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Ubi conferma l’«alt» su capitale e Npl

In teoria, l’interesse di Ubi per Nuova Banca Marche, Popolare Etruria e CariChieti c’è. Forse non è moltissimo, e comunque inferiore a quello che nei mesi scorsi si era avuto per il Banco Popolare e il Monte dei Paschi (a determinate condizioni), ma sufficiente per arrivare al progetto di un’integrazione. Ma nella pratica rischia di rimanere soffocato dalle condizioni poste dalla Vigilanza, ritenute talmente onerose da rendere l’operazione più un salvataggio che una vera e propria acquisizione di mercato.
Così la pensano al vertice dell’ex popolare, e il mercato a quanto pare è d’accordo: da quando, un mese fa, sono tornate le voci di un interessamente di Ubi per le banche nate dal salvataggio di un anno fa il titolo in Borsa ha perso oltre il 15%, a conferma del fatto che si annoverano più oneri che onori dall’integrazione con istituti in via di risanamento, è vero, ma tuttora zavorrati da una massa di Npl e un cost/income ritenuti di non facile gestione.
A ribadire la posizione del potenziale acquirente ieri mattina era stato il presidente del Consiglio di Sorveglianza, Andrea Moltrasio: «Porto in consiglio la questione dell’acquisizione delle banche solo quando sono in grado di creare valore per la nostra base di azionisti», ha detto. In effetti, sul tavolo del board,a cui spettano le decisioni sulle operazioni straordinarie, il dossier non è mai giunto: si ipotizzava una riunione nel fine settimana, ma – visto lo stallo nella trattativa con la Bce – venerdì alla fine si era riunito soltanto il Consiglio di Gestione (che oggi tornerà a fare il punto).
«Purtroppo nella nostra mission non abbiamo il salvataggio, che quindi deve essere fatto in altro modo». In particolare, ha proseguito il banchiere intervenendo all’assemblea di Confindustria Bergamo, «su questo siamo estremamente rigorosi, nel senso che se possiamo dare una mano al sistema dal punto di vista organizzativo e industriale nell’interesse dei nostri azionisti lo facciamo» ma, ha continuato «non siamo nelle condizioni di fare salvataggi perché siamo una banca interregionale che abbiamo tenuto solida durante la crisi».
Queste le premesse con cui il ceo VictorMassiah ieri sera si è presentato al vertice convocato al Tesoro. In mattinata, secondo quanto riferito da più fonti vicine alla trattativa, era proseguita l’interlocuzione tra la banca e la Bce, ma – nonostante un apparente ammorbidimento di quest’ultima – Ubi avrebbe ribadito la propria disponbilità a effettuare l’operazione soltanto alle proprie condizioni. Vere e proprie tecnicalità, destinate però a cambiare gli economics dell’accordo: anzitutto il riconoscimento contabile, da parte della Vigilanza, di 1,1 miliardi di badwill, poi la migrazione degli Rwa delle banche acquisite sui modelli di Ubi, con la conseguente generazione di 400 milioni di capitale, il pieno utilizzo dei crediti fiscali in capo alle tre banche. E poi c’è il capitolo Npl: le good banks sono state ripulite di 9,5 miliardi di crediti deteriorati in due round, ma nel frattempo hanno maturato un altro miliardo di sofferenze, per lo meno stando ai primi dati che sarebbero emersi da una due diligence avviata in corsa da Ubi; la quale sarebbe disposta a rilevare per 3-400 milioni le banche solo previa ulteriore pulizia (a carico dell’attuale azionista, cioè il Fondo di risoluzione) oppure a un prezzo simbolico nel caso in cui lo smaltimento dovesse avvenire a proprio carico. Dalla combinazione di tutte queste variabili anche il fabbisogno di capitale aggiuntivo da parte della banca con sede a Bergamo e Brescia, disponibile a chiedere al mercato non più di 400 milioni.
Un circolo vizioso da cui pare difficile uscire, ma che presenta una sola certezza: con o senza l’acquisizione di Ubi per il sistema delle banche sane che finanziano il fondo di risoluzione si prospetta un nuovo esborso pari a 1,6 miliardi, cioè l’intera somma ancipata sottoforma di linea creditizia da Intesa, UniCredit e la stessa Ubi al fondo di risoluzione. Quanto basta a cercare, pur in extremis un piano B, come si è fatto ieri al Tesoro.


Fonte:

Il Sole 24 Ore

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