settembre, risultavano accantonati circa 620 milioni di euro.


Autore: Luca Davi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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