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Doris: “Le banche faranno la fine delle cabine telefoniche. A che servono se non entra nessuno?”

«Entro l’anno il sistema bancario uscirà dall’incertezza». Non smentisce il suo ottimismo Ennio Doris, 76 anni, fondatore, presidente e primo socio al 40% di Banca Mediolanum, seguito dalla famiglia Berlusconi rimasta al 30%. «Il problema grosso, che è Mps, sarà risolto con la vendita delle sofferenze e l’aumento di capitale. E per questo stiamo facendo degli sforzi come sistema e noi direttamente, con altri 10 milioni versati in Atlante 2 che si aggiungono ai 50 milioni che abbiamo messo in Atlante 1. Ma a parte Mps non ci sono problemi se non quelli specifici di piccole banche, ma è ordinaria amministrazione».

Perché anche in Atlante 2?

«La mia era l’ultima azienda interessata ad Atlante perché da quello che è successo con Popolare di Vicenza e Veneto Banca abbiamo beneficiato come raccolta. Ma ritengo che un’azienda non possa fiorire in un Paese disastrato. Dunque quei 60 milioni sono un segnale che noi ragioniamo in termini di interesse nazionale. Perché bisogna evitare incidenti che creino il panico».

Pensa alle 4 banche saltate?

«Prenda le banche venete: Unicredit e Intesa Sanpaolo a settembre avevano garantito gli aumenti di capitale perché sapevano che li potevano collocare. Ma poi la Vigilanza Bce ci ha impedito di salvare le obbligazioni subordinate delle quattro banche, è stata una decisione folle. Gli italiani si sono sentiti dire che i loro soldi non valevano più niente. E sono tutti scappati anche dalle altre banche chiacchierate, come Vicenza e Veneto Banca. E allora, addio alla quotazione. Vede come una decisione assunta a livello tecnico causa danni infinitamente più grandi di quelli che ci sarebbero stati, come costo per i contribuenti, salvando le banche».

Atlante ha evitato il bis delle 4 banche?

«Se fossero saltate le due venete saremmo entrati in una recessione spaventosa: i consumi si sarebbero fermati, le aziende sarebbero fallite. Ecco perché dobbiamo evitare che scatti il bail in su una banca come Mps. E allora va bene qualche sacrificio».

Lei è contrario al bail in?

«Il sistema bancario, non facendo fallire le banche, non ha visto l’evoluzione delle imprese: ma il bail in devi farlo con i professionisti, non con la massa dei risparmiatori. La banca, o uno se la compra, o la chiudi: la selezione è inevitabile e nell’interesse di tutti. Ma non è giusto che paghi il risparmiatore. Dobbiamo salvare depositanti e dipendenti, ma non i dirigenti».

Ma le banche hanno anche seri problemi di redditività. Come si risolve?

«I tassi d’interesse potranno ancora aumentare ma resteranno bassissimi, i livelli del passato sono di un altro millennio. E con una struttura di costi legata a una distribuzione fisica degli sportelli non ci sono possibilità di utili. Con Internet, le commissioni sui servizi stanno diminuendo in maniera inarrestabile. Occorre un modello di banca diverso. Le filiali faranno la fine delle cabine telefoniche. A che servono se non entra nessuno? Sarà una rivoluzione: significa forte riduzione del personale e ricerca di nuove fonti di reddito, come la gestione del risparmio. Le banche avranno zero sportelli e personale specializzato sul territorio per dare consulenza e risolvere problemi complessi, come un fido, un mutuo. Come fa la mia banca. E servirà molta innovazione: oggi usi una app per operare dal telefonino ma tra 4-5 anni sarà obsoleta e devi rinnovarla. Quindi devi sempre investire. E come fa una banca piccola o media ad affrontare la concorrenza, magari di un colosso straniero? A un soggetto estero basterà aprire una sola filiale in Italia, senza avere bisogno di quell’autorizzazione della Banca d’Italia che oggi serve per salire oltre il 10% in un istituto, per entrare nel mercato nazionale e offrire a tutti il servizio via Internet».

A proposito di stranieri, le risulta che il francese Vincent Bolloré voglia crescere in Mediobanca, magari comprando anche il suo 3%?

«So solo quello che ho letto. Nessuno può essere venditore di azioni Mediobanca oggi, perché sono sottovalutate. Ma non è più la Mediobanca di un tempo, è una banca d’affari che si è diversificata molto, ha una grande azienda di credito al consumo che gode di spread molto buoni e banca tecnologica, CheBanca!, che la fa accedere a un mercato che non è consentito alle altre banche d’affari. Passato questo inverno del sistema bancario i valori si riprenderanno, in particolare per le banche che sapranno adeguarsi. E uno che ha azioni Mediobanca l’ultima cosa che fa è vendere».

Ma Mediobanca ha anche in pancia le Generali.

«Se una banca non diventa redditizia, essere cassaforte non servirà. Certo, Generali è il primo investitore italiano con 500 miliardi, fa gola. Ma alla fine bisogna fare utili».

Ma lei venderebbe?

«A me nessuno mi ha chiamato. Con la visione che ho, le azioni me le tengo strette. In futuro vedremo. Ma sarà un mondo diverso».


Autore: Fabrizio Massaro
Fonte:

Il Corriere della Sera

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