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Dopo Brexit, sul tavolo bond, fondi e garanzie

Un piano di salvataggio deve esistere a prescindere dalla necessità di farne propriamente uso. La scialuppa di salvataggio c’è e deve esserci sempre, anche quando la nave non affonda e non sta per affondare. Così per le banche, italiane ed europee. Ecco perchè, per ora informalmente e senza grancassa, in queste prime ore di dopo-Brexit in ambito europeo e italiano è stata avviata la messa a punto di una rete di sicurezza europea – e italiana – da utilizzarsi in caso di circostanze straordinarie. Insomma, un “whatever-it-takes” per le banche: che può in teoria spaziare da un allentamento anche solo temporaneo dei diktat del bail-in con un nuovo ruolo dell’ESM a nuovi strumenti ibridi di ricapitalizzazione con intervento dello Stato, dal rilascio di garanzie pubbliche su bond o subordinati a iniezioni di equity da parte di organismi quasi-pubblici nell’interesse generale nazionale, da veicoli o fondi per lo smaltimento dei non-performing loans (stile bad bank) a un’accelerazione della garanzia europea sui depositi bancari. La gamma delle opzioni allo studio è vasta.

L’ennesimo attacco lanciato in Borsa contro il sistema bancario europeo, in questi giorni a causa di Brexit ma a febbraio di quest’anno per i timori di rallentamento dell’economia americana e cinese, fa emergere un problema di fondo: l’Europa non ha ancora risolto definitivamente il problema delle banche scaturito dalla crisi bancaria post-subprime. Se l’Europa e l’Eurozona avesse messo in sicurezza il suo sistema bancario, le banche non sarebbero massacrate sui listini di Borsa puntualmente. L’Unione bancaria ha tempi di realizzazione troppo lunghi in un mondo dominato da shock estremi solo uno dei tre pilastri dell’Unione bancaria, il Meccanismo di vigilanza unico, è operativo mentre il Meccanismo di risoluzione unico con fondo di risoluzione unico e il Sistema europeo di assicurazione dei depositi avanzano molto lentamente, il secondo in base a una tabella di marcia, il terzo ora in stallo. Le banche europee, non solo italiane, hanno poi altri problemi strutturali: un eccesso di regolamentazione, requisiti di capitale e liquidità molto stringenti, il deleveraging, la rivoluzione tecnologica, gli alti costi fissi.

I punti di debolezza prendono pieghe nazionali: le banche irlandesi e spagnole sono state affossate dallo scoppio della bolla speculativa immobiliare, gli istituti anglosassoni sono stati minati dai titoli tossici, le banche italiane e anche greche sono tipicamente commerciali e la violenta recessione (persi in Italia 9 punti di Pil in pochi anni) ha fatto lievitare i crediti deteriorati.

Il piano per le banche italiane ma non solo può prendere essenzialmente tre direzioni:

1) ritoccare le regole in vigore (per esempio un ritocco al bail-in che mina la fiducia nelle banche dei risparmiatori sottoscrittori di senior bond o detentori di depositi oltre i 100.000 euro chiamati a pagare parzialmente il costo del dissesto bancario; o allentare l’interpretazione troppo rigida dell’intervento dello Stato nel settore bancario);

2) accelerare l’Unione bancaria per implementare subito quello che manca (la garanzia unica sui depositi o il fondo di risoluzione alimentato anche dalle banche);

3) introdurre strumenti nuovi, da utilizzarsi in caso di necessità. Circolano voci di Padoan-bond, formule innovative di titoli ibridi perpetui emessi dalle banche e sottoscritti dal Tesoro, che arriverebbero dopo i Monti-bond (“buffer convertible capital securities” predisposte dall’Eba per alzare il Core Tier 1 e utilizzate per il Montepaschi con interessi pagati parzialmente o totalmente con azioni o con gli stessi ibridi) e i Tremonti bond (con cedola pagata solo in cash). Degli estintori, insomma, delle scialuppe di salvataggio.

I PUNTI IN DISCUSSIONE

BAIL IN
Accrescere fiducia nelle banche.
Tra le direzioni che può prendere il piano per le banche italiane c’è un ritocco alle regole in vigore. Per esempio un ritocco al bail-in che mina la fiducia nelle banche dei risparmiatori sottoscrittori di senior bond o detentori di depositi oltre i 100.000 euro chiamati a pagare parzialmente il costo del dissesto bancario.

INTERVENTO STATALE
Interpretazioni meno rigide.
Altra opzione che può prendere il piano a favore delle banche è quella di allentare l’interpretazione troppo rigida dell’intervento dello Stato nel settore bancario, che in caso di difficoltà rischiano di limitare gli strumenti a disposizione.

UNIONE BANCARIA
Garanzia unica sui depositi.
Il piano banche potrebbe concretizzarsi anche con una accelerazione dell’Unione bancaria (finora proceduta a rilento) per implementare subito quello che manca, soprattutto la garanzia unica sui depositi o il fondo di risoluzione alimentato anche dalle banche.

PADOAN-BOND
Titoli sottoscritti dal Tesoro.
Per il piano banche, circolano anche voci di Padoan-bond, formule innovative di titoli ibridi perpetui emessi dalle banche e sottoscritti dal Tesoro, che arriverebbero dopo i Monti-bond e i Tremonti-bond (con cedola pagata solo in cash).


Autore: Isabella Bufacchi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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