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L’Abi manda un segnale alla Bce, cancella il dato sulle sofferenze lorde

Il dato sulle sofferenze lorde nel portafoglio delle banche italiane sparisce per la prima volta dal bollettino che l’Abi pubblica ogni mese. Si tratta di un segnale che l’Associazione delle banche italiane invia direttamente alle autorità di vigilanza europee.

“E’ un segnale non solo di tipo comunicazionale”, ha spiegato il vice direttore generale dell’Abi, Gianfranco Torriero, “ma anche rivolto al contesto internazionale. I numeri più alti, come quello delle sofferenze lorde, fanno più scalpore e spesso vengono usati anche strumentalmente. Oggi questo è ancora più importante perché un decisore come la Bce si focalizza proprio sul tema delle sofferenze lorde, un indicatore che noi consideriamo errato”.

Nel rapporto mensile diffuso dall’Abi a metà gennaio le sofferenze lorde erano tornate a crescere, toccando nuovi record. A novembre, infatti, erano state pari a 201,028 miliardi, in risalita dopo essere scese a 199 miliardi a ottobre. Il rapporto tra le sofferenze lorde e i prestiti era invece risultato stabile al 10,4%, vicino ai massimi dalla fine del 1996.

L’Abi ha chiesto da anni alle autorità di vigilanza di prendere in considerazione l’indicatore delle sofferenze nette perché, calcolando i prestiti deteriorati al netto delle svalutazioni già effettuate dalla banche, “coglie perfettamente il livello delle sofferenze nel nostro Paese” ed è “il vero indicatore di rischio”, ha aggiunto Torriero.

Nessuna polemica in seno all’Associazione (recentemente l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha detto che chi parla di sofferenze lorde dice “clamorose fesserie”) perché, ha garantito il vice direttore generale, questa è “una posizione associativa che abbiamo dagli anni Novanta”.

“E’ come ragionare sullo stipendio lordo o netto: quando si va in un negozio, si paga con il netto e non con il lordo”, ha detto ancora Torriero. Nelle statistiche ufficiali l’Abi continuerà a mettere a disposizione anche i numeri lordi, ma nella sintesi mensile questa volta si è voluto dare “un segnale di attenzione nei confronti di scelte regolamentari che si focalizzano su un segnale errato”.

Ecco quindi che le sofferenze nel portafoglio delle banche italiane, al netto delle svalutazioni, ammontavano a dicembre scorso a 89 miliardi di euro, in crescita sia rispetto agli 88,8 miliardi del mese precedente sia rispetto agli 84,48 miliardi di dicembre 2014. E il rapporto tra le sofferenze nette e gli impieghi totali si è portato a fine anno al 4,94% rispetto al 4,89% di novembre e allo 0,86% prima della crisi. Secondo Banca d’Italia le sofferenze lorde a fine dicembre si sono attestate a quasi 201 miliardi di euro, poco variate dai livelli di novembre.

E’ rimasta negativa anche la dinamica dei prestiti a famiglie e imprese. A gennaio, sempre secondo il rapporto mensile dell’Abi, il complesso dei finanziamenti a famiglie e aziende ha registrato un -0,53% su base annua, in peggioramento dal -0,05% di dicembre (dato rivisto al ribasso dopo il +0,45% indicato un mese fa). Un risultato in linea con i valori di aprile 2012.

I nuovi prestiti alle imprese, in particolare, nel 2015 hanno segnato un aumento di circa il +11,6% rispetto all’anno prima. Per i nuovi mutui per l’acquisto di immobili, lo scorso anno c’è stata una crescita del 97,1% rispetto al 2014; l’incidenza delle surroghe sul totale dei nuovi finanziamenti è stata di circa il 31,6%. La forte ripresa delle erogazioni si sta riflettendo anche sul totale dei mutui delle famiglie: a fine 2015 l’ammontare dei mutui in essere delle famiglie ha mostrato un +0,7% rispetto a dicembre 2014, confermando la ripresa del mercato dei mutui.

Complice un tasso sui mutui in calo a gennaio al 2,48%, nuovo minimo storico (2,49% il mese precedente). L’Abi ha precisato che sul totale delle nuove erogazioni di mutui quasi i due terzi sono mutui a tasso fisso. Nell’ultimo mese la quota del flusso di finanziamenti a tasso fisso è risultata pari al 66% (61% il mese precedente; era 64% a novembre 2015). Mentre il tasso sui nuovi prestiti in euro alle imprese si è collocato all’1,72%, (1,74% il mese precedente; 5,48% a fine 2007) e il tasso medio ponderato sul totale dei prestiti a famiglie e imprese è risultato pari al 3,26% (minimo storico, dal 3,25% del mese precedente e dal 6,18% di fine 2007).

A gennaio, ha sottolineato ancora Palazzo Altieri, l’ammontare dei finanziamenti è stato di 1.826,7 miliardi, nettamente superiore, di oltre 141 miliardi, all’ammontare complessivo della raccolta, 1.685,6 miliardi. Positiva anche la dinamica del totale dei prestiti all’economia: +0,17%, in miglioramento rispetto al -0,20% di dicembre. Dalla fine del 2007, prima dell’inizio della crisi, a oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 a 1.826,7 miliardi, quelli a famiglie e imprese da 1.279 a 1.411,5 miliardi.

A gennaio è diminuita ancora la raccolta a medio e lungo termine (tramite obbligazioni) con un -14,34% su base annua (-63,4 miliardi), dopo il -12,97% di dicembre. I depositi, invece, sono aumentati di 40 miliardi rispetto a gennaio dell’anno scorso: +3,15%, ma in frenata rispetto al +3,81% di dicembre. E’ rimasto negativo l’andamento della raccolta complessiva (depositi da clientela residente e obbligazioni) che a gennaio ha evidenziato un calo dell’1,37% annuo, in peggioramento rispetto al -0,55% di dicembre. Dalla fine del 2007 a oggi la raccolta è passata da 1.513 a 1.685,6 miliardi, con un aumento di quasi 173 miliardi.


Autore: Francesca Gerosa
Fonte:

Milano Finanza

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