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Il recupero di valore dei crediti deteriorati e non performing

La recente crisi finanziaria ha avuto, come noto, importanti conseguenze sull’intero sistema economico italiano, inducendo una contrazione dei consumi delle famiglie e dell’attività delle imprese. La reazione che ne è scaturita è stata capillare: le imprese, incapaci di trovare le risorse necessarie per superare il momento di crisi, non hanno potuto più far fronte alle proprie esposizioni debitorie verso banche e fornitori, coinvolgendo di conseguenza una platea di soggetti sempre più ampia ed innescando un trend negativo dell’economia che, tra il 2007 e il 2013 ha conosciuto una diminuzione del PIL di circa 8 punti percentuali in termini reali ed una contrazione della produzione industriale del 25%.

La congiuntura ha dato inoltre luogo ad un corrispondente incremento dei crediti in sofferenza detenuti dalle banche per un ammontare di circa 360 miliardi di Euro, distinti nelle due macro categorie di crediti distressed e non performing (sofferenze). L’estrema lunghezza dei tempi delle procedure di ristrutturazione e liquidazione, insieme ai relativi elevati costi,che (fonte Banca d’Italia) ammontavano a 42,8 miliardi di euro a dicembre 2008 non hanno sicuramente aiutato.

Questo il tema del Convegno, organizzato presso la LUISS Guido Carli con il supporto dello Studio Legale Dentons che ha approfondito nel dettaglio le tematiche relative a  Cartolarizzazioni e applicazione delle garanzie statali sulle cartolarizzazioni (GACS). Al tavolo erano rappresentati i maggiori player del mercato: Federico Sutti (Managing Partner dello studio legale Dentons), Paolo Ragni (direttore del dipartimento Affari Speciali di BNL-BNP Paribas), Federico Venditti (Responsabile Ristrutturazione Crediti di ICCREA BancaImpresa), Giovanni Benucci (amministratore delegato di Fabrica), Francesco Pansa (vice presidente di Fortress Investment Group), Gaudenzio Bonaldo Gregori (partner di Pillarstone) e Alfrego Goldaniga (amministratore delegato di SPC S.p.A., gruppo DEA Capital). Il convegno ha avuto l’opportunità di ospitare anche i rappresentanti di due delle banche italiane cui è maggiormente rivolta l’attenzione mediatica al momento: Marco Cavazzutti per la Banca Popolare di Bari e Lucia Savarese per MPS. La presenza istituzionale è stata garantita inoltre dall’autorevole Presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma, il Dott. Antonino La Malfa e dalle Dott.sse Lidja Schiavo e Anna Rendina, del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d’Italia.

L’introduzione del convegno è stata affidata al Prof. Antonio Nuzzo (Direttore Dipartimento Giurisprudenza LUISS), al Prof. Vincenzo De Sensi e al Prof. Fabrizio Maimeri. I loro interventi hanno individuato il contesto normativo di riferimento: la legge n. 130/99 (sulle operazioni di cartolarizzazione), modificata recentemente dal Decreto Crescita del 17 luglio 2014, individua un percorso complicato, ma potenzialmente profittevole per le banche e gli intermediari finanziari con i bilanci appesantiti da crediti divenuti inesigibili. In tale contesto si aggiunge la normativa recente del D.L. del 14 febbraio 2016 n. 18, convertito in legge del 8 aprile 2016, n. 49 (le già citate GACS).

È stato ripercorso un pezzo di storia delle crisi bancarie italiane dimostrando che, in alcuni casi, l’esperienza nostrana ha avuto successi importanti come nel caso della crisi del Banco di Napoli, la cui Bad Bank costituita ad hoc dallo Stato italiano, ha avuto un bilancio in attivo nella gestione delle passività. Tuttavia, l’esperienza legislativa italiana sul tema è una esperienza di “emergenza”. Il legislatore è sempre intervenuto per colmare lacune normative soltanto in extremis, come nel caso della stessa legge sulle cartolarizzazioni che, come ricorda il Prof. Fabrizio Maimeri, fu approvata con la finalità di intervenire nella crisi del Banco di Roma di Cesare Geronzi.

Il primo panel si è, di fatto, concentrato inoltre sul sistema di early warnings, così come sono stati strutturati nei lavori della Commissione Rodorf (gruppo di lavoro con la finalità di addivenire ad un disegno di legge sulla – ennesima – riforma della legge fallimentare). Gli “allarmi” di una crisi imminente dell’impresa devono provenire non da soggetti notoriamente lenti come le autorità pubbliche (es. INPS, Agenzia delle Entrate), ma dalle banche e dagli organi di audit interno delle stesse società. Il Collegio Sindacale in particolare è l’organo fisiologicamente destinatario di questa funzione di early warning interno, e la responsabilizzazione potrebbe derivare da un inasprimento delle sanzioni a carico dei membri del CdS, in caso di mancato controllo.

Le procedure concorsuali e quelle esecutive hanno una caratteristica comune: la cronica lentezza (della maggioranza) dei Tribunali italiani. Il Presidente La Malfa ci spiega che anche a livello di costi il bilancio è negativo: si spende il 75% di quanto viene effettivamente recuperato. Il tentativo di recupero ha inoltre un carattere di aleatorietà che spesso non è chiaro al momento dell’avvio della procedura. Un intervento organizzativo può tuttavia esserci, e la Sezione Fallimentare di Roma ha infatti predisposto per prima un sistema informativo analitico dei dati sulle procedure, con la finalità di monitoraggio del valore del credito in una procedura concorsuale o esecutiva.

Dai dati di Bankitalia, ripresi dall’Avv. Federico Sutti, che ha presieduto il secondo panel dedicato ad un approfondimento dei metodi alternativi di gestione attiva dei crediti “distressed”, risulta un altro importante dato da considerare: del totale dei crediti non performing, il 47% risulta garantito da un’ipoteca su un immobile. Quindi,

dei circa 360 miliardi di sofferenze o NPLs, 160 miliardi presentano un sottostante immobiliare.

Una questione è stata condivisa negli interventi degli ospiti: la capacità (o meglio, l’incapacità) delle banche di rendersi conto tempestivamente della preoccupante situazione finanziaria in cui versa un loro cliente. E non sorprende che corollario di questa osservazione sia stato il paragone tra le banche e i fondi di investimento. Questi ultimi hanno infatti sviluppato competenze ad hoc relativamente alla gestione dei crediti non performanti; competenze di cui le banche sono istituzionalmente carenti, considerando che il loro ruolo è andato trasformandosi tanto radicalmente e tanto in fretta da non consentire una corrispondente evoluzione delle esperienze e delle capacità.

In particolare di questo tema si sono occupati gli ospiti del secondo panel, dedicato alla gestione attiva dei crediti distressed, nel corso del quale sono intervenuti Gaudenzio Bonaldo Gregori e Alfredo Goldaniga, in rappresentanza rispettivamente di Pillarstone e DeA Capital: due piattaforme di investimento, una di origine statunitense e detenuta interamente da capitale “italiano”, sedute alla stessa tavola rotonda.

Accanto al veicolo societario italiano specializzato in investimenti in private equity e nel settore dell’alternative asset management, è intervenuto quindi Pillarstone, la piattaforma creata grazie ad una joint venture tra KKR Credit con John Davison, coinvestitore e Ceo, attiva nel mercato della gestione dell’esposizione ad asset non performing delle banche. La strategia è quella di intervenire in operazioni “single name”, rilevando esposizioni debitorie di singole società con potenzialità di ripresa e crescita, con una iniezione di nuova liquidità e resettando il management.

INTERVISTE

A latere del convegno il Dott. Marco Cavazzutti ha risposto ad alcune nostre domande.

In particolare se è giusto limitare i bail-out statali, prevedendo le GACS soltanto per le tranches senior (secured) o inversamente se le operazioni di cartolarizzazione necessitano di un maggior intervento dello Stato, considerando la rilevanza sistemica delle sofferenze bancarie sul sistema economico-finanziario nazionale e sulla capacità delle banche di concedere finanziamenti? Il tema è rilevante, in quanto un investitore sarebbe disposto a pagare un corrispettivo  tanto più elevato per una cessione di crediti deteriorati, quanto più sicuro il suo investimento apparisse. Quindi se lo Stato garantisse anche le tranches unsecured, le operazioni di cartolarizzazione sarebbero indubbiamente una soluzione più facilmente realizzabile. Lo Stato non si troverà mai nelle condizioni di poter fare di più, a causa delle limitazioni sugli aiuti di stato che provengono dal sistema dell’Unione Europea. Infatti, nell’ambito delle garanzie GACS, vige un sistema scalare progressivo di waterfall, in quanto nei primi tre anni il prezzo rimane costante, mentre si alza dal quarto in poi. Sostanzialmente, la disciplina delle GACS rappresenta un vero e proprio escamotage che l’Italia ha introdotto al fine di rendere queste garanzie statali compatibili con il disegno europeo.

Un altro tema è la questione della divergenza tra i criteri di valutazione del credito adottati dalle banche e quelli usati dagli investitori. Si tratta di una tematica rilevante, in quanto permette di capire fino in fondo quanto le banche siano soggetti non ancora (o forse non lo saranno mai) istituzionalmente in grado di gestire i non performing loans. Mentre la banca calcola il valore residuo del credito sulla base di un parametro statico, cioè l’insolvenza del cliente, un investitore non si ferma a questa operazione, aggiungendo una componente dinamica che consiste nell’attualizzazione del flusso ottenuto sulla base del tempo. Ne deriva che l’aspetto più rilevante in assoluto è proprio il tempo che incide direttamente sull’attrattività dell’operazione agli occhi di investitori.

La riflessione di Cavazzutti si inserisce perfettamente sulla linea di pensiero che ha permeato l’intera conferenza e che ha visto una concordanza di opinioni espressa da tutti i partecipanti.

In conclusione, un intervento di razionalizzazione dei tempi delle operazioni di recupero dei crediti rappresenta la soluzione più razionale, la cura migliore per poter realizzare una gestione più razionale dei non performing loans. Questa è di fatto la strada maestra per avvicinare l’esigenza del sistema bancario a quella dello spazio di intervento dello Stato.

Le procedure di recupero dei crediti devono essere organizzate in un business e questo porta con sé un necessario ripensamento dei criteri di governance bancaria. Nella Banca Popolare di Bari è attualmente in corso una profonda trasformazione dei tasks richiesti ai consulenti legali interni e del sistema di incentivi: in particolare l’attenzione della Banca è soprattutto rivolta a costruire un sistema premiante attraverso bonus legati a due aspetti: le scelta rivolta a procedure extragiudiziali, che garantiscono una maggiore celerità e flessibilità, e la capacità di evitare l’inizio della procedura stessa.

 

 


Autore: Flavio Primiceri

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