Il ministro dell’Economia ha convocato per oggi a Roma un vertice interlocutorio nella sede del ministero con la partecipazione dei massimi esponenti della Banca d’Italia e dei principali istituti di credito per cercare una soluzione per la vendita delle quattro banche messe in risoluzione a fine 2015, dopo che la Bce ha alzato le richieste per dare il via libera a Ubi Banca per comprare tre (Banca Marche, Banca Etruria , CariChieti) dei quattro istituti.
Al vertice, secondo quanto si è appreso da alcune fonti, partecipano il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo, i vertici di Intesa Sanpaolo , Unicredit e Ubi (ci sarà l’ad Victor Massiah, come confermato stamani dal presidente del Cds di Ubi, Andrea Moltrasio), forse anche l’Acri, associazione delle Fondazioni, e i dirigenti del fondo Atlante, nato per acquistare le sofferenze e per coprire gli aumenti di capitale delle banche più in difficoltà. Non è, invece, certa la presenza dell’Abi.
Comunque, la riunione di oggi al Ministero dell’Economia “con il settore bancario non deve affrontare problemi specifici né contribuire ad assumere decisioni”, hanno precisato alcune fonti del Mef all’agenzia Mf-DowJones, spiegando che proprio per questo motivo non verranno forniti dettagli sull’incontro né comunicazioni al termine della riunione.
A quanto pare il SSM (Single Supervisory Mechanism) non ha espresso parere favorevole alle condizioni poste da Ubi per l’acquisto delle tre good bank che comprenderebbero: riconoscimento del badwill (1,1 miliardi di euro), migrazione degli asset ponderati per il rischio delle banche sui modelli di Ubi (400 milioni di generazione di capitale), utilizzo dal 2019-2020 delle deferred tax asset (400 milioni) dalla cessione dei non performing loan delle tre banche (5 miliardi secondo i calcoli degli analisti di Equita).
Il SSM sarebbe contrario alla migrazione sui modelli interni e avrebbe posto come condizione un aumento di capitale da 600 milioni di euro (il 30% dell’attuale capitalizzazione di mercato), mentre Ubi è disposta a una ricapitalizzazione da 400 milioni di euro. “Se confermata, la notizia sarebbe molto negativa in quanto ribadisce la rigidità del regolatore unico nel trattare questioni nazionali”, commentano stamani gli analisti di Mediobanca Securities.
Dopo gli episodi sui non performing loans di Bpm e del Banco Popolare e di Mps, “il mercato ha iniziato a vedere il regolatore più come un ostacolo che come un “facilitatore”, un consulente in grado di trovare una soluzione per le banche europee e la notizia confermerebbe questo”, rimarcano a Mediobanca. “La combinazione di questo con le regole sul bail-in lascia uno spazio molto stretto per risolvere queste situazioni di crisi. Ci aspettiamo una reazione negativa del mercato oggi sulle banche italiane”.
La partita comunque non è definitivamente chiusa: il consiglio di gestione di Ubi dovrebbe riunirsi ancora questa settimana. Ma il presidente del Cds di Ubi, Andrea Moltrasio, a margine dell’assemblea di Confindustria Bergamo, ha già chiarito che porta “nel consiglio di sorveglianza la questione dell’acquisizione delle banche solo quando sono in grado di creare valore per la nostra base di azionisti. Purtroppo nella nostra mission non abbiamo il salvataggio e quindi questo deve essere fatto in altro modo”.
E su questo punto, ha puntualizzato, “siamo estremamente rigorosi nel senso che, se da un punto di vista organizzativo e industriale possiamo dare una mano al sistema nell’interesse dei nostri azionisti lo facciamo. Non siamo nelle condizioni di fare dei salvataggi perché siamo una banca interregionale con una tenuta solida nel periodo della crisi”. Peraltro l’operazione sulle tre good bank “non dipende solo da noi”, ha aggiunto, facendo capire quindi che l’acquisizione delle tre good bank non è scontata.
In base ai calcoli di Equita, con un aumento di capitale da 400 milioni di euro il Cet1 di Ubi tornerebbe all’11,4% dal 10,9% per risalire al 12% in seguito al riacquisto delle minority delle banche reti nel primo semestre 2017. “L’accordo potrebbe essere potenzialmente accrescitivo in termini di valore per gli azionisti di Ubi nel medio termine in quanto permetterebbe alla banca di espandersi nelle regioni centrali italiane con buone sinergie potenziali: 80/90 milioni di euro grazie ai risparmi sui costi, alla riduzione dei costi di finanziamento e al cross selling”, commentano anche gli analisti di Kepler Cheuvreux (rating buy e target price a 3 euro confermati sul titolo).
Tuttavia, nel breve termine, avvertono gli esperti della banca d’affari, l’azione potrebbe rimanere sotto pressione (-67% da inizio anno e -15% mese su mes) a causa della potenziale emissione di nuove azioni in circolazione oltre che per il buyout sulle minorities. Senza contare che, dal punto di vista strategico, secondo gli analisti di Equita, l’acquisizione potrebbe presentare rischi legati alla non complementarietà delle reti e all’impatto reputazionale sui franchise post risoluzione. Ubi si precluderebbe altre opzioni strategiche a più basso rischio come l’acquisizione di popolari per un prezzo simile, ad esempio il Credito Valtellinese.
Ipotizzando azioni incisive sui costi (-38%) e la normalizzazione del costo del rischio, le banche in questione potrebbero generare un utile di 50 milioni, con un ritorno sull’investimento del 4%: ai multipli di Ubi (0,26 volte il prezzo/tangible equity), i prezzi già scontano gran parte della diluzione del deal, precisano gli analisti di Equita che sul titolo Ubi confermano il rating hold e il target price a 3,1 euro. Al momento a Piazza Affari l’azione segna un calo dello 0,39% a 2,042 euro.
D’altra parte in questa fase, “l’esito dei negoziati tra Ubi e la Bce sulle tre good bank è difficile da prevedere. Da un lato, la distanza tra l’aumento di capitale richiesto dalla Bce e ciò che è considerato accettabile da Ubi non è così ampia, ma dall’altra le altre condizioni sono significative e Ubi potrebbe decidere per una diversa soluzione per aumentare la sua dimensione”, osservano gli analisti di Banca Imi (buy e target price a 3,6 euro).
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
ubi banca – cessione – bce – carichieti – carife – marche – banca etruria – banche – good bank
Il ministro dell’Economia ha convocato per oggi a Roma un vertice interlocutorio nella sede del ministero con la partecipazione dei massimi esponenti della Banca d’Italia e dei principali istituti di credito per cercare una soluzione per la vendita delle quattro banche messe in risoluzione a fine 2015, dopo che la Bce ha alzato le richieste per dare il via libera a Ubi Banca per comprare tre (Banca Marche, Banca Etruria , CariChieti) dei quattro istituti.
Al vertice, secondo quanto si è appreso da alcune fonti, partecipano il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo, i vertici di Intesa Sanpaolo , Unicredit e Ubi (ci sarà l’ad Victor Massiah, come confermato stamani dal presidente del Cds di Ubi, Andrea Moltrasio), forse anche l’Acri, associazione delle Fondazioni, e i dirigenti del fondo Atlante, nato per acquistare le sofferenze e per coprire gli aumenti di capitale delle banche più in difficoltà. Non è, invece, certa la presenza dell’Abi.
Comunque, la riunione di oggi al Ministero dell’Economia “con il settore bancario non deve affrontare problemi specifici né contribuire ad assumere decisioni”, hanno precisato alcune fonti del Mef all’agenzia Mf-DowJones, spiegando che proprio per questo motivo non verranno forniti dettagli sull’incontro né comunicazioni al termine della riunione.
A quanto pare il SSM (Single Supervisory Mechanism) non ha espresso parere favorevole alle condizioni poste da Ubi per l’acquisto delle tre good bank che comprenderebbero: riconoscimento del badwill (1,1 miliardi di euro), migrazione degli asset ponderati per il rischio delle banche sui modelli di Ubi (400 milioni di generazione di capitale), utilizzo dal 2019-2020 delle deferred tax asset (400 milioni) dalla cessione dei non performing loan delle tre banche (5 miliardi secondo i calcoli degli analisti di Equita).
Il SSM sarebbe contrario alla migrazione sui modelli interni e avrebbe posto come condizione un aumento di capitale da 600 milioni di euro (il 30% dell’attuale capitalizzazione di mercato), mentre Ubi è disposta a una ricapitalizzazione da 400 milioni di euro. “Se confermata, la notizia sarebbe molto negativa in quanto ribadisce la rigidità del regolatore unico nel trattare questioni nazionali”, commentano stamani gli analisti di Mediobanca Securities.
Dopo gli episodi sui non performing loans di Bpm e del Banco Popolare e di Mps, “il mercato ha iniziato a vedere il regolatore più come un ostacolo che come un “facilitatore”, un consulente in grado di trovare una soluzione per le banche europee e la notizia confermerebbe questo”, rimarcano a Mediobanca. “La combinazione di questo con le regole sul bail-in lascia uno spazio molto stretto per risolvere queste situazioni di crisi. Ci aspettiamo una reazione negativa del mercato oggi sulle banche italiane”.
La partita comunque non è definitivamente chiusa: il consiglio di gestione di Ubi dovrebbe riunirsi ancora questa settimana. Ma il presidente del Cds di Ubi, Andrea Moltrasio, a margine dell’assemblea di Confindustria Bergamo, ha già chiarito che porta “nel consiglio di sorveglianza la questione dell’acquisizione delle banche solo quando sono in grado di creare valore per la nostra base di azionisti. Purtroppo nella nostra mission non abbiamo il salvataggio e quindi questo deve essere fatto in altro modo”.
E su questo punto, ha puntualizzato, “siamo estremamente rigorosi nel senso che, se da un punto di vista organizzativo e industriale possiamo dare una mano al sistema nell’interesse dei nostri azionisti lo facciamo. Non siamo nelle condizioni di fare dei salvataggi perché siamo una banca interregionale con una tenuta solida nel periodo della crisi”. Peraltro l’operazione sulle tre good bank “non dipende solo da noi”, ha aggiunto, facendo capire quindi che l’acquisizione delle tre good bank non è scontata.
In base ai calcoli di Equita, con un aumento di capitale da 400 milioni di euro il Cet1 di Ubi tornerebbe all’11,4% dal 10,9% per risalire al 12% in seguito al riacquisto delle minority delle banche reti nel primo semestre 2017. “L’accordo potrebbe essere potenzialmente accrescitivo in termini di valore per gli azionisti di Ubi nel medio termine in quanto permetterebbe alla banca di espandersi nelle regioni centrali italiane con buone sinergie potenziali: 80/90 milioni di euro grazie ai risparmi sui costi, alla riduzione dei costi di finanziamento e al cross selling”, commentano anche gli analisti di Kepler Cheuvreux (rating buy e target price a 3 euro confermati sul titolo).
Tuttavia, nel breve termine, avvertono gli esperti della banca d’affari, l’azione potrebbe rimanere sotto pressione (-67% da inizio anno e -15% mese su mes) a causa della potenziale emissione di nuove azioni in circolazione oltre che per il buyout sulle minorities. Senza contare che, dal punto di vista strategico, secondo gli analisti di Equita, l’acquisizione potrebbe presentare rischi legati alla non complementarietà delle reti e all’impatto reputazionale sui franchise post risoluzione. Ubi si precluderebbe altre opzioni strategiche a più basso rischio come l’acquisizione di popolari per un prezzo simile, ad esempio il Credito Valtellinese.
Ipotizzando azioni incisive sui costi (-38%) e la normalizzazione del costo del rischio, le banche in questione potrebbero generare un utile di 50 milioni, con un ritorno sull’investimento del 4%: ai multipli di Ubi (0,26 volte il prezzo/tangible equity), i prezzi già scontano gran parte della diluzione del deal, precisano gli analisti di Equita che sul titolo Ubi confermano il rating hold e il target price a 3,1 euro. Al momento a Piazza Affari l’azione segna un calo dello 0,39% a 2,042 euro.
D’altra parte in questa fase, “l’esito dei negoziati tra Ubi e la Bce sulle tre good bank è difficile da prevedere. Da un lato, la distanza tra l’aumento di capitale richiesto dalla Bce e ciò che è considerato accettabile da Ubi non è così ampia, ma dall’altra le altre condizioni sono significative e Ubi potrebbe decidere per una diversa soluzione per aumentare la sua dimensione”, osservano gli analisti di Banca Imi (buy e target price a 3,6 euro).
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
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