Quanto può costare una potenziale pulizia del portafoglio di crediti deteriorati e un deconsolidamento dei non performing loan in pancia a Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi Banca? 185bp a livello di Cet1, secondo i calcoli di Credit Suisse. In particolare, la potenziale pulizia del portafoglio di crediti deteriorati (78 miliardi di euro il valore di libro netto) lascerebbe le banche italiane coperte dal broker con un eccesso di capitale scarso, 22bp, per lo Srep (1,7 miliardi di euro).
Mentre il potenziale deconsolidamento delle sofferenze (32 miliardi di euro il valore di libro netto) lascerebbe queste banche con 11,7 miliardi di euro di deficit di capitale aggregato per ulteriori accantonamenti. Il deficit di capitale non include alcuna azione di mitigazione e rappresenta il 23% della capitalizzazione di mercato aggregata delle banche.
Sul problema dei non performing loan in Italia oggi si è soffermato Yves Mersch, membro del consiglio esecutivo Bce. L’Italia deve affrontare in particolare nodi in materia di attuazione della procedura di insolvenza e di riscossione delle garanzie, più difficile che in altri Paesi. Ma se l’attuazione della riforma dei Npl sarà efficace, il mercato lo riconoscerà. “E’ qualcosa che il mercato giudicherà. Vedremo la reazione dei mercati”, ha detto Mersch, parlando a margine del workshop Ambrosetti, riconoscendo in parte che l’Italia ha fatto abbastanza per risolvere il problema dei Npl.
“Le riforme sono in corso e se tu le persegui è inevitabile che questo venga riconosciuto”, ha affermato, precisando che le riforme sono più facili da fare nelle fasi positive che in quelle negative “ma politicamente alcune volte è anche più difficile giustificare le riforme nelle fasi positive”. La legislazione vigente, le relative procedure e la rapidità del sistema giudiziario sono i tre elementi chiave nell’affrontare la questione delle sofferenze bancarie. “Da questo punto di vista il sistema bancario è strettamente correlato al sistema legale in cui opera e in Italia ci sono certamente delle questioni in termini di legge fallimentare e di recupero del collaterale”, ha concluso Mersch.
Le banche italiane hanno registrato risultati del secondo trimestre migliori del previsto così come negli stress test dell’Eba, ma questo non è abbastanza per rassicurare il mercato. Le preoccupazioni degli investitori, oltre alla mole dei Npl, sono le seguenti: timori macroeconomici, incertezze politiche e il rischio persistente che il fondo di salvataggio finanziato dalla stesse banche possa danneggiare la percezione del rischio sistemico. Sulla base delle stime di Credit Suisse, le banche italiane scambiano a 0,47 volte il multiplo PTBV 2017 contro le 0,67 volte dei competitor europei, che implica uno sconto del 30%. La redditività è del 22% inferiore a quella dei competitor Ue, il che implica una valutazione relativa a sconto dell’8%.
Le sofferenze lorde delle banche italiane sono scese del 2,3% nel secondo trimestre di quest’anno su base trimestrale, ma il Texas ratio (indica il rapporto tra le sofferenze lorde e il patrimonio netto tangibile, aumentato del valore delle svalutazioni già effettuate delle sofferenze. Quando il rapporto supera il 100%, scatta il segnale d’allarme sull’adeguatezza patrimoniale dell’istituto) rimane elevato, al 110% (flat su base trimestrale piatta), “un peso per raggiungere una redditività adeguata e sostenibile”, osservano gli analisti di Credit Suisse.
Su queste basi gli esperti continuano a puntare su Intesa Sanpaolo in attesa di una svolta in Unicredit. “Preferiamo Intesa Sanpaolo, coperta con un rating outperform e un target price a 2,5 euro, perché il core business è molto redditizio sia a livello di banking che di wealth management. Inoltre, l’ampio capitale in eccesso è di supporto, mentre l’obiettivo di dividendo per l’anno in corso non è a rischio”, spiegano alla banca d’affari svizzera.
“Restiamo, invece, prudenti su Unicredit, coperta con un rating neutral e un target price a 2,28 euro, in vista dell’aggiornamento strategico. Pensiamo che Unicredit abbia bisogno di prendere un’azione coraggiosa: la vendita di attività redditizie per ripristinare il capitale, combinato con un deconsolidamento di attività non redditizie per ripristinare la redditività”, suggeriscono gli analisti di Credit Suisse. Il nuovo piano industriale di Unicredit per il broker dovrebbe includere le seguenti cessioni/spin-off: Bank Pekao, FinecoBank, Pioneer (tramite Ipo con il collocamento di una quota del 30%) e la banca non-core.
“Abbiamo recentemente declassato Ubi Banca a neutral, target price a 2,7 euro dopo i risultati del secondo trimestre. Il titolo è scambiato a uno sconto significativo rispetto ai competitor italiani ed europei. Lo sconto è in parte giustificato da un Cet1 deludente e dal Texas ratio del secondo trimestre, oltre che dall’elevata sensibilità a un potenziale aumento della copertura dei bad loan e dai dubbi sulla strategia di crescita esterna”, concludono gli analisti di Credit Suisse.
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
credit suisse – sofferenze – banche
Quanto può costare una potenziale pulizia del portafoglio di crediti deteriorati e un deconsolidamento dei non performing loan in pancia a Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi Banca? 185bp a livello di Cet1, secondo i calcoli di Credit Suisse. In particolare, la potenziale pulizia del portafoglio di crediti deteriorati (78 miliardi di euro il valore di libro netto) lascerebbe le banche italiane coperte dal broker con un eccesso di capitale scarso, 22bp, per lo Srep (1,7 miliardi di euro).
Mentre il potenziale deconsolidamento delle sofferenze (32 miliardi di euro il valore di libro netto) lascerebbe queste banche con 11,7 miliardi di euro di deficit di capitale aggregato per ulteriori accantonamenti. Il deficit di capitale non include alcuna azione di mitigazione e rappresenta il 23% della capitalizzazione di mercato aggregata delle banche.
Sul problema dei non performing loan in Italia oggi si è soffermato Yves Mersch, membro del consiglio esecutivo Bce. L’Italia deve affrontare in particolare nodi in materia di attuazione della procedura di insolvenza e di riscossione delle garanzie, più difficile che in altri Paesi. Ma se l’attuazione della riforma dei Npl sarà efficace, il mercato lo riconoscerà. “E’ qualcosa che il mercato giudicherà. Vedremo la reazione dei mercati”, ha detto Mersch, parlando a margine del workshop Ambrosetti, riconoscendo in parte che l’Italia ha fatto abbastanza per risolvere il problema dei Npl.
“Le riforme sono in corso e se tu le persegui è inevitabile che questo venga riconosciuto”, ha affermato, precisando che le riforme sono più facili da fare nelle fasi positive che in quelle negative “ma politicamente alcune volte è anche più difficile giustificare le riforme nelle fasi positive”. La legislazione vigente, le relative procedure e la rapidità del sistema giudiziario sono i tre elementi chiave nell’affrontare la questione delle sofferenze bancarie. “Da questo punto di vista il sistema bancario è strettamente correlato al sistema legale in cui opera e in Italia ci sono certamente delle questioni in termini di legge fallimentare e di recupero del collaterale”, ha concluso Mersch.
Le banche italiane hanno registrato risultati del secondo trimestre migliori del previsto così come negli stress test dell’Eba, ma questo non è abbastanza per rassicurare il mercato. Le preoccupazioni degli investitori, oltre alla mole dei Npl, sono le seguenti: timori macroeconomici, incertezze politiche e il rischio persistente che il fondo di salvataggio finanziato dalla stesse banche possa danneggiare la percezione del rischio sistemico. Sulla base delle stime di Credit Suisse, le banche italiane scambiano a 0,47 volte il multiplo PTBV 2017 contro le 0,67 volte dei competitor europei, che implica uno sconto del 30%. La redditività è del 22% inferiore a quella dei competitor Ue, il che implica una valutazione relativa a sconto dell’8%.
Le sofferenze lorde delle banche italiane sono scese del 2,3% nel secondo trimestre di quest’anno su base trimestrale, ma il Texas ratio (indica il rapporto tra le sofferenze lorde e il patrimonio netto tangibile, aumentato del valore delle svalutazioni già effettuate delle sofferenze. Quando il rapporto supera il 100%, scatta il segnale d’allarme sull’adeguatezza patrimoniale dell’istituto) rimane elevato, al 110% (flat su base trimestrale piatta), “un peso per raggiungere una redditività adeguata e sostenibile”, osservano gli analisti di Credit Suisse.
Su queste basi gli esperti continuano a puntare su Intesa Sanpaolo in attesa di una svolta in Unicredit. “Preferiamo Intesa Sanpaolo, coperta con un rating outperform e un target price a 2,5 euro, perché il core business è molto redditizio sia a livello di banking che di wealth management. Inoltre, l’ampio capitale in eccesso è di supporto, mentre l’obiettivo di dividendo per l’anno in corso non è a rischio”, spiegano alla banca d’affari svizzera.
“Restiamo, invece, prudenti su Unicredit, coperta con un rating neutral e un target price a 2,28 euro, in vista dell’aggiornamento strategico. Pensiamo che Unicredit abbia bisogno di prendere un’azione coraggiosa: la vendita di attività redditizie per ripristinare il capitale, combinato con un deconsolidamento di attività non redditizie per ripristinare la redditività”, suggeriscono gli analisti di Credit Suisse. Il nuovo piano industriale di Unicredit per il broker dovrebbe includere le seguenti cessioni/spin-off: Bank Pekao, FinecoBank, Pioneer (tramite Ipo con il collocamento di una quota del 30%) e la banca non-core.
“Abbiamo recentemente declassato Ubi Banca a neutral, target price a 2,7 euro dopo i risultati del secondo trimestre. Il titolo è scambiato a uno sconto significativo rispetto ai competitor italiani ed europei. Lo sconto è in parte giustificato da un Cet1 deludente e dal Texas ratio del secondo trimestre, oltre che dall’elevata sensibilità a un potenziale aumento della copertura dei bad loan e dai dubbi sulla strategia di crescita esterna”, concludono gli analisti di Credit Suisse.
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
credit suisse – sofferenze – banche