Sono scomparsi 40 miliardi di euro dalle casse delle imprese e dall «Economia Italia». Quanto due manovre economiche, o quasi quanto tutta l’Eni, in Borsa. In soli tre anni, dal 2012 al 2014, i prestiti bancari alle imprese industriali sono crollati: 84 miliardi di euro cancellati.
Alle prese con grossi problemi interni, le banche hanno chiuso i cordoni. Il conto del credit crunch, impressionante, emerge da uno studio congiunto di Equita Sim e dell’Università Bocconi sul mercato dei capitali. Solo una metà di quel fiume di risorse persi è stato “recuperato” dalle aziende finanziandosi con l’emissione di bond: sul mercato obbligazionario, nel medesimo periodo, la raccolta è aumentata di 41 miliardi.
Inariditosi il canale bancario, le aziende hanno cercato capitali collocando bond. Ma il saldo rimane ampiamente negativo: -43 miliardi. Se l’Italia avesse potuto contare su quella montagna di liquidità, oggi l’economia forse sarebbe davvero in ripresa, invece dell’anemico rimbalzino del 2015, dopo anni di recessione. Al venir meno delle banche avrebbe dovuto e potuto supplire il mercato dei capitali. Ma quel mercato in Italia, ricorda lo studio di Equita, è arretrato e inefficiente: dominano le distorsioni. La più macroscopica è l’eccessiva leva: le aziende italiane sono le più indebitate d’Europa (45% di leva contro una media Ue del 40% e addirittura il 25% degli Usa). O, ribaltando il punto di vista, sono le più sottocapitalizzate. Quei debiti, poi, sono quasi tutti con le banche. La percentuale di prestiti sul totale dei finanziamenti è patologica: 89% nel 2014 contro un appena 11% in obbligazioni (seppur raddoppiato rispetto al 2006). In Inghilterra il credito bancario si ferma al 7O% contro un 30% di bond (peraltro su numeri molto più grandi in valore assoluto). Appena cinque anni fa analisti e commentatori italiani teorizzavano come l’Inghilterra avesse prospettive peggiori dell’Italia, ricorda Andrea Vismara il responsabile investment banking della boutique di Alessandro Profumo e Francesco Perilli, tra le poche sim indipendenti di Piazza Affari. Il sistema bancario italiano è solido, era il mantra (ripetuto a iosa anche oggi). Oggi, gli aedi di un ottimismo facilone sono stati sbugiardati: la crisi bancaria in Uk è stata circoscritta e il mercato dei capitali è stato uno strumento formidabile per uscire dalla crisi. Il contrario dell’Italia.
Autore: Simone Filippetti
Fonte:
Il Sole 24 Ore
Sono scomparsi 40 miliardi di euro dalle casse delle imprese e dall «Economia Italia». Quanto due manovre economiche, o quasi quanto tutta l’Eni, in Borsa. In soli tre anni, dal 2012 al 2014, i prestiti bancari alle imprese industriali sono crollati: 84 miliardi di euro cancellati.
Alle prese con grossi problemi interni, le banche hanno chiuso i cordoni. Il conto del credit crunch, impressionante, emerge da uno studio congiunto di Equita Sim e dell’Università Bocconi sul mercato dei capitali. Solo una metà di quel fiume di risorse persi è stato “recuperato” dalle aziende finanziandosi con l’emissione di bond: sul mercato obbligazionario, nel medesimo periodo, la raccolta è aumentata di 41 miliardi.
Inariditosi il canale bancario, le aziende hanno cercato capitali collocando bond. Ma il saldo rimane ampiamente negativo: -43 miliardi. Se l’Italia avesse potuto contare su quella montagna di liquidità, oggi l’economia forse sarebbe davvero in ripresa, invece dell’anemico rimbalzino del 2015, dopo anni di recessione. Al venir meno delle banche avrebbe dovuto e potuto supplire il mercato dei capitali. Ma quel mercato in Italia, ricorda lo studio di Equita, è arretrato e inefficiente: dominano le distorsioni. La più macroscopica è l’eccessiva leva: le aziende italiane sono le più indebitate d’Europa (45% di leva contro una media Ue del 40% e addirittura il 25% degli Usa). O, ribaltando il punto di vista, sono le più sottocapitalizzate. Quei debiti, poi, sono quasi tutti con le banche. La percentuale di prestiti sul totale dei finanziamenti è patologica: 89% nel 2014 contro un appena 11% in obbligazioni (seppur raddoppiato rispetto al 2006). In Inghilterra il credito bancario si ferma al 7O% contro un 30% di bond (peraltro su numeri molto più grandi in valore assoluto). Appena cinque anni fa analisti e commentatori italiani teorizzavano come l’Inghilterra avesse prospettive peggiori dell’Italia, ricorda Andrea Vismara il responsabile investment banking della boutique di Alessandro Profumo e Francesco Perilli, tra le poche sim indipendenti di Piazza Affari. Il sistema bancario italiano è solido, era il mantra (ripetuto a iosa anche oggi). Oggi, gli aedi di un ottimismo facilone sono stati sbugiardati: la crisi bancaria in Uk è stata circoscritta e il mercato dei capitali è stato uno strumento formidabile per uscire dalla crisi. Il contrario dell’Italia.
Autore: Simone Filippetti
Fonte:
Il Sole 24 Ore