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Banche, interventi ok. Ora il nodo Npl

Dopo anni di gioco in difesa, il sistema Italia sembra avviato a reagire alla lunga crisi del settore bancario con interventi che potrebbero rivelarsi risolutivi. E abbandonando le misure “tampone”, servite finora solo a scongiurare le emergenze, ma non a ridare stabilità. In poche settimane, molti nodi si stanno sciogliendo con il contributo dello Stato, del mercato e della parte sana delle banche che contribuiscono al fondo Atlante e ai fondi di tutela volontari e obbligatori. Molto resta da fare: il nodo dei crediti in sofferenza andrebbe aggredito con interventi più rapidi e incisivi. Per farlo, servirebbe una bad bank decisa e promossa a livello europeo per rilanciare il credito all’economia. Come si diceva, per la prima volta da anni ci sono segnali concreti e si intravede la luce in fondo al tunnel di una crisi bancaria, ormai quasi decennale.

La svolta è arrivata con la decisione di dicembre del Governo di stanziare 20 miliardi per ricapitalizzare e garantire la liquidità delle banche in crisi. Il salvataggio statale di Mps, terza banca italiana prima della nascita di Banco Bpm, con una iniezione di capitale pubblico stimato in poco meno di 7 miliardi, servirà a eliminare dai radar degli investitori la principale area di rischio del sistema. Il miglioramento della percezione sul mercato del rischio banche italiane, già visibile con il recupero del settore in Borsa nell’ultimo mese, crea un contesto favorevole per la maxi-ricapitalizzazione di mercato che UniCredit lancerà il mese prossimo. Il successo della richiesta di mezzi freschi per 13 miliardi, la più elevata in Europa degli ultimi anni, è decisiva per UniCredit e per l’intero sistema domestico.

Molto si è discusso se la ricapitalizzazione potesse essere di importo più contenuto e quindi meno rischiosa, ma forse anche meno risolutiva. Ieri la banca ha precisato, su richiesta della Consob, che il maxi-aumento non è stato deciso su richiesta della vigilanza europea della Bce ma per volontà del nuovo ceo Jean-Pierre Mustier e del board di riposizionare definitivamente il gruppo tra le migliori global Sifi europee (banche di interesse sistemico). Portare il Cet 1 ratio di UniCredit dall’attuale 10,8% al 13% della media delle Sifi continentali servirà a sgombrare il campo dalla speculazione che da tre anni penalizza i titoli del colosso bancario proprio in vista della ricapitalizzazione. La cura drastica ma risolutiva di Mustier, che porterà anche alla cartolarizzazione di 17 miliardi di Npl, è stata apprezzata dal mercato che, dalla presentazione del trasforming plan di metà dicembre, ha determinato un rialzo del 50% delle quotazioni di UniCredit.

Intanto, in Italia si è risolto anche il nodo delle tre good bank (Banca Marche, Banca Etruria e Cassa di Risparmio di Chieti) che hanno terminato l’agonia post-risoluzione del dicembre 2015 e stanno per essere rilevate da una banca solida come Ubi, cui servirà un mini aumento di capitale da 400 milioni per chiudere un’operazione che il mercato già ieri ha dimostrato di apprezzare. In fase di cura finale, sotto la regia del fondo di sistema Atlante, restano Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Entro fine di marzo si saprà se il tentativo di Atlante di coinvolgere investitori privati andrà in porto o se servirà l’intervento dello Stato con l’attivazione del burden sharing.

I prossimi tre mesi saranno decisivi per capire se il rilancio del sistema bancario prenderà consistenza. È evidente che il 2017 parte con un clima diverso e migliore rispetto al gennaio 2016, quando lo spauracchio del bail in aveva determinato il crollo delle quotazioni di Borsa delle banche in Europa e, in particolare, in Italia. Merito anche di alcune riforme che hanno prodotto i primi risultati: dalla garanzia di Stato sulle cartolarizzazioni degli Npl (Gacs) alla riforma delle Bcc, fino alla trasformazione delle maggiori banche popolari in Società per azioni. Le aggregazioni tra gli istituti di piccola e media dimensione rappresentano la strada da seguire per migliorare l’efficienza del sistema, attraendo gli investitori globali. Non va dimenticato che nel 2016 tre aumenti di capitale tentati sul mercato sono andati a vuoto (Popolare Vicenza, Veneto Banca e Mps), mentre l’unico riuscito è stato quello del Banco Popolare proprio per il salto di qualità reddituale che gli investitori hanno intravisto nel piano di fusione con Bpm.

L’Italia non è più all’anno zero. Servono nuovi sforzi a livello italiano e meno rigidità in Europa sugli Npl. Il progetto di una bad bank promossa dalla Ue per ora stenta. Ma nelle ultime settimane anche a livello europeo il clima sta cambiando. A dimostrazione che il tema dell’eccessiva regulation non riguarda solo l’Italia, si vedrà se la vigilanza bancaria della Bce cambierà registro dopo che le principali banche francesi l’hanno denunciata alla Corte di giustizia europea. E soprattutto bisognerà vedere se la battaglia tedesca (ma anche francese e olandese) contro l’inasprimento dei criteri di Basilea 4 avrà successo e quali conseguenze avrà in Italia. La questione bancaria è sempre più un problema europeo.


Autore: Alessandro Graziani
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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