Il percorso per riportare lItalia sulla strada della crescita è iniziato ma deve rafforzarsi. La debole espansione economica, in corso da due anni, va sostenuta e lesigenza di superare la crisi «ha sollecitato e sollecita ancora un sforzo eccezionale». Per questo, non bisogna fare «nessuna retromarcia» sul terreno delle riforme, sia sul fronte della finanza pubblica sia su quello del risanamento dei bilanci bancari gravati da crediti deteriorati, i due fattori di debolezza ereditati dalla doppia recessione. Il Governatore della Banca dItalia, Ignazio Visco, ha chiuso ieri le sue Considerazioni finali con un forte messaggio di fiducia, pronunciato nel Salone dei partecipanti alla presenza del presidente della Bce, Mario Draghi. «Sono fiducioso ha affermato che al di là dellincertezza politica il nostro paese saprà ottenere risultati che servono linteresse generale, tenendo conto di chi resta indietro e di chi arretra, liberando leconomia da inutili vincoli, rendite di posizione, nuovi e vecchi ritardi».
Prima dei messaggi conclusivi della Relazione lultima del suo mandato che scadrà in ottobre Visco ha voluto anche esprimere una difesa esplicita di Via Nazionale e del suo vertice, oggetto negli ultimi anni di critiche e accuse sulla gestione delle crisi bancarie. E lo ha fatto uscendo dal testo ufficiale. «La Banca dItalia in questi anni è stata criticata anche con toni aspri ha detto con tono fermo è stata accusata di non aver capito cosa accadeva o di essere intervenuta troppo tardi. Non sta a me giudicare, posso solo dire che limpegno del Direttorio è stato massimo».
Il discorso del Governatore è corso, come sempre, sul doppio binario dei temi nazionali ed europei. Con una risposta secca allillusione ricorrente di unuscita dalleuro: «spesso se ne parla senza cognizione di causa, non servirebbe a curare i mali strutturali della nostra economia» ha detto ponendo lenfasi sullinstabilità che ne seguirebbe e sul fatto che la competitività dellItalia «non soffre per un cambio sopravvalutato». LEuropa deve restare unancora salda ha detto il Governatore e la sua integrazione non fermarsi: «Bisogna proseguire sciogliendo i nodi che ancora ostacolano lefficacia del governo economico dellarea». Altrimenti si resterebbe in unUnione «più forte nel proibire che nel fare».
La politica monetaria, invece, ha fatto ciò che era necessario ha sottolineato e quando si uscirà dallattuale fase espansiva «vorrà dire che si saranno ristabilite le condizioni di domanda aggregata e dei prezzi cui miriamo». Gli obiettivi sono a portata ma non dietro langolo: nella Relazione si parla di uninflazione al netto delle componenti più volatili attorno all1,1% nelleuro area (1% per lItalia). Stime che il prossimo 8 giugno potrebbero essere aggiornate dal Board della Bce. Quando il Qe arriverà al suo termine, a livello nazionale «luscita sarà gestibile se i comportamenti saranno responsabili» ha detto Visco. Perché il graduale ritorno su livelli più elevati dei tassi di interesse non deve preoccupare se si alzeranno anche i tassi di crescita. Quello da cui bisogna guardarsi, semmai, è il rischio di un aumento dei tassi determinato da un calo di fiducia dei mercati «le cui conseguenze, dato il peso del debito pubblico, potrebbero essere serie». Per questo è fondamentale approfittare del consolidamento della congiuntura e accelerare laggiustamento strutturale dei conti pubblici. Visco su questo punto ha spiegato che «un programma di riduzione del debito pubblico credibile può rafforzarsi da sé». Lo scenario proposto parla da solo: con una crescita intorno all1%, uninflazione al 2 e un onere medio del debito in graduale ritorno ai livelli pre-crisi, un saldo primario al 4% garantirebbe una discesa del debito/Pil al di sotto del 100 per cento in circa dieci anni. Ma con una crescita più elevata «conseguibile in un quadro di riforme incisive, una ripresa degli investimenti e una diversa composizione del bilancio pubblico, i tempi potrebbero essere più brevi».
E la crescita prevista questanno attorno all1%, la metà della media Ue dovrà essere accompagnata da una più forte partecipazione al mercato del lavoro per colmare laltra eredità dolorosa della crisi. Ma insieme ai posti di lavoro dovrà tornare a crescere la produttività, fronte sul quale lItalia sconta un ritardo particolarmente ampio per le imprese minori. Sul punto la posizione di Visco è stata netta: «Non vi sono alternative ha detto alla crescita dellefficienza produttiva, della capacità gestionale e amministrativa: solo linnovazione nella produzione di beni e servizi è in grado di assicurare allo stesso tempo aumento dei redditi e più elevata occupazione, in quantità e qualità».
Autore: Davide Colombo
Fonte:
Il Sole 24 Ore
mario draghi – bce – ignazio visco – bankitalia – debito – npl
Il percorso per riportare lItalia sulla strada della crescita è iniziato ma deve rafforzarsi. La debole espansione economica, in corso da due anni, va sostenuta e lesigenza di superare la crisi «ha sollecitato e sollecita ancora un sforzo eccezionale». Per questo, non bisogna fare «nessuna retromarcia» sul terreno delle riforme, sia sul fronte della finanza pubblica sia su quello del risanamento dei bilanci bancari gravati da crediti deteriorati, i due fattori di debolezza ereditati dalla doppia recessione. Il Governatore della Banca dItalia, Ignazio Visco, ha chiuso ieri le sue Considerazioni finali con un forte messaggio di fiducia, pronunciato nel Salone dei partecipanti alla presenza del presidente della Bce, Mario Draghi. «Sono fiducioso ha affermato che al di là dellincertezza politica il nostro paese saprà ottenere risultati che servono linteresse generale, tenendo conto di chi resta indietro e di chi arretra, liberando leconomia da inutili vincoli, rendite di posizione, nuovi e vecchi ritardi».
Prima dei messaggi conclusivi della Relazione lultima del suo mandato che scadrà in ottobre Visco ha voluto anche esprimere una difesa esplicita di Via Nazionale e del suo vertice, oggetto negli ultimi anni di critiche e accuse sulla gestione delle crisi bancarie. E lo ha fatto uscendo dal testo ufficiale. «La Banca dItalia in questi anni è stata criticata anche con toni aspri ha detto con tono fermo è stata accusata di non aver capito cosa accadeva o di essere intervenuta troppo tardi. Non sta a me giudicare, posso solo dire che limpegno del Direttorio è stato massimo».
Il discorso del Governatore è corso, come sempre, sul doppio binario dei temi nazionali ed europei. Con una risposta secca allillusione ricorrente di unuscita dalleuro: «spesso se ne parla senza cognizione di causa, non servirebbe a curare i mali strutturali della nostra economia» ha detto ponendo lenfasi sullinstabilità che ne seguirebbe e sul fatto che la competitività dellItalia «non soffre per un cambio sopravvalutato». LEuropa deve restare unancora salda ha detto il Governatore e la sua integrazione non fermarsi: «Bisogna proseguire sciogliendo i nodi che ancora ostacolano lefficacia del governo economico dellarea». Altrimenti si resterebbe in unUnione «più forte nel proibire che nel fare».
La politica monetaria, invece, ha fatto ciò che era necessario ha sottolineato e quando si uscirà dallattuale fase espansiva «vorrà dire che si saranno ristabilite le condizioni di domanda aggregata e dei prezzi cui miriamo». Gli obiettivi sono a portata ma non dietro langolo: nella Relazione si parla di uninflazione al netto delle componenti più volatili attorno all1,1% nelleuro area (1% per lItalia). Stime che il prossimo 8 giugno potrebbero essere aggiornate dal Board della Bce. Quando il Qe arriverà al suo termine, a livello nazionale «luscita sarà gestibile se i comportamenti saranno responsabili» ha detto Visco. Perché il graduale ritorno su livelli più elevati dei tassi di interesse non deve preoccupare se si alzeranno anche i tassi di crescita. Quello da cui bisogna guardarsi, semmai, è il rischio di un aumento dei tassi determinato da un calo di fiducia dei mercati «le cui conseguenze, dato il peso del debito pubblico, potrebbero essere serie». Per questo è fondamentale approfittare del consolidamento della congiuntura e accelerare laggiustamento strutturale dei conti pubblici. Visco su questo punto ha spiegato che «un programma di riduzione del debito pubblico credibile può rafforzarsi da sé». Lo scenario proposto parla da solo: con una crescita intorno all1%, uninflazione al 2 e un onere medio del debito in graduale ritorno ai livelli pre-crisi, un saldo primario al 4% garantirebbe una discesa del debito/Pil al di sotto del 100 per cento in circa dieci anni. Ma con una crescita più elevata «conseguibile in un quadro di riforme incisive, una ripresa degli investimenti e una diversa composizione del bilancio pubblico, i tempi potrebbero essere più brevi».
E la crescita prevista questanno attorno all1%, la metà della media Ue dovrà essere accompagnata da una più forte partecipazione al mercato del lavoro per colmare laltra eredità dolorosa della crisi. Ma insieme ai posti di lavoro dovrà tornare a crescere la produttività, fronte sul quale lItalia sconta un ritardo particolarmente ampio per le imprese minori. Sul punto la posizione di Visco è stata netta: «Non vi sono alternative ha detto alla crescita dellefficienza produttiva, della capacità gestionale e amministrativa: solo linnovazione nella produzione di beni e servizi è in grado di assicurare allo stesso tempo aumento dei redditi e più elevata occupazione, in quantità e qualità».
Autore: Davide Colombo
Fonte:
Il Sole 24 Ore
mario draghi – bce – ignazio visco – bankitalia – debito – npl