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Mps, ecco la road map della conversione

Conversione dei bond subordinati in azioni; ricerca di un anchor investor; aumento di capitale cash di ammontare più limitato, tra 1 e 2 miliardi. Si fanno sempre più definiti i contorni della road map per la ricapitalizzazione di Monte dei Paschi di Siena.
Il piano, che si sviluppa su due direttrici, azioni e obbligazioni, avrà come perno fondamentale la conversione volontaria degli strumenti subordinati oggi sul mercato, una somma che vale nel complesso fino a 5 miliardi di euro, ammontare peraltro coincidente con l’aumento di capitale richiesto da Bce. A ribadire l’ipotesi, peraltro anticipata dal Sole 24 Ore, è stata la stessa banca, che nel comunicato diffuso l’altro ieri alla fine del primo cda con il neo ad Marco Morelli, ha ufficializzato per la prima volta che il business plan potrebbe prevedere la conversione «volontaria di strumenti di debito». Nei piani della banca, l’operazione potrebbe coinvolgere non solo gli investitori istituzionali (che detengono circa 2,6 miliardi di bond subordinati) ma anche il pubblico retail, che ha in mano i restanti 2,4 miliardi dei titoli.
A quale prezzo saranno convertiti questi bond? Qui sta il punto. Perchè le condizioni – che saranno svelate entro la fine di ottobre, visto che proprio lunedì il cda si è dato il 24 come deadline per l’approvazione del piano – saranno decisive per il buon esito dell’operazione. Gli analisti di Bnp Paribas suggeriscono che, per favorire l’adesione degli investitori al piano di risanamento, Mps potrebbe offrire «condizioni generose nell’operazione, inclusa una conversione alla pari del debito Lower Tier2». Forse proprio questo potrebbe spiegare il posizionamento di alcuni investitori su questa tipologia di asset. A prendere quota, in particolare, sono stati i due bond Lower Tier 2 emessi nel 2010 e in mano agli investitori istituzionali. I bond con scadenza aprile e settembre 2020, in particolare, negli ultimi tre giorni hanno guadagnato il 7,5% ciascuno in termini di prezzo. Segno, evidentemente, che i fondi stanno prendendo posizione in vista della conversione che verrà proposta ai bondholder a fine anno, e destinata – per convincerli a trasformare i titoli in azioni – ad avvenire a condizioni di prezzo vantaggiose. Resta da capire tuttavia quale sarà l’effetto della proposta della conversione sulla clientela retail. Non è escluso che la banca scelga poi di riservare al pubblico una tranche ridotta dell’offerta, rispetto al 50% iniziale. Da monitorare, in particolare, sarà il bond Tier 2 con scadenza maggio 2018, il cui ammontare sul mercato è superiore a 2,1 miliardi.
La finestra per la conversione, indicativamente di 2 settimane, dovrebbe aprirsi verso la fine di novembre, dopo l’assemblea dei soci, prevista idealmente per il 24 novembre. Per ognuna delle quattro settimane che mancano sarebbe stata fissata una riunione del cda (per la cui presidenza salgono intanto le quotazioni di Fabrizio Saccomanni). Nel frattempo l’istituto lavorerà sulla ricerca di uno o più anchor investors: l’obiettivo in questo caso è raccogliere tra 500 milioni e 1,5 miliardi. Si parla di investitori del Golfo ma non è escluso che la banca, con l’aiuto degli advisor JpMorgan e Mediobanca, stia sondando anche altri soggetti istituzionali. Ipotizzando 1-1,5 miliardi dagli anchor investor, e 2-2,5 miliardi dalla conversione dei bond, rimarrebbe da raccogliere sul mercato tra 1 e 2 miliardi cash. Un aumento considerato sostenibile, che – essendo senza diritto d’opzione , anche se è previsto un premio per gli attuali soci – potrà avvenire in tempi più rapidi. Secondo l’agenda abbozzata dal cda della banca, per evitare il rischio di sovrapporsi al referendum costituzionale del 4 dicembre, l’ipotesi è quella di aprire l’aumento verso il 7-8 dicembre (o il 12 dicembre), così da chiudere entro Natale.


Autore: Luca Davi, Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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