Unicredit punta a vendere oltre 2 miliardi di euro di non performing loan entro il 31 dicembre di quest’anno e non esclude di effettuare cessioni al fondo Atlante. “Abbiamo detto che per quest’anno il target è di 2 miliardi di euro di npl e pensiamo di avere la possibilità di superare questo numero”, ha annunciato l’ad, Federico Ghizzoni, nel corso della conference call con gli analisti, non escludendo di conferire parte di questi Npl al fondo Atlante.
“Se ci sarà l’opportunità di conferire pacchetti di Npl al fondo Atlante, perché no?”, ha detto l’ad, spiegando che un’eventuale decisione in questa direzione dipenderà da prezzi e volumi. Comunque, “al momento riteniamo che non ci siano controindicazioni”.
A fine marzo i crediti deteriorati netti di Unicredit sono calati a quota 38,1 miliardi, -7,1% rispetto al 31 marzo 2015, e le rettifiche sui crediti sono scese a 755 milioni di euro, -22,9% rispetto al primo trimestre dello scorso esercizio e -37,9% rispetto all’ultimo trimestre 2015. Il rapporto tra crediti deteriorati netti/totale crediti netti è risultato pari al 7,9% (-0,6 pp) con un tasso di copertura al 51,7%.
Sempre a fine marzo, Unicredit ha raggiunto un indice di copertura delle sofferenze lorde pari al 60,3%, livello superiore rispetto al 54,7% medio dei competitor ( Intesa Sanpaolo, Ubi Banca, Banco Popolare, Credem, Carige, Banca popolare di Milano e Banca popolare Emilia Romagna)
Ammonta a 840 milioni di euro l’impegno finanziario di Unicredit nel fondo Atlante. Come Intesa Sanpaolo la banca guidata da Ghizzoni ha garantito un apporto fino al 20% della dotazione del veicolo finanziario, che a oggi dispone di munizioni pari a circa 4,3 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi già utilizzati per sostenere l’aumento di capitale della Banca popolare di Vicenza.
Un contributo ad Atlante che potrà pesare fino a 20 punti base sul Cet 1 di Unicredit qualora il fondo arrivasse a raccogliere 6 miliardi di euro e il contributo della banca salisse a 1 miliardo. Finora, l’investimento in Atlante ha comportato per l’istituto un assorbimento di capitale di 300 milioni di euro, con un impatto di 3 punti base sul capitale nel primo trimestre, che corrisponde al 20% dell’investimento complessivo di Atlante in Bpvi. Nel caso in cui l’impegno rimanesse all’attuale ammontare di 840 milioni di euro, l’impatto sul capitale sarà di circa 16 punti base.
Peraltro Ghizzoni non ha previsto ulteriori richieste di capitale per il fondo: “non ci aspettiamo la richiesta di alcun contributo extra ad Atlante, non oltre il nostro impegno”. In ogni caso, “noi abbiamo diverse alternative a cui stiamo lavorando e che ci danno la possibilità di colmare questo gap”, ha assiurato Ghizzoni, negando che sia in previsione un aumento di capitale per la banca.
Anzi, il banchiere non ha escluso “eventuali operazioni di M&A o cessioni”, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli sui tempi o gli asset che potrebbero essere interessati. “Il regolatore sta discutendo con la banca, e credo non solo con Unicredit quali azioni si possano mettere in campo per mantenere alto il livello di capitale e anche per aumentarlo”, si è limitato a dire.
A Piazza Affari intanto si registra una forte volatilità sul titolo Unicredit.. Dopo una prima reazione positiva ai conti trimestrali, con l’utile netto a 406 milioni di euro superiore alle attese del consenso, l’azione ha virato al ribasso e ora perde l’1,40% a quota 2,95 euro con un indice Ftse Mib in rialzo dello 0,77% a 17.821 punti.
A detta degli operatori pesa il coefficiente Cet1 fully loaded, risultato pari al 10,85%, in calo di 9 punti base rispetto a fine 2015 e in miglioramento di 75 punti base rispetto a marzo 2015, mentre quello transitional è sceso di 23 punti base al 10,5% contro un minimo fissato dalla Bce al 10%. Quindi, anche se l’utile ha battuto le attese, il calo del Cet1 “cattura l’attenzione del mercato e riaccende il dibattito sul capitale di Unicredit ha osservato un analista.
Motivo per cui Bernstein ha confermato la raccomandazione market perform e il prezzo obiettivo a 5,5 euro su Unicredit dopo i conti trimestrali. Gli analisti, citati dall’agenzia Mf-DowJones, hanno sottolineato come i trend dei ricavi, a loro giudizio deboli, siano stati compensati da migliori costi. E’ però negativo per il titolo, secondo gli esperti, il calo del Cet1, che era “già basso”.
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
crediti deteriorati – atlante – vendita – npl – unicredit
Unicredit punta a vendere oltre 2 miliardi di euro di non performing loan entro il 31 dicembre di quest’anno e non esclude di effettuare cessioni al fondo Atlante. “Abbiamo detto che per quest’anno il target è di 2 miliardi di euro di npl e pensiamo di avere la possibilità di superare questo numero”, ha annunciato l’ad, Federico Ghizzoni, nel corso della conference call con gli analisti, non escludendo di conferire parte di questi Npl al fondo Atlante.
“Se ci sarà l’opportunità di conferire pacchetti di Npl al fondo Atlante, perché no?”, ha detto l’ad, spiegando che un’eventuale decisione in questa direzione dipenderà da prezzi e volumi. Comunque, “al momento riteniamo che non ci siano controindicazioni”.
A fine marzo i crediti deteriorati netti di Unicredit sono calati a quota 38,1 miliardi, -7,1% rispetto al 31 marzo 2015, e le rettifiche sui crediti sono scese a 755 milioni di euro, -22,9% rispetto al primo trimestre dello scorso esercizio e -37,9% rispetto all’ultimo trimestre 2015. Il rapporto tra crediti deteriorati netti/totale crediti netti è risultato pari al 7,9% (-0,6 pp) con un tasso di copertura al 51,7%.
Sempre a fine marzo, Unicredit ha raggiunto un indice di copertura delle sofferenze lorde pari al 60,3%, livello superiore rispetto al 54,7% medio dei competitor ( Intesa Sanpaolo, Ubi Banca, Banco Popolare, Credem, Carige, Banca popolare di Milano e Banca popolare Emilia Romagna)
Ammonta a 840 milioni di euro l’impegno finanziario di Unicredit nel fondo Atlante. Come Intesa Sanpaolo la banca guidata da Ghizzoni ha garantito un apporto fino al 20% della dotazione del veicolo finanziario, che a oggi dispone di munizioni pari a circa 4,3 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi già utilizzati per sostenere l’aumento di capitale della Banca popolare di Vicenza.
Un contributo ad Atlante che potrà pesare fino a 20 punti base sul Cet 1 di Unicredit qualora il fondo arrivasse a raccogliere 6 miliardi di euro e il contributo della banca salisse a 1 miliardo. Finora, l’investimento in Atlante ha comportato per l’istituto un assorbimento di capitale di 300 milioni di euro, con un impatto di 3 punti base sul capitale nel primo trimestre, che corrisponde al 20% dell’investimento complessivo di Atlante in Bpvi. Nel caso in cui l’impegno rimanesse all’attuale ammontare di 840 milioni di euro, l’impatto sul capitale sarà di circa 16 punti base.
Peraltro Ghizzoni non ha previsto ulteriori richieste di capitale per il fondo: “non ci aspettiamo la richiesta di alcun contributo extra ad Atlante, non oltre il nostro impegno”. In ogni caso, “noi abbiamo diverse alternative a cui stiamo lavorando e che ci danno la possibilità di colmare questo gap”, ha assiurato Ghizzoni, negando che sia in previsione un aumento di capitale per la banca.
Anzi, il banchiere non ha escluso “eventuali operazioni di M&A o cessioni”, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli sui tempi o gli asset che potrebbero essere interessati. “Il regolatore sta discutendo con la banca, e credo non solo con Unicredit quali azioni si possano mettere in campo per mantenere alto il livello di capitale e anche per aumentarlo”, si è limitato a dire.
A Piazza Affari intanto si registra una forte volatilità sul titolo Unicredit.. Dopo una prima reazione positiva ai conti trimestrali, con l’utile netto a 406 milioni di euro superiore alle attese del consenso, l’azione ha virato al ribasso e ora perde l’1,40% a quota 2,95 euro con un indice Ftse Mib in rialzo dello 0,77% a 17.821 punti.
A detta degli operatori pesa il coefficiente Cet1 fully loaded, risultato pari al 10,85%, in calo di 9 punti base rispetto a fine 2015 e in miglioramento di 75 punti base rispetto a marzo 2015, mentre quello transitional è sceso di 23 punti base al 10,5% contro un minimo fissato dalla Bce al 10%. Quindi, anche se l’utile ha battuto le attese, il calo del Cet1 “cattura l’attenzione del mercato e riaccende il dibattito sul capitale di Unicredit ha osservato un analista.
Motivo per cui Bernstein ha confermato la raccomandazione market perform e il prezzo obiettivo a 5,5 euro su Unicredit dopo i conti trimestrali. Gli analisti, citati dall’agenzia Mf-DowJones, hanno sottolineato come i trend dei ricavi, a loro giudizio deboli, siano stati compensati da migliori costi. E’ però negativo per il titolo, secondo gli esperti, il calo del Cet1, che era “già basso”.
Autore: Francesca Gerosa
Fonte:
Milano Finanza
crediti deteriorati – atlante – vendita – npl – unicredit